È innegabile che il primo trailer di Drag X Drive per la nuova ibrida di Kyoto (qui trovate la nostra recensione di Nintendo Switch 2), pubblicato in quel turbinio di titoli e anteprime che è stato il 2 aprile 2025, abbia sorpreso un po’ tutti col suo inusuale e unico schema di controlli proprietari, applicato a un’idea di fondo altrettanto originale: il basket su sedia a rotelle. Abbiamo infine messo le mani sulla versione definitiva del titolo, che si è confermato interessante e sfaccettato sul fronte dei controlli e del gameplay puro ma anche, purtroppo, povero di modalità e contenuti, anonimo nell’estetica e con un futuro incerto. Troppo dipendente da un potenziale competitivo che potrebbe non esplodere mai.
Oltre la gimmick: un sistema complesso e versatile
Iniziamo da ciò che funziona e vediamo insieme perché e come: i controlli che sfruttano i due sensori ottici dei nuovi Joy-Con. È evidente che gli sviluppatori Nintendo abbiano tentato di ripetere l’inizialmente fortunato esperimento Arms della prima Switch, proponendo un gioco con potenzialità competitive e persino e-sportive, con meccaniche semplici e un nucleo ludico che sfruttasse al massimo “la novità” della sua console: nel caso di Nintendo Switch 2, la funzionalità Mouse dei controller.
A differenza del picchiaduro con le braccia a molla, però, Drag X Drive punta tutto su un’estetica e una direzione artistica asettiche. Non ci sono personaggi in cui immedesimarsi, poteri speciali, solo una fisica abbastanza realistica, dei manichini con un bassissimo livello di personalizzazione e i loro mezzi: le sedie a rotelle che controlliamo usando i Joy-Con come se fossero le nostre mani.
All’inizio ammettiamo di aver pensato alla classica “gimmick dimostrativa”, una meccanica quasi da tech demo studiate solo per far provare i mouse in un contesto originale. Invece, abbiamo presto imparato ad apprezzare la varietà della meccanica, andando oltre i preconcetti e scoprendone la profondità. Si inizia strisciando avanti o indietro i Joy-Con, come se stessimo spingendo avanti o indietro le due ruote del nostro mezzo, direzionandolo e facendolo curvare in modo super intuitivo, perché le ruote girano indipendentemente l’una dall’altra. Quindi, se la sinistra è ferma e scorriamo con la destra, facciamo perno e giriamo a sinistra, per esempio. La palla si raccoglie da terra passandoci sopra o vicino, o rubandola a un avversario con uno scontro, rigorosamente frontale. Poi, la si può passare con una pressione dei pulsanti dorsali, o tirare a canestro alzando la mano e inclinando il polso: semplice e immediato. Sono tutti qui i controlli di base, che i più coordinati apprenderanno senza problemi arrivando ben presto a compiere le evoluzioni più complesse, sempre inaspettatamente fluide, come lo Slam Dunk con annesso salto sulla rampa di fine campo.
Infine, solo i più abili sapranno esibirsi in quelli che Drive definisce “trick”, più o meno avanzati, arrivando ad applicarli persino in partita. Se con i freni tirati, per dire, alziamo il Joy-Con sinistro il personaggio tirerà su la ruota sinistra, alzandosi di un po’ e potendo, magari, intercettare un tiro avversario altrimenti irraggiungibile, o lanciare la palla un po’ più lontano.
Ce ne sono molti altri che, con un po’ di pazienza e tentativi falliti, si possono apprendere e sfruttare nel corso delle partite 3v3, la modalità principale, e nel momento in cui si percepisce di avere il pieno controllo su braccia e ruote la soddisfazione si alza parecchio, i canestri fatti aumentano e quelli subiti diminuiscono. I Joy-Con sono precisi sia su superfici perfettamente piatte come tavoli e affini, sia usandoli sulle gambe, sul bracciolo di un divano, ovunque; anche quando li si alza o abbassa per tirare, saltare o altro la Switch non li perde di vista e li traccia con precisione.
Tuttavia, un videogioco come Drag X Drive non può sopravvivere solo con la bontà del suo schema di controlli e del gameplay puro: servono modalità interessanti e diverse, grafiche accattivanti e qualche motivo in più per restare, perfezionando la propria tecnica e diventando “e-sportivi professionisti”. Tutti plus che Drive, purtroppo, non possiede.
Poche modalità e direzione artistica “grigia”
Il più evidente problema di Drag X Drive è la sua mancanza di appeal sul fronte estetico, una carenza inusuale per un gioco Nintendo, solitamente sinonimo di saturazione al massimo e unicità di design. Si pensi al già citato Arms, ai suoi personaggi tutti differenti e ai guantoni equipaggiabili, per comprendere perché il casco solo vagamente personalizzabile e il cambio di colori nei dettagli della nostra sedia, o le tre classi con statistiche differenti per velocità, agilità e peso non siano affatto sufficienti per creare un’esperienza “variopinta” in stile Nintendo.
Le superfici e i materiali tra cui possiamo scegliere per rendere un minimo “nostro” il personaggio sono tutte orientate al realismo, con riflessi, opacità, illuminazioni ed effettistica di valore. Tutto applicato, però, a modelli anonimi e per nulla appariscenti. Ciononostante, il problema più grave è un altro: la carenza di modalità alternative con cui giocare oltre alla principale, i match 3v3 offline, od online. Accedendo all’hub principale, una sorta di skate park con rampe, percorsi a ostacoli e canestri, ci troviamo immediatamente di fronte al campo, da cui scegliere se confrontarci con i 9 livelli di sfida crescente, oppure cimentarci nell’online e scontrarci con persone reali. Le partite contro la CPU sono sorprendentemente sfidanti, perché l’IA che controlla avversari e alleati sfrutta sempre meglio e di più, al crescere del livello, trick e movimenti avanzati, diventando anche più precisa nei tiri, fino a diventare quasi infallibile. È perciò un ottimo allenamento per chi vuol fare sul serio online, dove, se il gioco attecchirà, siamo certi i giocatori più dediti diventeranno ben presto agilissimi e inarrestabili come e più della succitata CPU. Anche perché oltre a continuare l’allenamento nella modalità, nel vuoto skate park del titolo non si può fare molto altro. Certo, ci sono piccole sfide tematiche pensate per farci sfruttare questa o quella movenza, corse a tempo che attraversano la struttura fra salti e rampe, coni da evitare, corde da saltare e vasche di sabbia in cui è meglio non cadere. Però è evidente che si tratta di riempitivi di un “tutorial esteso” che possono tenere impegnati per un tempo ridotto e, se completati, non spronano a ritentarli perché non offrono ricompense oltre alla prima, facilmente ottenibile.
È un po’ uno spreco, perché nello spazio costruito per l’hub si sarebbe potuto aggiungere facilmente un po’ di vita e colore, variare le ricompense e le modalità, aggiungere quel pizzico di usuale vitalità “made in Kyoto” che invece stavolta latita. Anche ragionando sul futuro del gioco dopo il lancio, oltre all’aggiunta di una modalità competitiva con ranghi (che comunque non è stata nemmeno suggerita al momento in cui vi stiamo scrivendo) non ci vengono in mente molti espedienti con cui Nintendo potrebbe tener viva l’attenzione su Drag X Drive, concepito fin dalle fondamenta come un’esperienza concepita per mettere in risalto il suo gameplay. Al punto che non sono stati pensati schemi di controllo alternativi a quello motion, a differenza del più volte nominato Arms, rendendo di fatto Drive un titolo fruibile, lato accessibilità, solo a chi ha piena mobilità e controllo delle braccia, e solo staccando i Joy-Con dal corpo console e stando seduti.