L’intesa sulla decarbonizzazione degli impianti dell’Ilva di Taranto è stata firmata oggi, 12 agosto, al ministero delle Imprese e del Made in Italy da tutte le amministrazioni nazionali e locali. Nella bozza di accordo però non vengono indicati i tempi per il passaggio alla produzione con forni elettrici né la decisione su dove localizzare il polo Dri, gli impianti necessari a produrre il preridotto indispensabile ad alimentarli. La decisione è stata nuovamente rimandata, questa volta a dopo il 15 settembre – termine ultimo per la presentazione di offerte vincolanti della nuova gara -, “per esaminare le prime evidenze della procedura e valutare la possibile localizzazione degli impianti di preridotto”. Al centro della riunione c’erano, infatti, la decisione sulla realizzazione dei forni elettrici – in sostituzione degli altoforni, che saranno gradualmente dismessi – e l’ipotesi di costruire a Taranto il polo Dri, necessario ad alimentare gli stessi. Quest’ultimo consentirebbe di limitare gli impatti occupazionali della riconversione dell’acciaieria ma avrebbe bisogno del supporto di una nave rigassificatrice.

Le parti firmatarie “condividono la necessità che l’acquirente degli asset industriali presenti, nel rispetto dei tempi che saranno indicati in fase di aggiudicazione, le dovute istanze autorizzative sul versante ambientale e sanitario, che tengano conto della progressiva e completa decarbonizzazione dello stabilimento in un tempo certo”, si legge nel testo dell’intesa. Inoltre, le parti “si impegnano a convocare una nuova riunione del tavolo in data successiva al 15 settembre per valutare la possibile localizzazione degli impianti Dri utili per l’approvvigionamento dei forni elettrici presso lo stabilimento di Taranto, a partire dall’impianto già previsto con il Fsc (Fondo strutturale di coesione, destinato a progetti di sviluppo e coesione territoriale, ndr), qualora sia possibile assicurare il necessario approvvigionamento energetico”. E prosegue: “Al fine di scongiurare o attenuare riflessi negativi sul versante occupazionale della transizione green dell’acciaieria saranno inoltre valutate misure di politica attiva e passiva del lavoro, anche a sviluppo delle interlocuzioni in corso con le associazioni sindacali”.

Sulla decarbonizzazione il testo impone ai soggetti interessati “di impegnarsi allo spegnimento delle aree a caldo alimentate a carbone“. Saranno inoltre realizzati fino a un massimo di tre forni elettrici “per coprire l’intera capacità produttiva autorizzata” e al pieno rispetto delle prescrizioni contenute nella nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia), in vista del rilascio – successivo all’assegnazione dell’asset – di una nuova Aia più adatta al nuovo assetto pienamente decarbonizzato.

Il tavolo di Palazzo Piacentini, presieduto dal ministro Adolfo Urso, era in corso dalle 11.30 di questa mattina. Collegati in remoto il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, i rappresentanti del ministero della Salute e del ministero dell’Interno. Così come anche il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, e le altre autorità locali. Ha scelto invece di partecipare in presenza il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, accompagnato da un’ampia delegazione istituzionale e di tecnici, oltre ai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e di Ilva in A.S., e il consigliere del presidente del Consiglio per le Relazioni con le Parti Sociali, Stefano Caldoro.

“Questa è una svolta che potrà incoraggiare gli investitori a manifestarsi con i loro piani industriali il rilancio della siderurgia, della riconversione, della conversione green”, ha commentato Urso con soddisfazione. “Oggi finalmente sappiamo – prosegue – che c’è la squadra Italia unita per la prima volta nella storia di questa vicenda che dura da oltre 15 anni. Un accordo tra tutti i soggetti istituzionali, il governo nazionale, la Regione, gli enti locali, nel giocarsi la partita che è straordinariamente importante”.

Il primo cittadino Bitetti ha specificato che non si tratta di un accordo di programma, bensì della semplice sottoscrizione di un documento: “Non recepisce le nostre richieste. In particolare, il testo riporta l’obbligo vincolante della piena decarbonizzazione del sito di Taranto che impone ai soggetti interessati lo spegnimento delle aree a caldo alimentate a carbone. In nessun passaggio si fa cenno all’ipotesi di approvvigionamento tramite nave gasiera“. “Si fa riferimento invece – prosegue – alla tutela occupazionale quale principio inderogabile. Non meno importante è il richiamo alla tutela della salute e al previsto potenziamento della rete sanitaria locale. A questa giornata attribuisco la giusta importanza perché come pubblicamente dichiarato saranno gli impegni solennemente assunti e i fatti che seguiranno a definire il giudizio che il Comune di Taranto esprimerà su tutta questa complessa vicenda”, conclude il sindaco.

Entusiasta Emiliano: “Sapere che una delle più grandi fabbriche d’Europa, che è stata per troppo tempo anche simbolo di sofferenza e contraddizione, può finalmente rinascere in armonia con il diritto inviolabile alla vita, alla salute, al lavoro e alla tutela ambientale, è qualcosa che tocca profondamente il cuore”, ha commentato. “Oggi – ha aggiunto – è un giorno che resterà nella storia della Puglia e dell’Italia intera. Abbiamo scritto una pagina nuova, attesa da dieci anni, costruita con tenacia, sacrificio e visione”.

Di tenore opposto le dichiarazioni dei sindacati dei metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm. “Non abbiamo partecipato alla stesura di questo accordo. Il testo condiviso tra Mimit ed enti locali pugliesi è un documento privo di tutele e certezze sotto ogni punto di vista per i lavoratori e le comunità interessate. E non c’è un piano industriale”, ha dichiarato il segretario generale Uilm, Rocco Palombella. Giudizio negativo anche dei segretari generali della Fiom, Michele De Palma, che chiede una partecipazione pubblica nell’azienda e Fim, Ferdinando Uliano, che afferma come sia imprescindibile la realizzazione a Taranto del polo Dri per il preridotto.

Intanto non si ferma la protesta delle associazioni del territorio: Peacelink e Giustizia per Taranto hanno promosso un ricorso al Tar contro l’Aia concessa all’ex Ilva a luglio che consente di produrre per altri 12 anni con il carbone.