di
Marta Serafini
Putin punta a raggiungere Dnipropetrovsk, bastione della regione. I soldati di Zelensky: «In città sono rimasti solo collaborazionisti»
DALLA NOSTRA INVIATA
FRONTE DI POKROVSK – «Te lo ricordi il parchetto dove avevano messo gli ombrelli colorati per fare le foto da postare su Instagram? E la stazione con le panchine sotto gli alberi dove stavamo seduti al fresco? E le babushke che vendevano i fiori, in piazza, vicino al ristorante Corleone?». Non c’è più da un anno Pokrovsk. La città hub degli aiuti umanitari e militari, porta del Donbass, che lo zar anela per sfondare verso Dnipropetrovsk, è campo di battaglia da undici mesi. Assediata, bombardata fino allo sfinimento, infiltrata, violentata, sventrata. Come Bakhmut, come Avdiivka, ora anche Pokrovsk conta le sue ultime ore. E respira sempre più piano.
«Vorrei andarmene a vivere la mia vita in pace, da mia figlia. E invece devo stare qui a combattere. So che a un certo punto arriverà l’ordine di ritirarci per non perdere altre vite». È stanco Vadym, comandante della 25esima brigata d’assalto. Meno di trent’anni, continua ad addestrare uomini che manda sulla linea zero. Tanti non torneranno. Tanti non sono tornati. «Noi però abbiamo rispetto della vita umana. Dentro la città ormai sono rimasti praticamente solo collaborazionisti dei russi. Vestono abiti civili, stanno nascosti nelle cantine e hanno cibo e acqua, non li uccidiamo anche se ci converrebbe. Invece i loro comandanti sparano ai militari feriti, come se fossero animali».
Il punto più caldo del fronte
In una radura, in mezzo ai campi di lavanda, ruggisce un T-80 di fabbricazione sovietica, riammodernato. «La Bestia» prova manovre di attacco, si muove a scatti e devasta i fiori al suo passaggio. Nell’abitacolo non c’è spazio nemmeno per respirare, figurarsi per sognare la fine della guerra. Igor di Borodjanka prepara il colpo. «Armata», urla. Poi il proiettile parte a un centimetro dalla sua faccia di ragazzino mentre la temperatura nella cabina si fa rovente. Sulla testa ha il casco dei guidatori di tank che usavano i suoi nonni all’epoca sovietica. «Avessimo più carri americani sai i russi come la prendevano Pokrovsk? Col binocolo». I desideri di Igor si fanno realtà e da un cespuglio spunta un Bradley statunitense che punta verso il fronte. Tutti salutano. Ma la speranza che il mezzo blindato torni indietro senza feriti a bordo è vana.
Il punto più caldo del fronte, lo ha definito settimana scorsa il capo di stato maggiore Oleksandr Syrsky, avvertendo che dall’inizio dell’estate le forze russe hanno ammassato qui 110 mila soldati. «Se vi dicono che siete nazisti non dovete crederci. Voi la sapete la differenza tra il bene e il male». Il rabbino Jacob è arrivato da Dnipro carico di regali, vuole a tutti i costi diventare cappellano della 25esima. Porta ai soldati dolci ma anche libretti con le scritture tradotti in ebraico e in ucraino. E droni. «È il momento in cui dimostrate di che pasta siete fatti», prova a tirare su il morale alle nuove reclute schierate nella radura. «Hanno fatto due mesi di addestramento. Ora le ultime 48 ore e poi sono pronti per il fronte», spiega l’addestratore.
Mossa a tenaglia sul fianco sud. E ora anche sul fianco nord. È con le spalle al muro Pokrovsk. Secondo DeepState, la piattaforma di geolocalizzazione delle truppe ucraine, le forze russe sono riuscite a entrare da Zvirove sfruttando i varchi lasciati dalla fanteria nemica. «Non ho la palla di vetro ma temo che entro una settimana resti pulita solo la via di Dobropillia. Ma se salta anche quella è finita», spiega il portavoce di un’altra brigata d’assalto che chiede di non essere riconoscibile.
Il segnale nemico
Proviamo a entrare passando proprio da quella strada, da Dobropillia. Corrono veloci le auto e i pick-up sotto le reti messe lì per tentare di salvare il salvabile. Non ci si ferma per nessuna ragione. «I droni russi si appostano ai lati della strada. Aspettano che passi qualunque veicolo e lo attaccano. Non importa se militare o civile». In giro non c’è mezzo che non abbia sul tetto i sistemi Reb per disturbare il segnale nemico. L’unico modo per non rischiare troppo è mettersi in scia e seguire chi è più attrezzato. A Dobropillia settimana scorsa hanno tirato un Kab contro un supermercato nelle prime ore del pomeriggio, quelle in cui si va a fare la spesa con i bambini. E adesso davanti al negozio non ci passa più nessuno. «Vi consiglio di andare via», intima un passante mentre da est arrivano due colpi che fanno tremare il suolo. Rumori sinistri che fanno il paio con le parole del portavoce del Cremlino Dimitri Peskov in vista del terzo round negoziale di Istanbul: «Non ci aspettiamo miracoli».
L’ultimo checkpoint
All’ultimo checkpoint, l’alt dell’Sbu, l’intelligence ucraina. Sul telefono è appena arrivata una notifica di Ukrainska Pravda: i russi sono dentro. «Non potete andare oltre. Non ci possiamo permettere altri morti in questo momento, il posto di blocco deve restare libero per i mezzi militari e i mezzi di soccorso», quasi supplica l’agente mentre alle sue spalle in direzione di Pokrovsk si alzano colonne di fumo nero sempre più alte. Nessuno ha conferme dall’interno. «Sono già giorni che è così. Le squadre d’assalto russe entrano grazie agli informatori. Ma poi se ne ritornano fuori. Le nostre forze stanno cercando di pulire l’area», spiega.
In realtà solo ieri i russi hanno diffuso un video girato da uno dei loro droni in cui si vede un pick up di militari ucraini polverizzato insieme agli uomini al suo interno. Un messaggio forte e chiaro: se non ve ne andate vi ammazziamo uno per uno. Ripieghiamo verso la retrovia. Ora il centro logistico dell’Est è Pavhlograd, cittadina mineraria sulle cui spalle pesa il ruolo di bastione della regione di Dnipropetrovsk. Un compito ingrato quello dell’alfiere che difende la regina. La più ricca, il centro finanziario del Paese, quella che se dovesse cadere si porterebbe dietro tutto. Lungo la strada, decine di trincee sempre più profonde. E il filo spinato si intreccia ai girasoli gialli di questa quarta estate di guerra.
23 luglio 2025 ( modifica il 23 luglio 2025 | 07:50)
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