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Solo i fuoriclasse riescono a ribaltare l’evidenza. E Lewis Hamilton sicuramente lo è. O, almeno, lo è stato. Il campionissimo inglese, in cuor suo, crede ancora di potersi ricavare un palcoscenico nella leggenda decisamente più prestigioso di quello dove è seduto ora, cioè sul trono di «pilota più vincente di tutti i tempi» nei 75 anni di storia della Formula 1. Per centrare l’obiettivo, il fenomeno britannico ha un colpo solo in canna: vincere l’ottavo titolo mondiale con la Ferrari, lasciando l’altro ferrarista doc, Michael Schumacher, a quota sette. Ogni altra performance sarebbe tempo perso, anche la piazza d’onore nella classifica finale che per quest’anno è pura fantascienza.

Arrivando secondo renderebbe inutile il trasferimento a Maranello dopo una vita fra Inghilterra e Germania: niente “otto volante” e un pieno di delusione al pari di altri due fenomeni come Alonso e Vettel. Fernando e Sebastian, infatti, non sono riusciti a conquistare l’iride nella Motor Valley dopo averne messi in bacheca più di uno con altri team prima di sbarcare in Italia e vestirsi di rosso, la certificazione del mito. Aprendo l’ultima disastrosa settimana che ha anticipato la pausa estiva e fatto perdere, almeno apparentemente, la fiducia in se stesso, Lewis sembrava nutrire ancora sogni di gloria. Gli stessi pensieri che, alla soglia dei quarant’anni, lo avevano spinto a voltare pagina aprendo una seconda vita.

Prima delle imbarazzanti esibizioni di Spa-Francorchamps e dell’Hungaroring, Hamilton aveva spiegato nei dettagli di «essere impegnato ormai sul 2026», l’anno della verità, e di lavorare con il TP Frédéric Vasseur, il DT Lois Serra e tutto il team per realizzare una monoposto vincente che possa aprire il prossimo ciclo tecnico a suon di champagne. La Ferrari gli ha teso, forse non del tutto casualmente, una mano amica confermando Fred, il garante delle nozze fra il baronetto ed il Cavallino. Il prossimo campionato dovrebbe essere il canto del cigno per l’Imperatore in quanto al termine scadrà il contratto con Maranello e l’ex giovanotto avrà 42 anni. Insomma, un’impresa già ardua prima di cominciare rischia di trasformarsi nella scalata dell’Everest a mani nude.

È stato Hamilton stesso, prima di farsi venire i dubbi di «essere inutile» o «la Ferrari farebbe meglio a cambiare pilota…» a dichiarare che seguire le orme dello spagnolo e del tedesco sarebbe un fallimento. I driver, si sa, hanno un ego smisurato. E gli assi del volante ancora di più. Ma una visione del genere sembra priva di realismo e, se per caso si verificasse, farebbe passare come insignificanti le specialissime missioni finora portate a termine da Lewis. Le vette da superare, in realtà, sono due, entrambe allo stato attuale proibitive. Da una parte la sfida da lui stesso lanciata a Nando e Seb, Dall’altra, il confronto tutto da inventarsi con Charles, il suo coinquilino di box. I primi due non hanno dominato a Maranello, ma hanno vinto. E pure tanto. Hamilton, dopo oltre mezza stagione al Cavallino, con 14 GP disputati, non è ancora riuscito a salire sul podio, mentre Leclerc lo ha fatto 5 volte.

Perché Lewis è andato a toccare un nervo tanto scoperto? Pensa che annullare una serie infinita di match ball possa riabilitare il suo crepuscolo? Alonso, che ha festeggiato i 44 anni, approdò a Maranello nel 2010 quando di anni ne aveva 29, nel fiore della carriera.

Trionfò al GP d’esordio e già il primo anno divenne vice campione del mondo buttando il titolo all’ultima gara quando appariva già vinto. Quell’anno dominò 5 gare ed altrettante volte salì sul podio senza vincere. Con tutta la buona volontà è improponibile il paragone con Lewis. Fernando restò in Italia 5 anni, fino al 2014, conquistando altri due titoli di vice campione, nel 2012 e nel 2013, sempre alle spalle di Vettel a cui nel 2015 lasciò il posto nella Scuderia. Fernando, che ha disputato 418 GP, ne ha vinti 11 con la Ferrari, l’ultimo 12 anni fa in Spagna che resta anche la sua ultima vittoria in F1.

Sia per l’età che per la situazione, Hamilton ha poche chance di ripetere un filotto del genere. Fernando, inoltre, approdò a Maranello quando in squadra c’era il coetaneo Felipe Massa, che nel 2008 perse il titolo dopo il traguardo dell’ultimo GP in Brasile, e lo sovrastò sempre. Sebastian, invece, aspettò il secondo GP in rosso per vincere ed a fine anno si piazzò terzo in classifica, poiché i primi due posti erano ipotecati delle invincibili Mercedes di Hamilton e Rosberg. Nonostante l’era delle Frecce d’Argento proseguì, Sebastian riuscì a diventare 2 volte vice campione, nel 2017 e nel 2018. Seb rimase in Ferrari 6 stagioni, una più di Alonso, e conquistò 14 GP, 3 più dello spagnolo, ed è tuttora il terzo pilota più vincente per Maranello, alle spalle di Schumacher e Lauda.

Anche in questo caso il bottino di Vettel in rosso sarà inarrivabile per Lewis almeno che non vinca il campionato del mondo. Anche se il prossimo anno Frédéric e Loic dovessero realizzare una SF-26 spaziale (il titolo Piloti sfugge dal 2007…) sul cammino dell’inglese c’è un altro macigno che sembra invalicabile: il rampante amico monegasco. Hamilton ha un talento enorme e cambiando la vettura potrebbe ritrovere anche velocità e determinazione. Vedendo quello che sta accadendo quest’anno, però, si fa un’enorme fatica ad immaginare Lewis migliore di Charles. E il principino agli esordi veniva chiamato il “predestinato”, all’ottavo anno in Ferrari, andando per le 29 primavere, appare difficile che lasci il titolo al socio, anche se si tratta di Sir Lewis Hamilton. Carletto, per il momento, ha vinto poco, soli 8 GP, ma ha corso con super campioni che avevano insieme 11 titoli mondiali dimostrandosi, almeno in quella fase, superiore.

Quest’anno fra Charles e Lewis non c’è raffronto. Come nel 2019 e nel 2020 è sempre stato davanti in classifica al compagno Vettel convincendo Mattia Binotto a decretare la fine dell’esperienza in Ferrari di Sebastian. Come si può vedere Lewis ha poche chance di realizzare il suo piano anche se i fuoriclasse possono sempre trovare un colpo di reni… Cose apparentemente impossibili le ha già fatte. All’esordo in F1, nel 2007, salì sul podio al debutto con la McLaren e poi continuò a spruzzare champagne negli 8 GP successivi. Quell’anno, nonostante avesse per compagno un fortissimo Alonso, a 3 gare dalla fine aveva praticamente vinto il Mondiale che invece gli sfuggì incredibilmente di mano.


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