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Redazione Online
L’ex leader delle Brigate Al Aqsa in Cisgiordania, ed ex prigioniero nelle carceri israeliane, in un incontro con il New York Times ragiona sul futuro dello Stato palestinese
Zakaria Zubeidi è il più «celebre» prigioniero palestinese liberato da Israele a gennaio come parte di uno scambio durante l’ultimo cessate il fuoco. Il suo nome è diventato famoso durante la Seconda Intifada, Zubeidi era uomo chiave di Fatah – l’organizzazione politica e paramilitare palestinese di Yasser Arafat – e leader delle Brigate Al Aqsa in Cisgiordania. Secondo Israele, nel 2002 avrebbe ideato un attacco che causò la morte di sei persone a Beit She’an nella sede del Likud, il partito di Benjamin Netanyahu. Lui dice di non essere coinvolto in nessun omicidio e prima della sua scarcerazione non è stato condannato.
Il suo volto inconfondibile – ha decine di puntini dovuti a un’esplosione accidentale di una bomba che stava fabbricando – è apparso sul New York Times che lo ha incontro a Ramallah. Zubeidi, che nella sua vita ha più volte stupito seguaci e avversari, questa volta si domanda l’utilità della resistenza palestinese per ottenere uno Stato. «Dobbiamo riconsiderare i nostri strumenti», ha detto. «Abbiamo fondato un teatro e abbiamo provato la resistenza culturale: a cosa è servito? Abbiamo provato con il fucile, abbiamo provato a sparare. Non c’è soluzione».
Quando a gennaio Zubeidi è tornato nella sua città natale, Jenin, nel nord della Cisgiordania, si è trovato davanti a una città – un campo profughi – ridotta in macerie. Ma soprattutto si è trovato senza più il figlio ventunenne, anche lui impegnato nella resistenza, ucciso durante un raid israeliano nel 2023.
Zubeidi si è iscritto a un dottorato di ricerca in studi israeliani all’università di Birzeit, e al quotidiano di New York racconta che, anche se continua a vedere Israele come il principale ostacolo alla creazione di uno Stato palestinese, oggi pensa anche che la resistenza armata e disarmata si sono rivelate infruttuose. «Non esiste una soluzione pacifica e non esiste una soluzione militare. Perché? Perché gli israeliani non vogliono darci nulla. È impossibile sradicarci da qui. E non abbiamo gli strumenti per sradicarli».
Zubeidi è nato nel 1976 nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania.
È stato considerato il più potente uomo di Jenin, dove gestiva de facto legge e ordine, e ha avuto un rapporto complesso ma stretto con Yasser Arafat. Dopo aver promesso di abbandonare la violenza nel 2007, si è dedicato a iniziative culturali nel campo profughi, come la fondazione del Freedom Theatre.
Nel 2021 è stato protagonista di una spettacolare evasione da un carcere di massima sicurezza, tramite un tunnel che partiva dal bagno della sua cella. Qualche giorno dopo è stato ri-arrestato.
13 agosto 2025 ( modifica il 13 agosto 2025 | 12:20)
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