Il ciclismo italiano continua a scommettere sul futuro, e lo fa partendo da una base solida: il settore giovanile e, soprattutto, la pista. Abbiamo raggiunto telefonicamente Dino Salvoldi, che ci ha raccontato il processo di reclutamento dei giovani talenti, l’importanza dello sviluppo della velocità, il sogno olimpico verso Los Angeles 2028 e il futuro del quartetto maschile, che potrebbe presto accogliere i protagonisti del record del mondo juniores stabilito lo scorso anno. Al centro del confronto anche il ruolo di Simone Consonni come possibile erede di Elia Viviani nelle specialità endurance, e la speranza di rivedere in azzurro campioni del calibro di Filippo Ganna e Jonathan Milan. Non solo pista, però: Salvoldi segue da vicino anche il settore strada, in particolare tra gli juniores, di cui è commissario tecnico. Insieme a lui abbiamo approfondito i nomi più interessanti in vista del Mondiale su strada, discusso del caso Lorenzo Finn dopo il Giro Next Gen e fatto il punto su chi potrebbe affermarsi nelle corse a tappe e nelle classiche monumento.
I recenti Europei U23 hanno confermato la bontà del settore su pista dell’Italia: come avviene il processo di reclutamento di queste nuove leve?
“Il gap con il mondo élite è ancora piuttosto marcato, inutile nasconderlo. Abbiamo giovani molto promettenti, alcuni dei quali possono crescere bene, ma al momento c’è ancora parecchia strada da fare. Il nostro processo di reclutamento è strutturato: si basa su valutazioni che effettuiamo in due momenti chiave, alla fine della stagione — entro ottobre — e poi nuovamente verso la fine di gennaio. In queste fasi andiamo a monitorare in modo approfondito gli atleti più interessanti. In particolare, convochiamo i primi quattro classificati dei Campionati Italiani Allievi di tutte le specialità, e chiediamo anche ai tecnici regionali di segnalarci un pari numero di nomi, con un’attenzione specifica per chi ha già esperienza in pista. In totale testiamo mediamente una quarantina di atleti. Da queste prime osservazioni selezioniamo un gruppo iniziale di circa 25 ragazzi, tra Juniores di primo e secondo anno. A loro chiediamo un impegno preciso: frequentare almeno una volta a settimana il velodromo di Montichiari da dicembre fino alla fine dell’anno scolastico. È un percorso impegnativo, ma è fondamentale per valutare la loro costanza e la predisposizione a lavorare su pista. Questo gruppo si evolve nel corso della stagione: alcuni si perdono durante l’anno, altri si aggiungono grazie a buone prestazioni o segnalazioni tecniche. È un sistema dinamico, che ci consente di costruire un vivaio solido e motivato.”
Cosa dobbiamo aspettarci in vista dei Mondiali élite su pista? Sarebbe sbagliato pensare alle medaglie o questo gruppo giovane potrebbe stupire?
“In questo momento è importante essere realisti. Parlare di medaglie è prematuro: il gruppo è giovane, ha entusiasmo e potenziale, ma serve ancora tanto lavoro. Non bisogna dimenticare che veniamo da anni in cui l’Italia è stata ai vertici della pista mondiale, quindi l’asticella è alta. Tuttavia, i cicli cambiano e dopo un periodo d’oro bisogna avere pazienza per ricostruire. L’obiettivo ora è consolidare una base, far crescere i ragazzi con metodo e visione a lungo termine. Solo così potremo tornare ai livelli a cui eravamo abituati.”
Costa, Stella, Magagnotti, Fantini e Sporzon: questo era il quartetto che nel 2023 ha stabilito il record del mondo juniores. Come procede la crescita di questi ragazzi?
“Il passaggio al mondo élite non è mai semplice. Alcuni si sono adattati bene e con maggiore rapidità, dimostrando di avere già le qualità per affrontare competizioni di alto livello come un Mondiale. Altri invece hanno bisogno di più tempo, ed è del tutto normale. La difficoltà maggiore sta nel riuscire a garantire continuità agli allenamenti specifici su pista, che sono essenziali, ma spesso complicati da incastrare in un calendario su strada molto fitto. Devo dire però che, per quanto possibile, ho trovato disponibilità e spirito collaborativo da parte delle squadre, anche se spesso serve trovare dei compromessi piuttosto che una condivisione totale del progetto. Purtroppo non basta avere l’atleta a disposizione solo per il Mondiale: se durante l’anno non riesce mai ad allenarsi in pista, il rendimento ne risente inevitabilmente”.
Senza Elia Viviani, toccherà a Simone Consonni fare da ponte tra la nuova e la vecchia generazione nelle specialità endurance come Omnium e Americana?
“Mi auguro sinceramente che Elia, magari in un altro ruolo, non si allontani definitivamente dal mondo della pista. La sua esperienza e il suo carisma possono ancora essere un valore aggiunto per il gruppo. Quanto a Simone, al netto di questa stagione in cui si è concentrato prevalentemente sulla strada, resta un punto di riferimento. È motivatissimo a tornare competitivo anche su pista e sono fiducioso che presto lo rivedremo protagonista. La sua presenza può davvero rappresentare un collegamento importante tra le due generazioni, aiutando i più giovani a crescere e trovare fiducia”.
Hai la speranza che Ganna e Milan tornino a disposizione verso Los Angeles 2028?
“Assolutamente sì. Ganna e Milan sono due fuoriclasse, due colonne che hanno fatto la storia recente del ciclismo italiano, e la loro presenza sarebbe determinante per affrontare un evento come le Olimpiadi. Detto questo, il nostro compito è quello di far crescere i giovani a prescindere dalla disponibilità dei big, perché la base deve essere solida in ogni caso. Tuttavia, se riuscissimo a combinare la nuova generazione con l’esperienza e la classe di atleti come Ganna e Milan, potremmo davvero ambire a risultati straordinari. Va ricordato però che la parte più difficile è la qualificazione olimpica, che dovrebbe iniziare già con i Mondiali del 2026”.
Venendo al settore juniores su strada, quali nomi sono emersi in vista di un Mondiale con un percorso molto impegnativo?
“Purtroppo potremo portare solo tre corridori, ed è davvero un peccato perché ci sono molti ragazzi che meriterebbero l’opportunità. Il livello medio è buono, ci sono diversi profili interessanti. Tra i nomi che tengo particolarmente d’occhio ci sono Capello, Agostinacchio, Proietti, Rosato e Frigo. Tutti hanno caratteristiche che possono adattarsi bene a un percorso duro come quello previsto per i Mondiali. Dovremo fare delle scelte, e non sarà facile, ma è una bella responsabilità.”
Ti aspettavi qualcosa di più da Lorenzo Finn al Giro Next Gen?
“Sinceramente sì, ma è anche vero che il suo rendimento è stato fortemente condizionato da dinamiche di squadra. Ha corso in funzione del suo compagno Tuckwell, facendo un lavoro di supporto importante, quindi il risultato finale non riflette pienamente il suo reale valore. Per me Finn è un corridore fortissimo, forse anche più completo di un talento come Widar. Ha tutto per imporsi e credo che in futuro lo vedremo protagonista assoluto.”
Nella categoria juniores stanno emergendo corridori adatti alle corse a tappe o alle Classiche monumento come Liegi e Lombardia?
“Sì, ci sono diversi ragazzi che stanno mostrando qualità interessanti. Capello, ad esempio, può essere un nome da tenere d’occhio in ottica corse a tappe, pur avendo caratteristiche diverse rispetto a Finn. Per quanto riguarda le Classiche Monumento, è ancora presto per fare previsioni: sono corse durissime e molto particolari. Tuttavia, un ragazzo come Magagnotti, che ha una grande velocità, ha margini importanti. Mi auguro che non venga etichettato semplicemente come uno ‘sprinter’, perché ha le qualità per diventare molto di più”.