Si sa, c’è qualcosa di religioso nel modo in cui i tifosi della Formula 1 amano il loro sport. Una prova – lampante – l’abbiamo avuta grazie a un’asta di memorabilia, quella conclusa poco tempo fa da F1 Authentics. Un atto d’amore, un pellegrinaggio laico verso un altare fatto di carbonio, gomma e sogni. Un’asta che ha visto una McLaren MP4-26 Show Car venduta per 244.375 sterline, un paio di guanti di Michael Schumacher del 1996 per 12.190, una tuta di Max Verstappen del 2022 per 46.288. Cifre che sembrano folli, finché non ti fermi a pensare che non si tratta di semplici oggetti, ma di frammenti di storia, reliquie di un’epopea che continua a incantare milioni di persone.

La McLaren MP4-26, per esempio, è il simulacro di un’era, quella dei motori V8, delle curve affrontate al confine dell’impossibile, delle rimonte leggendarie come quella di Button in Canada, da ultimo a primo sotto un diluvio. È un oggetto che parla, che racconta di pole position, di sorpassi al Nürburgring, di podi sudati e conquistati. Chi l’ha comprata si è portato a casa un pezzo di anima di questo sport.

E poi ci sono i guanti di Schumacher, rossi come il cuore della Ferrari, consumati dal grip sul volante nel 1996, l’anno in cui il Kaiser iniziava a tessere la sua leggenda a Maranello. O la tuta di Verstappen, che porta ancora l’odore della stagione 2022, quella dei quindici trionfi, del dominio quasi disumano di un pilota che sembra guidare con la precisione di un algoritmo e il cuore di un leone. O ancora, gli stivaletti di Leclerc, il predestinato, che nel 2022 ha fatto sognare i tifosi della Rossa con le sue pole position e le vittorie in Bahrain, Australia, Austria. Ogni oggetto è un portale, un varco verso un momento preciso, un Gran Premio, una curva, un sorpasso che ha fatto trattenere il fiato a milioni di spettatori.

Ma perché, mi chiedo, spendere decine di migliaia di euro per un paio di guanti distrutti, una tuta, un’auto che non correrà mai? La risposta è semplice, eppure sfuggente: perché la Formula 1 è un sentimento. È l’adrenalina di chi si sveglia all’alba per vedere un Gran Premio dall’altra parte del mondo. È la discussione infinita su chi sia il più grande di tutti i tempi, tra Senna, Schumacher, Hamilton o Verstappen. È il rombo che ti entra nelle ossa, il brivido di una staccata al limite, la tensione di un pit stop che può cambiare tutto. I tifosi non comprano oggetti: comprano un pezzo di quella magia, un frammento di quella tensione, un modo per sentirsi più vicini a un mondo che, pur nella sua esclusività, appartiene a tutti loro.

Ma l’asta di F1 Authentics, con i suoi numeri da capogiro, ci dice anche altro. Ci parla di un’epoca in cui la Formula 1 era considerata “vera” e i tifosi oggi si sentono custodi di una storia che non vogliono lasciare svanire. È il paradosso di uno sport ipertecnologico, fatto di milioni di dollari e innovazioni al confine della fantascienza, che però vive nella nostalgia dei tempi passati. Ecco perché ogni vite, ogni alettone, ogni firma su un guanto è un pezzo di quel mosaico che i tifosi, con il loro amore, continuano a comporre.

vincenzo.borgomeo@formulapassion.it