TREVISO – «Al Palaverde ho giocato più volte da avversario: poterlo assaporare ora con la maglia di Treviso, mi dà una carica super». Federico Miaschi è uno dei volti nuovi e uno degli elementi portanti del pacchetto italiano della Nutribullet 2025-26. Esterno dal fisico prestante (2 metri d’altezza) e dall’eccellente tiro, primo “millennial” a esordire e segnare in Serie A (con la Reyer, con cui ha compiuto buona parte del cursus giovanile, il 22 gennaio 2017 nel match contro Cantù), il 26enne di Chiavari, è uno degli emergenti del campionato: nella scorsa stagione, a Scafati, ha realizzato 7,1 punti di media, con il 53.4% da 2, il 30.1% da 3 e l’81.3% ai liberi in 28 gare giocate.
APPROFONDIMENTI
Cosa l’ha spinta a scegliere Tvb?
«La trattativa con è durata pochissimo: a dire il vero, non avevo davvero bisogno di ulteriori grossi stimoli, oltre alla possibilità di giocare in una piazza e in un club come Treviso. Abbiamo parlato con coach Rossi e con il gm Pasquini e in paio di giorni abbiamo chiuso l’accordo. Ora che si avvicina l’inizio della stagione, le sensazioni sono bellissime».
Coach Rossi le ha chiesto un apporto specifico?
«Mi ha spiegato la sua idea di squadra, basata in primis sul lottare in ogni partita. Mi ritrovo in questa filosofia: anche a Scafati, il mio obiettivo era provare a cambiare l’inerzia della partita in uscita dalla panchina. Come ho detto al coach scherzando, anche se io non ho mai giocato per lui e lui non mi ha mai allenato, ormai ci conosciamo molto bene dal punto di vista tecnico, essendoci affrontati tante volte, in A2, in questi anni. A un certo punto, c’era stata anche la possibilità che io potessi andare a giocare per lui a Rieti».
Come si descriverebbe come giocatore?
«In A2 avevo più possibilità di prendermi responsabilità in attacco. In Serie A è un po’ diverso, per fisicità e ruolo. Energia e tiro sono tra le mie caratteristiche migliori: cercherò di metterle a frutto, in una squadra con tanto talento come Treviso».
Aveva già assaggiato la Serie A con Pesaro, nel 2019-20, prima della sospensione per il Covid. Dopo 4 campionati di fila in A2, ci è tornato la scorsa annata a Scafati. Questa la stagione della definitiva consacrazione?
«Me lo auguro. Ma non ci penso: ho grande entusiasmo e voglio dare il massimo per fare al meglio quello che il coach mi chiederà. Poi sarà il campo a emettere il verdetto».
Ritroverà Pinkins, suo compagno anche in Campania.
«Era il nostro capitano. Ci siamo sentiti durante l’estate, anche lui è supermotivato. Felice di ritrovarlo: è una persona super. Degli altri ho scambiato qualche chiacchiera con Chillo e Pellegrino, in occasione delle varie partite in cui abbiamo giocato contro negli anni scorsi».
Per lei il basket è un affare di famiglia: suo papà è stato un giocatore e anche i suoi fratelli minori gemelli giocano. E’ stato importante questo imprinting?
«Al 100%. Da piccolo volevo giocare a calcio (è grande tifoso del Genoa, ndr), invece proprio per questo imprinting è stato decisivo per farmi innamorare del basket. Il giorno dopo la partita ci confrontiamo sempre, ma con molta tranquillità».
L’estate scorsa ha fatto parte del gruppo allargato della nazionale per la preparazione in vista del Preolimpico. L’azzurro resta uno degli obiettivi?
«È uno dei miei sogni, come credo per ogni giocatore. Lo era fin da prima di partecipare a quel raduno e quelle due settimane in Trentino lo hanno rafforzato ancor più: quando sei all’interno, ti rendi conto che è davvero un ambiente molto sano e stimolante, dove ciascuno, dal più giovane al più esperto, dà tutto per la maglia».
Un pronostico per i prossimi Europei?
«Sto seguendo le amichevoli, ma meglio non far pronostici, li sbaglio sempre. Spero in una medaglia, ma sarà bella tosta».