Noah Hawley espande il mondo di Alien con un racconto visivamente potente, ricco di tensione, nuove creature e dilemmi esistenziali, ma basterà a convincere? La nostra recensione di Alien: Pianeta Terra, disponibile su Disney+.
Si può toccare un franchise iconico come quello di Alien rinnovandolo senza stravolgerlo? Con Alien: Pianeta Terra, Noah Hawley (showrunner di Fargo, un’altra serie che arrivava dopo un film) prova a restituire forza e freschezza a una delle saghe di fantascienza più amate di sempre. La nuova serie debutta il 13 agosto su Disney+ con i primi due degli otto episodi disponibili, seguiti da uno a settimana ogni mercoledì. Vale la pena investire qualche ora della calda settimana di Ferragosto nella visione di questa novità? Cerchiamo di tirare le somme e capire quali sono i punti di forza (e quali quelli deboli) di Alien: Pianeta Terra, con la nostra recensione. Si tratta pur sempre della prima storia di Alien ambientata sulla Terra, un dettaglio che da solo dovrebbe incuriosire. Ma basterà?
La trama di Alien: Pianeta Terra, da dove parte la storia
Ambientata nel 2120, due anni prima degli eventi del film originale di Ridley Scott, la serie sposta per la prima volta l’azione sul nostro pianeta, pur mantenendo intatti i tratti distintivi della saga: terrore claustrofobico, creature aliene e una tensione costante che esplode in momenti di pura adrenalina. Il punto di partenza è lo schianto della nave spaziale di ricerca scientifica USCSS Maginot nei pressi di Prodigy City, una megalopoli controllata da una delle cinque corporazioni che dominano la Terra (Prodigy, Weyland-Yutani, Lynch, Dynamic e Threshold). Un gruppo eterogeneo di ibridi, esseri sintetici dotati di coscienza umana, viene inviato per indagare sull’incidente e si ritrova ad affrontare misteriose forme di vita. Tra questi giovani investigatori c’è anche Wendy (Sydney Chandler), prototipo rivoluzionario di ibrido in cui è stata riversata la coscienza di una ragazzina di 12 anni.
I temi etici e del progresso tecnologico mescolati con le atmosfere horror
Uno degli aspetti più riusciti di Alien: Pianeta Terra è la sua capacità di alternare momenti di puro terrore a riflessioni filosofiche sul concetto di umanità, identità e progresso tecnologico. Hawley continua così il discorso aperto da Prometheus e Alien: Covenant lasciandoci interrogare sui limiti che non si dovrebbero oltrepassare. Wendy segna un importante traguardo nella corsa verso l’immortalità intrapresa dal giovane Kavalier (Samuel Blenkin), un genio milionario che ha investito grandi somme su un progetto eticamente discutibile.
Gli ibridi, infatti, non sono altro che bambini terminali trapiantati in corpi robotici adulti. Questo dettaglio, una novità interessante, apre interrogativi inquietanti sull’etica della scienza e sul futuro dell’evoluzione umana. Ma, naturalmente, siamo in Alien e quindi non mancano gli alieni; non solo i temibili xenomorfi, qui più minacciosi che mai, ma anche nuove creature ideate per insediarsi nei nostri peggiori incubi. Alcune sono davvero memorabili per design e modalità di attacco, con sequenze di puro body horror che fanno onore al franchise.
Il cast, con una protagonista rivelazione
Sydney Chandler è una rivelazione nei panni di Wendy: vulnerabile ma determinata, incarna perfettamente il nuovo volto dell’eroina sci-fi, seguendo idealmente le orme di Ellen Ripley senza cercare di imitarla. Il suo personaggio, intrappolato tra l’innocenza dell’infanzia e la brutalità del mondo adulto, è al centro di una storia particolarmente emozionante. Anche Timothy Olyphant, nel ruolo del glaciale sintetico Kirsh, convince, mentre Samuel Blenkin diverte e inquieta nei panni del narcisista Boy Kavalier, CEO della Prodigy Corporation. Il resto del cast, composto da giovani talenti e volti noti, si muove bene in un universo narrativo ricco di sfumature, anche se alcuni personaggi secondari avrebbero meritato più spazio.
La recensione di Alien: Pianeta Terra, un’operazione per gli appassionati
Dal punto di vista visivo, Alien: Pianeta Terra è un gioiello di produzione. I set, le astronavi, i laboratori e gli ambienti urbani hanno un’estetica retro-futurista che richiama l’atmosfera del film del 1979, ma con l’aggiunta di dettagli contemporanei. All’inizio è una serie che colpisce soprattutto per questo, ma poi anche la trama prende forma e, episodio dopo episodio, acquisisce ritmo. Peccato non riuscirsi ad affezionare più di tanto ai personaggi, cosa che dovrebbe essere sempre il valore aggiunto di una serie rispetto a un film.
Comunque Alien: Pianeta Terra riesce a essere fedele al DNA della saga pur provando a esplorare territori narrativi nuovi. Ci sono momenti in cui la serie si prende forse troppo sul serio, inserendo simbolismi e citazioni (come i nomi degli ibridi presi da Peter Pan e tutta la simbologia dell’Isola che non c’è) che sembrano superflui, ma nel complesso la visione di Hawley (un vero e dichiarato fan della saga di Alien) si dimostra coerente, ambiziosa e profondamente rispettosa del materiale originale. Il risultato è uno dei migliori progetti televisivi legati a un franchise cinematografico degli ultimi anni, anche se obiettivamente resta una serie di nicchia che difficilmente riuscirà a convincere un pubblico generalista. E poi, con tutto l’orrore già presente sul nostro pianeta, avevamo davvero bisogno che anche gli alieni ci venissero a far visita? In un mondo che sembra già sul punto di esplodere, Alien: Pianeta Terra ci ricorda che sì, può sempre andare peggio.