Era il febbraio 2024 quando sul palco del Festival di Sanremo Ghali – riferendosi a quanto stava succedendo a Gaza – pronunciò per la prima volta la parola «genocidio», scatenando polemiche. Da allora il rapper non ha mai smesso di parlare degli attacchi di Israele alla Palestina. E ora, prendendo spunto dall’uccisione di sei giornalisti di Al Jazeera, tra cui Anas Al-Sharif, è tornato ad affrontare l’argomento con un lungo e accorato post su Instagram in cui invita i colleghi finora rimasti in silenzio a prendere posizione. L’artista, pubblicando un’immagine bucolica – un’alba su un uliveto, la sua mano sul tronco di uno degli alberi – ha scritto: «Vicino a un ulivo sento solo il canto delle cicale, dopo una giornata di mare in un’altra estate fortunata. Sappiamo che, tra ieri e oggi, almeno sei giornalisti palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Con la loro morte, oltre al dolore di questa ingiustizia, si rischia anche la morte dell’informazione a Gaza. Uccidere chi fa informazione significa nascondere la verità, e questo è solo una delle innumerevoli crimini e violazioni dei diritti umani che si stanno commettendo. Ormai lo sanno tutti, lo ammettono tutti: a Gaza è in atto un genocidio».

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Poi l’appello ai colleghi: «Vorrei dire a chi fa musica come me, a chi scrive, a chi mette la propria faccia e la propria voce al servizio dell’intrattenimento, che dobbiamo ricordarci che stiamo vivendo tutti nello stesso lasso di tempo. Non eravamo nessuno, e ora qualcuno di noi si è costruito una vita, migliore della media, grazie alla gente che ci ha sostenuto. Non possiamo non dire una parola su ciò che sta accadendo a Gaza. Cosa cambia se lo facciamo? Sembrerà non bastare, ma la storia ci insegna che la lotta al male, le manifestazioni pacifiche, gli articoli, la voce del popolo hanno comunque fatto la differenza. Insomma, se già sta andando male, figuriamoci come andrebbe se stessimo tutti zitti».

«In Italia», continua Ghali, «tante figure si sono esposte. Ma altre, incredibilmente, no. Mi voglio limitare a parlare agli artisti con cui sono cresciuto, ricordiamoci che i grandi passi si fanno sempre insieme, come la storia racconta. E possiamo farlo assieme perché condividiamo la stessa missione, creare momenti memorabili, cambiare le nostre vite e quelle delle nostre famiglie, far divertire le persone ed essere una splendida distrazione di massa. Dio ci ha benedetti: non malediciamoci a vicenda, va tutto bene. E, nonostante le assurdità che stanno accadendo nel mondo, dalla Palestina fino ai nostri quartieri, noi siamo privilegiati a vivere in una parte del pianeta dove ogni giorno è una nuova possibilità e non una roulette russa. Uniti possiamo non avere paura di niente. Ricordiamoci che stiamo vivendo la vita insieme, e che, in qualche modo, siamo tutti vicini di casa».

Nei mesi scorsi altri cantanti italiani hanno fatto sentire la loro voce contro gli attacchi israeliani a Gaza. Per esempio Vasco Rossi, che lo scorso giugno, sventolando una bandiera della pace, ha lanciato il suo appello dal palco durante un concerto a Firenze: «Noi vogliamo che smetta la strage degli innocenti a Gaza, chiediamo che la finiscano di fare la guerra. Tutte le guerre ma soprattutto che finisca la strage di bambini, di innocenti, a Gaza». Parole forti e chiare a cui ora si aggiungono quelle di Ghali, che per la Palestina non ha mai smesso di esporsi ma adesso ha voluto invitare i colleghi che non hanno preso posizione a smettere di restare «incredibilmente» in silenzio.