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Alessio Ribaudo e Giulia Mietta
Dopo le denuncedella vittima, 54 anni, Umberto Efeso non poteva avvicinarsi
«Buongiorno, ho ucciso la mia ex moglie. Sto andando a costituirmi alla stazione dei carabinieri di Ceparana». L’agghiacciante telefonata, arrivata ieri al 112, ha chiuso la fuga di Umberto Efeso, 57 anni, autotrasportatore, durata appena un’ora. Poco prima era uscito di casa dopo essersi lavato, cambiato e aver seppellito il coltello a serramanico usato per colpire a morte Tiziana Vinci, 54 anni, collaboratrice domestica. La donna era uscita come ogni mattina per lavorare nella villa di un imprenditore del settore spedizioni, sulla collina di Ceparana, tra dimore di pregio con vista sul golfo da Lerici a Portovenere. Non poteva immaginare che l’ex marito sarebbe arrivato fin lì.
Il trasferimento e le denunce
Lo scorso maggio si era trasferita a La Spezia da uno dei sei figli, lasciando la casa di famiglia: non sopportava più litigi, maltrattamenti e l’ossessivo controllo di lui. A giugno aveva denunciato tutto. Era scattato il «Codice rosso»: Efeso era stato obbligato a indossare un braccialetto anti-stalking per monitorarne gli spostamenti. Un mese dopo, il questore della Spezia aveva firmato un ammonimento formale a non avvicinarsi.
Il braccialetto malfunzionante e il delitto
Quel braccialetto, però, da dieci giorni funzionava male. I carabinieri del comando provinciale, che seguivano il caso, se ne erano accorti e avevano «prontamente segnalato» le anomalie all’azienda incaricata di gestione e manutenzione. Ma il dispositivo non era stato né revisionato né sostituito.
Ieri mattina Efeso si è messo in tasca un coltello a serramanico ed è salito in auto. Poco dopo le 11 ha varcato il cancello della villa dove erano in corso piccoli lavori estivi. In passato aveva collaborato lì come tuttofare: nessuno si è insospettito della sua presenza. Ha raggiunto Tiziana, è nato l’ennesimo diverbio. Poi ha estratto il coltello e l’ha colpita mortalmente all’addome, allo sterno e al fianco. Un’altra collaboratrice, attirata dalle urla, ha assistito alla scena.
Efeso è fuggito in auto, lei ha dato l’allarme. In pochi minuti il 118 era sul posto, ma le ferite erano troppo gravi: la donna è morta. I militari, sino a ieri notte, non hanno ritrovato il dispositivo con Gps che viene fornito alle vittime di stalking: serve ad avvertire tempestivamente se il molestatore si avvicina oltre i limiti consentiti e allerta le forze dell’Ordine. Si indaga per capire se l’avesse dimenticato o se sia stato occultato dall’omicida. La successiva caccia all’uomo è finita un’ora dopo la chiamata dalla caserma di Ceparana: «Efeso è qui». Si era costituito dopo essersi strappato il braccialetto anti-stalking. Poi l’interrogatorio e la confessione davanti agli inquirenti.
Le polemiche
L’ennesimo femminicidio ha sollevato polemiche. «Ho depositato un’interrogazione ai ministri della Giustizia, Carlo Nordio e dell’Interno, Matteo Piantedosi — dice Pierantonio Zanettin, capogruppo di FI, in commissione Giustizia al Senato —. Va chiarito se sia stato fatto davvero tutto il possibile per proteggere la vittima. Questi episodi sconcertanti ci fanno capire che anche norme in apparenza perfette si scontrano con inaccettabili carenze applicative». La capogruppo di Italia viva al Senato, Raffaela Paita, rincara: «Da mesi ci sgoliamo con il governo per segnalare difetti nel funzionamento dei dispositivi ma i nostri alert sono stati sistematicamente ignorati: è gravissimo». Dal Pd, la deputata Valentina Ghio sottolinea: «Non basta aumentare le pene, bisogna intervenire sull’attuazione delle misure di protezione delle donne e sulla prevenzione».
14 agosto 2025 ( modifica il 14 agosto 2025 | 08:30)
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