Nei giorni scorsi La Stampa ha pubblicato un’intervista all’assessore torinese all’Urbanistica, Paolo Mazzoleni, nel quale sono stati delineati i tratti del nuovo Piano regolatore e sulla sua filosofia. Su questo abbiamo intervistato l’architetto Benedetto Camerana, presidente del Mauto.
«Il nuovo Piano regolatore deve introdurre regole di grande flessibilità per le operazioni che gli investitori vogliono realizzare sul nostro territorio. La velocità è un fattore fondamentale, oggi ci sono troppa lentezza e un numero infinito di varianti urbanistiche». È la visione dell’architetto Benedetto Camerana, presidente del Mauto, per imprimere un’accelerata al futuro sviluppo di Torino.
Perché dice che c’è troppa lentezza?
«Ogni variante urbanistica oggi costa due anni di tempo, è normale che molti investitori si scoraggino. Fino a oggi ci sono state più di 300 varianti nella nostra città, questo perché l’attuale Prg definisce a priori la destinazione che ogni area deve avere. Il punto non è consentire qualsiasi cosa, ma analizzare e creare le condizioni per realizzarla in tempi molto rapidi e con regole flessibili. Credo che l’assessore Mazzoleni stia lavorando in questa direzione, anche perché questo offrirebbe una soluzione anche al problema dei tanti edifici dismessi in città».
Su quali binari pensa che Torino debba far viaggiare la sua crescita?
«Penso all’economia digitale, che in parte rientra nel settore della manifattura, ma porta a una produzione non fisica e immateriale, come la produzione di app, software e piattaforme digitali. Torino ha bisogno di segnali di fiducia che arrivano dalle aziende che funzionano e crescono, ma al contempo bisogna vedere le gru in movimento per costruire spazi adeguati a ospitare queste aziende».
Esistono già degli esempi virtuosi?
«Penso a Reply, che produce servizi e piattaforme digitali ed ha acquistato la caserma De Sonnaz per farne la propria sede, oltre alla palazzina ex Fiat del Lingotto. Oppure a Msc Technologies, la compagnia mondiale della navigazione che sempre al Lingotto ha aperto un centro dove si sviluppano tecnologia e sistemi digitali su trasporti e mobilità, dove lavorano mille persone».
A Torino si stanno creando le giuste condizioni?
«Insieme a un comitato che mette insieme Politecnico, Ogr, Environment Park, InfraTo, New Cleo e AI4Industry, abbiamo proposto il progetto dell’Innovation Mile, che è già stato fatto proprio dal Piano regolatore in definizione».
Di cosa si tratta?
«È un progetto che si propone di realizzare in due aree importanti e centrali della città, come quelle di Porta Susa e di corso Principe Oddone lungo il viale della Spina, due centri di ricerca digitale avanzata, per dar vita a una nuova economia digitale. A fine anno lanceremo una call per intercettare investitori che vogliano credere in questo progetto».
Il Prg deve anche ricucire le distanze fra periferie e centro?
«Il nuovo Piano regolatore nasce sulla linea 2 della Metro, per collegare le periferie Nord e Sud della città. La linea sotterranea dovrà garantire un trasporto pubblico moderno e soprattutto sicuro. Oggi alcune linee importanti, ad esempio la 4, vengono considerate poco sicure dai cittadini».
Lo stadio Grande Torino è al centro di un dibattito: come bisognerebbe valorizzare quell’impianto?
«Su quella struttura ci sono un vincolo e un’opportunità. Il vincolo è quello che grava sullo stadio, che non può essere ridisegnato liberamente, quindi non può essere demolito e ricostruito completamente come è successo per l’impianto della Juventus».
E qual è opportunità?
«La sua posizione è eccezionale e molto interessante per farne uno stadio urbano, ad esempio come quelli nati nelle città di Basilea o Berna, che offra una serie di servizi rivolti alla città: un hotel, un piccolo mall commerciale per il turismo e l’economia locale, un museo. Un insieme di funzioni complementari rispetto al palazzetto dell’Inalpi Arena. Quindi penso a uno stadio rinnovato con funzioni aggiuntive, che possa vivere per tutta la settimana e non soltanto per la partita di calcio. In questo modo Cairo potrebbe operare una bella crescita».