Marino Amadori è stato l’ospite dell’ultima puntata di FOCUS Ciclismo in onda sul canale Youtube di OA Sport. L’ex ciclista, ora commissario tecnico della nazionale Under 23 su strada, ha toccato diversi argomenti tra l’attualità e i prossimi impegni, guardando anche al movimento giovanile italiano nel suo complesso.

Il primo punto all’ordine del giorno, ovviamente, riguarda Filippo Baroncini, caduto rovinosamente nel corso della terza tappa del Giro di Polonia: “Purtroppo davvero una brutta caduta che, a quanto mi hanno detto, poteva essere anche peggio di quella che è stata. Ha subito un intervento per una infrazione alla cervicale prima di essere trasportato in Italia. Sembrerebbe che il decorso potrebbe essere lungo, ma nulla di grave a livello generale. Vediamo come risponderà il suo fisico pensando ovviamente ad un futuro in bici. Lui merita molto più di quello che ha ottenuto perché è molto talentuoso, dopotutto ha vinto il Mondiale 2021 (U23, ndr), è stato secondo all’Europeo al termine di una stagione stupenda. Baroncini ha doti e qualità che non ha ancora dimostrato al meglio. Mi auguro di cuore che possa farlo nei prossimi anni”.

L’esperienza nel ciclismo di Amadori da atleta e da dirigente si lega a doppio filo con il nome di Alfredo Martini: “Prima sono stato atleta poi, grazie a un maestro come Alfredo Martini, mi sono appassionato al ruolo di direttore sportivo prima e tecnico poi. In questo senso ho fatto anche due anni di esperienza con la Mercatone Uno di Marco Pantani. Dopodiché mi sono riciclato in Federazione e ho fatto 15 anni nell’Under 23. Facciamo un lavoro particolare che facciamo per far sì che i nostri ragazzi facciano esperienze basilari. In questo momento ci manca solo il talento puro che, come vediamo, sono 3-4 in giro per il mondo e stanno vincendo tutto. Nel complesso però abbiamo un ottimo livello e corridori che prima o poi vinceranno anche nei professionisti”.

Il lascito di Alfredo Martini è ancora ben nitido nella mente di Amadori: “Cosa mi ha lasciato? Direi la sua qualità nel parlare e nell’affrontare i problemi e le criticità senza andare sopra le righe. Un altro aspetto importante che mi ha insegnato è l’essere diretti con gli atleti. Con lui ho avuto un rapporto speciale, dopotutto abbiamo vissuto 11 Mondiali insieme. Non dimenticherò mai le lunghe chiacchierate insieme. Io ero un gregario ma lui mi portava lo stesso perché sapevo fare squadra. Svolgevo un lavoro particolare nei primi 200 chilometri della corsa ed ero, a suo parere, importante. Senza dubbio parlo di bellissime esperienze che mi porto ancora oggi nel mio lavoro”. 

Un lavoro che ha visto tanti momenti importanti, con un ricordo sopra tutti. “Avevo già vinto un Mondiale U23 nel 2019 con Battistella ma quello del 2021 con Baroncini ha un sapore speciale. Per un romagnolo come me (è nato a Predappio, ndr) vincere con un conterraneo, che stava facendo già di suo una stagione eccellente, è diventato qualcosa di incredibile. Senza dubbio una gioia che sarà difficile da ripetere, perché Filippo ha fatto qualcosa di eclatante”. 

Amadori passa poi a ricordare la sua carriera da professionista: “Il ricordo che più porto nel cuore è il mio primo Mondiale, affrontato da ragazzo. Ero giovanissimo, correvo in una squadra piccola, ma feci ventesimo, chiudendo davanti a una leggenda come Hinault – sorride – Una gioia immensa. A quel punto capii che potevo fare una carriera da professionista. Potevo stare in quel mondo e tutto è partito da li”.

Tornado al mondo delle squadre giovanili, si può dire che abbiano assunto un valore sempre più importante le squadre DEVO: “C’è poco da dire. Le squadre del World Tour si stanno orientando su questo discorso. Vogliono far crescere i corridori del futuro della loro squadra nel loro vivaio per seguirne anche la crescita. Vanno quindi in giro per il mondo, prendono i migliori talenti e li fanno crescere. Il problema numero 1 però è che di questi 300 corridori circa, tanti rimangono con il cerino in mano dato che non passano alle squadre professionistiche. Fanno poi fatica a riciclarsi nelle squadre Continental e rischiano di perdersi del tutto”.

Uno sguardo più ampio al momento del ciclismo: “Il mondo dello sport, non solo il ciclismo, sta subendo un momento di difficoltà. Noi non ci possiamo lamentare perché riusciamo a tenere ancora in piedi il movimento grazie alle tante piccole società che, con i loro volontari, riescono a far sognare i giovani ed a farli divertire. In questo momento anche il calcio ha subito un calo, quindi sappiamo che è tutto più complicato”.

A questo punto il mirino è ben puntato verso il Tour de l’Avenir 2025: “Stiamo parlando della corsa a tappe numero uno, che viene subito dietro a Mondiali e Europei a livello di importanza. Si corre a nazioni e questo è un aspetto importante. La squadra? È già pronta da un mese. Saranno convocati Finn, Gualdi, Turconi, Borgo, Donati e Mattio. Voglio una squadra compatta e penso che se lo faremo ci divertiremo. Sappiamo che gli avversari sono fortissimi e, proprio per questo, dovremo essere un gruppo solido. Cercheremo la classifica, ma anche tanta libertà per le tappe”. 

Ultima battuta su presente e futuro. “Il 2025? Mi sembra evidente che sia l’anno di Pogacar. Da noi, invece, dico Widar che ha già dimostrato di essere un talento. Per gli italiani U23 nomino Finn che ha già fatto vedere buone cose al Giro. Il 2026? Voglio dire che sarà l’anno di Finn che rimarrà in categoria e potrà esplodere e dimostrare il suo valore anche a livello internazionale. Abbiamo tanti ottimi ragazzi, tra questi Pellizzari che nel prossimo anno potrà crearsi il suo spazio”. 

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