L’Arctic Race che ha incoronato Corbin Strong, ha anche rilanciato su strada Tom Pidcock. E sottolineiamo “su strada” perché la sua estate è stata altrimenti esaltante come sempre, con un europeo di mountain bike dominato a conferma della sua superiorità nella specialità. La stagione in superleggera però era stata finora deficitaria.
Il confronto era stato, prima della Norvegia, addirittura impietoso, portando molti addetti ai lavori a ragionare su questa forbice di prestazioni inconsueta per lui, prima capace di un’uniformità di rendimento superiore anche a quella di Van der Poel, che fatica oltremisura in mtb. Noi abbiamo provato a capirne di più parlando con chi Pidcock l’ha visto da poco all’opera al suo meglio: il cittì della nazionale di mtb Mirko Celestino.
Il podio finale dell’Arctic Race, con Pidcock dietro al neozelandese Strong e davanti al nostro Scaroni
Il podio finale dell’Arctic Race, con Pidcock dietro al neozelandese Strong e davanti al nostro Scaroni
«Non posso nascondere che la domanda sul perché ci fosse tanta differenza me la sono posta io e tanti nell’ambiente, perché in mountain bike si vede proprio che si trova a suo agio. Come VDP anche lui sprigiona sui falsipiani dei wattaggi che i biker puri non possono raggiungere. Riescono a tenere alto il ritmo, spingere dei lunghi rapporti. Gli specialisti sono messi in difficoltà soprattutto sui percorsi veloci e quindi dove bisogna anche spingere. Ecco perché all’europeo ha fatto una grossa differenza».
Eppure privilegia la strada, questo dovrebbe penalizzarlo dal punto di vista tecnico…
Questo è il suo grande pregio: nonostante faccia tantissime gare su strada, riesce a padroneggiare la bicicletta su qualsiasi tipo di percorso. Ciò significa che tecnicamente non perde nulla, anche con un minimo periodo di passaggio, da una settimana all’altra, gli bastano pochissime sedute di mtb per riprendere confidenza.
Per il britannico una stagione su strada fatta di 50 giorni di gara, con 5 vittorie e 19 top 10
Per il britannico una stagione su strada fatta di 50 giorni di gara, con 5 vittorie e 19 top 10
Secondo te da che cosa può dipendere allora la sua involuzione su strada? Prima della Norvegia, il cammino di Van der Poel era esattamente inverso, il britannico su strada ha faticato molto…
Io credo che lui e il suo staff si siano macerati di fronte a questa domanda e le sue prestazioni in Norvegia credo siano state una manna dal cielo. Mettiamoci comunque che non tutte le annate sono uguali, d’altronde anche Van der Poel in mtb ha fatto numeri esagerati in passato. Solo che in mtb fa pochissime gare e fatica molto di più nel passaggio, combinandone non poche… Mi viene da pensare che fisicamente Tom è un ottimo scalatore, ma in salita non riesce a fare quella differenza che fa in mtb e mi chiedo perché. Eppure i numeri ce li ha. Ecco, magari è un’annata un po’ così, che magari ora riesce a ingranare. Ci sono quelle stagioni che non ti va bene niente, non riesci a trovare quel colpo di pedale.
Tu hai corso al massimo livello sia su strada che in mountain bike, secondo te dov’è più facile riuscire a raggiungere il culmine delle proprie prestazioni, chiaramente considerando le caratteristiche precipue di ognuno, in questo caso del britannico?
Sono due sport completamente diversi. Su strada devi avere l’istinto anche nel saperti giocare le tue cartucce al momento giusto, perché su strada puoi essere anche il più forte, ma se sbagli a muoverti rischi di bruciare tutte le tue possibilità. In mountain bike vince sempre il più forte e anche il più fortunato perché devi avere anche tanta fortuna in base al percorso e ai più frequenti problemi meccanici. Poi c’è il fattore squadra, che su strada fa tanta differenza, portandoti nel posto giusto al momento giusto. Quindi c’è un gioco di squadra che in mountain bike non c’è. E questo è un fattore che potrebbe anche aver influito sulla stagione di Pidcock, ma non seguo abbastanza la strada per farmi un’idea. Una cosa però sul Pidcock stradista vorrei dirla…
Il cittì della nazionale di mtb Mirko Celestino, che in Portogallo ha visto un Pidcock devastante
Il cittì della nazionale di mtb Mirko Celestino, che in Portogallo ha visto un Pidcock devastante
Prego…
Abbiamo visto che in discesa su strada Pidcock fa grandi cose e questo me lo fa sentire vicino, perché anch’io avevo nella discesa un punto forte, mi piaceva pennellare le curve per fare la differenza. E in Pidcock mi ci rivedo.
Considerando la sua superiorità in mountain bike, secondo te potrebbe anche prendere in considerazione di spostare un po’ il peso della stagione su di essa?
Non gli conviene innanzitutto dal punto di vista economico. La strada è il sogno di tutti. Io ormai sono 9 anni che frequento i ragazzi all’interno della nazionale, il loro sogno è sempre quello della strada, il Giro d’Italia, il Tour, le classiche. In questi anni tanti all’estero hanno provato e provano il passaggio, qualcuno anche con buoni risultati. Il ciclismo su strada è quello che ti cambia la vita, anche economicamente, quindi Pidcock continuerà a essere uno stradista, magari con qualche capatina da noi… Fin quando la squadra gli permetterà di fare sia uno che l’altro, secondo me andrà avanti così. L’unica cosa è che, per me, se nelle classiche è uno dei più accreditati, non è uomo da grandi giri.
Per Pidcock una superiorità schiacciante in mtb, sancita anche agli europei (foto UEC)
Per Pidcock una superiorità schiacciante in mtb, sancita anche agli europei (foto UEC)
Veniamo al tuo ruolo, come va la nazionale in quest’anno postolimpico, un po’ di transizione?
Io ho già messo nel mirino le Olimpiadi e i giovani ci sono, insieme a Luca Braidot che resta il riferimento. Ma Zanotti e Avondetto stanno crescendo e fra tre anni saranno lì, secondo me, a lottare per grandi traguardi. Loro intanto a questo mondiale saranno gli atleti che dovranno dimostrare il loro valore, mentre al femminile abbiamo Martina Berta fra le più forti e dietro Valentina Corvi, campionessa europea U23, che sta maturando come uno dei prospetti più forti in campo internazionale. Fra tre anni ci faranno divertire a Los Angeles…