Dal primo settembre 2025 diventa operativo un nuovo strumento per i lavoratori che, pur avendo raggiunto i requisiti per il pensionamento, decidono di restare in servizio. Nel gergo economico giornalistico è stato ribattezzato bonus Giorgetti, e promette di incrementare lo stipendio netto mensile di quasi il 10%.
Non è un aumento diretto della pensione, bensì uno sgravio contributivo destinato a chi sceglie di rinviare l’uscita dal lavoro. Prima di accedervi bisogna capire bene come funziona.
Chi può richiedere il bonus Giorgetti dal primo settembre
Non è così semplice come sembra. La misura non è destinata a tutti coloro che possono andare in pensione, ma solo a chi rientra in due specifiche categorie:
- lavoratori che hanno maturato i requisiti previsti da Quota 103 (62 anni di età e almeno 41 anni di contributi versati);
- lavoratori che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata ordinaria – 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, senza vincoli di età.
Come funziona il bonus
Il meccanismo del bonus Giorgetti è questo: il lavoratore non versa più la propria quota di contributi previdenziali all’Inps (pari al 9,19% dello stipendio lordo mensile per chi è iscritto al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti) e quella cifra resta interamente nella sua busta paga come aumento netto.
Nel frattempo, i contributi che spettano al datore di lavoro continuano a essere versati regolarmente nel fondo pensione, così da non intaccare la rendita futura. Quindi in teoria si avrebbero più soldi ogni mese: questa somma extra non è soggetta a imposte e non rientra nel reddito imponibile.
Calendario e tempistiche per settore privato e pubblico
Il bonus arriverà ufficialmente a settembre 2025, ma non comparirà subito nella busta paga di tutti. Chi lavora nel settore privato e ha i requisiti lo riceverà già dal mese di settembre, mentre per il personale pubblico che ha presentato domanda l’importo aggiuntivo arriverà solo da novembre.
Perché esiste il bonus Giorgetti?
L’Italia sta vivendo un doppio nodo: popolazione attiva che invecchia e tasso di natalità ai minimi. Un intreccio che indebolisce il rapporto tra contributi versati e pensioni da erogare, perché non ci sono abbastanza lavoratori che coprono le pensioni. Il bonus Giorgetti si inserisce qui, come leva per trattenere chi è prossimo alla pensione e rallentare l’uscita di competenze preziose, alleggerendo nel frattempo la pressione sui conti pubblici. Ma dietro la spinta positiva si nascondono ombre non trascurabili.
Rinunciare al proprio 9,19% di contributi può voler dire, a lungo andare, una pensione più bassa, con cali che, sommando gli anni, possono tradursi migliaia di euro in meno.
La platea comunque resta ristretta e molti lavoratori che avrebbero diritto alla pensione ne restano esclusi. Per alcuni, il bonus è più una toppa che una strategia, utile a guadagnare tempo e tenere in squadra personale esperto, ma lontano dal risolvere i veri problemi strutturali del sistema e del ricambio generazionale.