voto
8.5
- Band:
LA JANARA - Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 16/05/2025
- Etichetta:
- Black Widow
Avevamo speso parole lusinghiere per La Janara all’epoca del loro precedente lavoro, “Tenebra”. Questa validissima formazione della provincia di Avellino ci aveva conquistato con una formula capace di raccogliere la tradizione delle leggende e del folklore dell’Italia del Sud, rileggendola in un contesto metal, anch’esso fortemente radicato nella tradizione dell’occult rock del nostro Paese.
A distanza di ben sei anni dal loro debutto, La Janara torna oggi con “Le Donne Magiche”, un altro lavoro splendido che conferma tutte le ottime impressioni suscitate dal primo album, affinando la scrittura e raggiungendo una maturità compositiva invidiabile.
Anche in questo nuovo disco convivono due anime diverse eppure complementari: da una parte, l’essenza heavy di Nicola Vitale, chitarrista e autore principale della band, che si affina ulteriormente, con trame di chitarra eleganti, classiche nella forma ma assolutamente credibili grazie a quella qualità stilistica che le rende senza tempo; dall’altra, il folk, le leggende e le atmosfere rurali, così vive eppure sempre velate da ombre sinistre.
Anche qui la qualità è altissima, con arrangiamenti acustici che si nutrono delle radici storiche e geografiche da cui proviene la band, valorizzati dalla performance selvatica e versatile di Raffaella Càngero, cantante dotata di un talento incredibile e capace di lasciare un’impronta personale su ogni singola composizione.
Come ha raccontato la band stessa, se “Tenebra” cantava il lato oscuro dell’animo umano, con una particolare attenzione alla condizione delle donne oppresse da una cultura che le bollava come streghe (la janara stessa non è altro che una strega del folklore dell’Italia meridionale), “Le Donne Magiche” annuncia invece il rifiorire della vita e la fecondità, anche attraverso una carnalità celebrata con orgoglio.
La band compie questa transizione sia attraverso i testi sia con scelte musicali particolarmente azzeccate: i primi sono, come sempre, curatissimi e vividi, capaci di essere poetici senza rinunciare alla concretezza tipica della vita contadina, e soprattutto senza cadere in quel lirismo d’accatto tipico di una visione bucolica idealizzata. La musica, da parte sua, fa da perfetto contraltare grazie a un uso più incisivo della melodia e dei ritornelli, recuperando anche quell’immediatezza della musica popolare, priva di spartiti e studi accademici, ma forte di una tradizione orale capace di tramandarsi di generazione in generazione.
Abbiamo così canzoni come “Le Castagne Non Cadono Più” e “Io Sono La Strega”, che si insinuano sotto pelle e continueranno a infestare la vostra mente come uno strano incantesimo; momenti più riflessivi come “Inverno”, con la sua anima progressive, o “Domens”, l’unico brano cantato da Nicola Vitale; fino agli episodi più tipicamente folk, come la meravigliosa “Mò Che Viene Agosto”, sensuale e cantata con inflessione dialettale, che ricorda il Capossela di “Canzoni Della Cupa”, il disco in cui emerge maggiormente la tradizione della sua terra d’origine, Calitri, anch’essa in provincia di Avellino.
La Janara, insomma, non solo sono riusciti a mantenere la qualità altissima che ci avevano mostrato in “Tenebra”, ma hanno saputo superarsi, dando vita a un disco che, per chi scrive, è già tra i migliori dell’anno.