Finito sotto sequestro preventivo un forno a San Pietro in Casale, al termine di un’operazione congiunta della Squadra mobile di Bologna e del Sisco (Servizio centrale operativo), coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda).
L’intervento segue a una indagine per trasferimento fraudolento di beni e valori effettuata su un noto pluripregiudicato di 53 anni – originario del vibonese e già in carcere a Parma – e le sue due figlie. Il provvedimento è stato illustrato dal dirigente della Squadra mobile, Guglielmo Battisti, e dal vice questore Pietro Nen, del Sisco, nella mattinata di oggi, 13 agosto, in una conferenza stampa che si è tenuta in questura.
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Il broker della cocaina
L’inchiesta, avviata nel febbraio 2024, ha accertato il coinvolgimento del 53enne nel narcotraffico internazionale. L’uomo, da anni residente a Bentivoglio, con le figlie, incensurate, è noto alle forze dell’ordine per essere stato un “broker” della cocaina al servizio della famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso.
Nel corso degli anni, è stato al centro di importanti indagini condotte dalle Ddda di Catanzaro (“Decollo”, “Decollo bis”, “Decollo ter”) e di Bologna, “Due torri connection” e “Golden jain”.
Nonostante fosse detenuto ai domiciliari per motivi di salute e stesse scontando una pena di 30 anni, l’indagato avrebbe continuato a gestire i suoi affari. A suo carico, risultano già diverse misure di prevenzione, inclusa la sorveglianza speciale e il sequestro di immobili.
L’intestazione fittizia
Le indagini hanno accertato che l’uomo, pur essendo formalmente escluso dalla gestione, di fatto avrebbe diretto l’attività commerciale. L’acquisto e la gestione della panetteria, infatti, sarebbero state affidate in modo fittizio alle figlie, ora indagate. Secondo quanto ricostruito, l’attività, florida, era stata acquistata per 112mila euro, ovvero un valore molto inferiore a quello reale, che si aggirerebbe sugli oltre 500mila euro.
Per gli inquirenti era l’uomo a prendere tutte le decisioni, impartendo “disposizioni autoritarie” alle figlie su acquisti, personale (quasi sempre calabrese), marketing e strategie commerciali.
Il sequestro – eseguito lo scorso 7 agosto – mira proprio a impedire che soggetti con precedenti legati alla criminalità organizzata possano continuare a operare attraverso prestanome. Come spiega il vicequestore: “Si tratta di un’indagine importante perché dimostra l’attenzione della polizia di Stato nei confronti di soggetti pluripregiudicati di altissimo valore criminale. Una volta usciti dal carcere, questi continuano a gestire indirettamente il proprio patrimonio”.
“Con queste operazioni – aggiunge Amedeo Pazzanese, vicario questore di Bologna – si va a intaccare l’attività delle grandi organizzazioni criminali che, come sappiamo, sono esperte nel fenomeno del reimpiego di denaro e del riciclaggio. Un’attività svolta a 360° porta sempre e comunque a dei risultati più che soddisfacenti”.
Video | La polizia: “Così si intacca l’attività delle grandi organizzazioni criminali”
L’attività affidata a un amministratore giudiziario
Al termine delle operazioni, l’esercizio commerciale è stato affidato a un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Bologna, al fine di garantirne la continuità operativa.
Per i tre indagati è stata redatta l’elezione di domicilio, mentre l’inchiesta prosegue per fare piena luce sull’intera vicenda.
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