di
Riccardo Bruno e Benedetta Moro

Il disegno di legge allo studio dopo che l’Europa ha chiesto che si rispetti la privacy. Iginio Massari: «Chi fa un applauso o critica deve mostrare la faccia»

Caso emblematico, finito prima in tribunale e poi in cronaca. Una signora va in un ristorante di Recanati, ed evidentemente non resta contenta. Su un sito molto noto si lascia andare: «Il locale è una bettola» e «i proprietari cafoni». Neppure il ristoratore è contento e presenta denuncia. Il commento viene rimosso dalla piattaforma online ma, potenza della rete, continua a circolare. Il giudice dà ragione al locale: la cliente è condannata per diffamazione, 7 mila euro tra multa e risarcimento. Cena piuttosto cara.

L’emendamento 
Nel mondo dei social, le recensioni spopolano. E possono segnare il successo o gettare in cattiva luce un’osteria, un albergo o un negozio. Le regole ci sono, ma non bastano. Nel prossimo disegno di legge sulle Piccole e medie imprese, un provvedimento annuale che tra gli obiettivi ha anche «la lotta alle false recensioni online», un emendamento (FdI e Lega) ha eliminato la possibilità che il consumatore «dimostri la propria identità». Adeguamento necessario per allinearsi con la disciplina Ue sul diritto alla Privacy. Il cliente deluso dovrà dimostrare (scontrino alla mano) di esserci stato davvero, ma vedrà tutelato il proprio anonimato. «Il rischio concreto che si sta profilando è che le nuove norme vengano annacquate al punto da scendere anche sotto il livello di protezione attuale — teme Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi —. Proprio l’identificabilità è uno dei cardini di una politica sana di gestione del fenomeno». Secondo Matteo Musacci, vicepresidente della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) e di Confcommercio, «la responsabilità dell’utente è importante ed è ancora più importante che venga prevista anche quella della piattaforma online». Aggiunge Musacci: «Noi non siamo contro le recensioni, perché anche quelle negative possono aiutare a migliorare il servizio. Siamo contro quelle palesemente false, attacchi personali o a situazioni che non dipendono dall’esercente e che provocano un danno alla struttura».



















































Stelle e stelline
Anche lo chef stellato Andrea Berton trova «un controsenso che chi scrive non possa essere identificato. Va bene tutelare il diritto alla riservatezza, ma è corretto che chi fa un commento non utilizzi un profilo anonimo». Pure a un cuoco affermato e riconosciuto come lui, può capitare di incappare in un cliente social-molesto. «Ne ricordo uno che pretendeva di aver prenotato, ma a noi non risultava. Il ristorante era pieno, abbiamo cercato lo stesso di accontentarlo, gli abbiamo anche offerto un aperitivo nell’attesa. E poi ha scritto un giudizio negativo. Quando le critiche sono costruttive va bene, non le trovo accettabili quando sono palesemente scorrette». Dello stesso parere anche il maestro pasticcere Iginio Massari. «Chi fa un applauso o critica deve mostrare la faccia — afferma —. Anche perché si possono spacciare degli scontrini altrui come propri. Stiamo giocando col fuoco. E parlo per esperienza personale: un anno fa ho denunciato una pasticcera di Lucca che sotto un nickname mi aveva dato del delinquente e dell’incapace a lavorare». Pur non simpatizzando per le recensioni online, ma preferendo il passaparola, Eleonora Riso — ex vincitrice di MasterChef Italia 13 e oggi demi-chef de partie al Ciblèo di Firenze — vede nello scontrino l’unico vero plus della nuova normativa. «Per il resto mi sembra un’involuzione. Dovrebbe funzionare come sui social, dove chi commenta di solito ha un nome. Molti ristoratori mi parlano di recensioni fatte ad arte per favorire o danneggiare certi locali».

La ratio 
La disciplina all’esame in Parlamento (tra cui nuovi poteri all’Antitrust) ha comunque lo scopo di arginare le cattive abitudini purtroppo in aumento. Tra le altre novità, presentate da un subemendamento di FdI, una definizione ancora più precisa di recensione lecita. Se non rispettata, potrà essere «impugnata», viene ribadito, dal titolare dell’esercizio per richiederne la rimozione. Le piattaforme, inoltre, non potranno più definirla «verificata». I requisiti: lo scrivente deve essere una persona fisica, che ha avuto un’esperienza del prodotto o servizio. Inoltre sarà autentica se corredata da una documentazione fiscale, scontrino o fattura (le modalità sono da specificare). E il termine per pubblicarla resta di 15 giorni (e non 90 come nel primo emendamento). Il tempo, in questo caso, gioca a favore della giustizia. Ricordate invece il ristoratore di Recanati da cui siamo partiti? È vero che il giudice gli ha dato ragione, ma dopo 8 anni. Chissà se e quanti clienti avrà perso per colpa di quella signora livorosa.

11 agosto 2025 ( modifica il 11 agosto 2025 | 23:24)