Per decenni la propulsione a curvatura è rimasta confinata alla fantascienza. Un’idea affascinante ma irrealizzabile perché legata a energie e concetti fisici ai limiti dell’impossibile. Oggi, un nuovo modello teorico apre una prospettiva concreta: raggiungere l’ipervelocità senza infrangere le leggi note della fisica.
L’idea di “piegare” lo spaziotempo per accorciare le distanze cosmiche affonda le sue radici nel 1994, quando Miguel Alcubierre propose un motore capace di contrarre lo spazio davanti a una nave e di espanderlo dietro.
Un concetto in linea con la teoria della relatività generale di Einstein, ma che richiedeva quantità inimmaginabili di energia negativa, una forma di materia mai osservata. La sfida era evidente: come trasformare un costrutto matematico in un dispositivo concreto?
La risposta arriva dall’Advanced Propulsion Laboratory di Applied Physics, dove un gruppo di ricercatori ha presentato il primo modello fisico di propulsione a curvatura che non necessita di energia negativa.
Un suggerimento che la tecnologia di Star Wars potrebbe presto essere realtà.
La chiave non sta nel far viaggiare una nave “dentro” lo spaziotempo, ma nel creare bolle di spaziotempo che si muovono autonomamente. All’interno di esse, le leggi della fisica rimangono invariate, ma la bolla stessa può spostarsi aggirando i limiti imposti dalla velocità della luce.
Questa impostazione riduce drasticamente i requisiti energetici e rende il concetto più vicino alla realtà ingegneristica, pur rimanendo ben oltre le nostre attuali capacità tecnologiche. Non è un caso che lo stesso Alcubierre abbia espresso apprezzamento per questo approccio: un endorsement che rafforza la credibilità dell’ipotesi.
L’impatto potenziale di una tecnologia del genere è difficile da sopravvalutare. Non si tratterebbe solo di raggiungere altri sistemi stellari in tempi umani: significherebbe ridefinire il concetto stesso di distanza, cambiando il rapporto tra l’umanità e il cosmo.