di Maria Luisa Agnese
Anna è nata nel 2022, quando l’attrice di Come tu mi vuoi (e non solo) aveva 42 anni: «Il mio rimpianto è non averla avuta prima, l’avrei circondata di fratelli e sorelle. Ma sono riuscita lo stesso a costruirle intorno una famiglia numerosa, come sarebbe piaciuto a me»
È sera, la bimba sta per addormentarsi e chiede via iPad una favola alla mamma che lavora lontano. E la mamma pesca nei ricordi familiari e comincia a raccontare la storia della bisnonna Vittoria, una mamma privilegiata ma che durante la guerra anche se viveva a palazzo Pitti, in quanto moglie del sovrintendente, si trova nel rifugio con la servitù sotto i bombardamenti di Firenze del 1943 e lì il dolore mischia le carte, si accorciano le distanze, la signora finisce ad allattare i figli della balia. Un incontro a distanza fra generazioni lontane nel tempo in un monologo teatrale dal titolo La Balia dei vinti dove l’attrice Cristiana Capotondi interpreta tante voci e che scatena impreviste identificazioni, alleanze, solidarietà fra le donne di oggi e quelle di ieri. Quasi vent’anni dopo Come tu mi vuoi, la ragazza che si trasformava per piacere agli altri vuole conquistare soprattutto sé stessa.
Per lei Cristiana, dopo tanto cinema e tv, da Notte prima degli esami fino a Margherita delle stelle, è anche la prima volta a teatro?
«Sì, avevo bisogno di misurarmi col teatro. Erano tanti anni che avevo voglia di farlo. Un desiderio misto alla paura di non reggere l’emozione, ho persino sognato di dimenticare il testo, di non riuscire ad andare avanti con lo spettacolo. Non mi sentivo pronta. Poi quando Anna, mia figlia, era già nata, mi arriva questo testo delicato e movimentato, un monologo con dentro tanti personaggi. Una lettura di come la Storia con la maiuscola trasforma la vita delle persone e le loro storie con la minuscola. E mi è tornata la voglia di provarci, mi sono lanciata. Perché devo avere paura di una cosa che desidero?».
L’arrivo di Anna è stato fondamentale, ha portato sicurezza, una svolta?
«Sì, questo strappo è venuto con Anna, credo che i bambini ti diano questo slancio, oltre a tante responsabilità, ti fanno scoprire di avere una forza che non sapevi di avere. Quando una persona diventa genitore si trasforma e riesci a tenere tante cose insieme».
Come nel film Come fa a far tutto, un racconto esplorativo di queste possibilità.
«Sì, la maternità ha tanti aspetti ma certamente moltiplica le possibilità per tutte e non solo per chi ha la fortuna di fare un lavoro che è anche passione.
I figli sono portatori di energia».
Per lei la maternità è arrivata 42 anni, in zona Cesarini. Per un’urgenza, un desiderio di vita, per cui ha fatto una figlia fuori dalla coppia tradizionale.
«Più che in zona Cesarini, ai tempi supplementari. A un certo punto il tempo accelera senza che te ne accorgi sai, ti trovi dentro un’urgenza senza saperlo, hai trascorso tanti anni a dire prima o poi e improvvisamente ti trovi nel poi. Rispetto la scelta di chi non desidera avere figli, di chi ha un progetto di vita diverso: per questo non voglio dar consigli, ma dico di tenerlo presente».
La maternità non è un destino, ma libertà di scegliere.
«E qui ci sarebbe da fare un ragionamento sul sistema sociale sul perché molte donne rinunciano alla maternità. Non tutte le donne scelgono di non diventare madri e chi lo desidera deve poterlo diventare. Il Paese Italia non aiuta, in Francia e in Germania per esempio i tassi di natalità sono diversi. Solo al Sud da noi va un po’ meglio, perché persiste il sistema familiare. E invece sarebbe interesse di un intero Paese. Anche come politica per il futuro: la mia generazione affronterà la terza età senza figli, chi si prenderà cura di loro? Io credo che sia già un’emergenza e spero che la politica se ne stia occupando».
Certo che anch’io, che non sono riuscita a diventare madre, sento come una mancanza, una nostalgia per non aver esplorato questo percorso biologico che ci è dato come dovere verso la specie.
«Una delle cose più belle di questa maternità tardiva è stata quella di raccogliere le storie di tante donne, di come sono diventate o non diventate madri: racconti di attese, di sofferenze, di speranze, di accettazione. Racconti esilaranti: la paura del parto, il corso preparatorio via zoom, le vesciche piene… Racconti di solidarietà e alleanze in percorsi difficili. A teatro ci starebbero benissimo. E poi io la capisco: prima di Anna mi mancava l’idea di poter abbracciare una bambina che ti corre incontro… Ma credo che chi non riesce a diventare madre non si debba disperare. Ci può essere grande accettazione: la sorella della mia nonna materna, zia Marcella, non era diventata madre ma è stata una madre amorevole verso i suoi nipoti e pronipoti. La notte in cui è morta io l’ho sognata che si addormentava sorridendo».
Questo descrive bene l’alleanza che si crea o si creava fra donne, anche con quelle che non erano madri biologiche.
«È quel sistema familiare che mi manca, quelle figure che c’erano in famiglia e che diventavano figure chiave nella vita delle persone».
E ora non ha paura di chiudersi in una bolla con lei, di intrappolarla nella diade madre/figlia?
«No, perchè cerco di ricostruirlo quel sistema intorno a mia figlia. Mia mamma purtroppo è mancata un anno fa, ma c’è mio papà, mia zia, mia sorella, mia nipote, le mie cugine, il padre di Anna, il suo padrino e la sua madrina: cerco di stare lontana dalla diade. Credo che una genitorialità allargata dia il senso di famiglia, spero che Anna nella sua vita possa trovare figure di riferimento, donne e uomini, che sia una bimba aperta. Pensi che è stata battezzata da Monsignor Vincenzo Paglia con il quale io avevo fatto Comunione e Cresima e che aveva battezzato mia mamma da grande: lei era ebrea, mio padre cattolico, e lo ha fatto per un’idea di futuro “eterno” condiviso con papà».
Non ha paura del rapporto troppo esclusivo, quindi?
«Anna è attaccata a me come io lo sono a lei. I primi due anni della sua vita ho un po’ rallentato con il lavoro, ho tenuto solo quello che mi dava una gioia irrinunciabile, perché volevo vederla crescere. E poi io sono per i rapporti esclusivi, io avevo rapporti esclusivi con mio padre e con mia madre, se telefonavo a mia madre e mi rispondeva mio padre dicevo ho bisogno di parlare con la mamma, e viceversa. Anche in amore sviluppo rapporti totalizzanti. Non mi spaventa se mia figlia esplora altre relazioni, cerca legami con altre persone, non sono gelosa. Farei il suo male. Ho avuto solo due storie importanti nella mia vita, prima dell’ arrivo di Anna, in cui ho totalmente amato e sono stata totalmente riamata. Io costruisco relazione solo dove sento piena comunanza di valori, di visione della vita, dove non ho paura di progettare».
Si riferisce al fidanzato di gioventù e poi ad Andrea Pezzi, una lunga relazione finita prima della nascita di Anna.
«Sì, mia figlia è nata a Milano, in Mangiagalli, tre giorni dopo il mio compleanno, lei dice “son milanes”. Abbiamo tantissimi affetti a Milano, gli amici del cuore e compagni delle mie avventure preferite, quelle maschili».
A partire dal calcio.
«Andavo a vedere le partite da piccola allo Stadio Olimpico con mio padre. Noi siamo romanisti per tradizione: siamo trasteverini e se lì nasci laziale è un problema, ti devi traferire. Poi in adolescenza a scuola ho cominciato a giocare nei tornei interscolastici con la Figc. Una volta per una partita a Cassino noi del liceo Kennedy abbiamo litigato con l’altra squadra, l’arbitro non sapeva più come fare. In campo, negli spogliatoi, non la finivamo più. Capita anni e anni dopo che vado a fare una presentazione de I Vicerè con Roberto Faenza, si alza un ragazzo e dice: “Ti ricordi di me, sono l’arbitro della partita di Cassino”. E io, terrorizzata che raccontasse qualcosa, dico “Ciao, non dire niente, mi ricordo benissimo”. Che ridere!».
Adesso c’è grande passione per il calcio femminile, in Inghilterra il tifo ha contagiato anche la piccola principessa Charlotte.
«Gli anglosassoni hanno una buona tradizione, in America è il primo sport fra le ragazze. E la nostra squadra ha fatto un percorso straordinario. Hanno giocato un calcio bellissimo».
E l’arbitra le è piaciuta?
«Ma il calcio femminile non si tormenta troppo per l’arbitraggio, se la giocano!».
Come si concilia la calciatrice accanita con l’attrice dotata di una grazia naturale che regge lo strucco, virginale ancora a 42 anni?
«Dipende dai buoni pensieri, ci sono momenti virginali, altri meno. La grazia, se c’è, è un dono di natura, come l’ironia. E poi anch’io qualcosa faccio: per esempio sono tantissimo lentigginosa e con la maternità ero diventata tutta una lentiggine, alcune le ho tolte con il laser».
Peccati veniali, almeno secondo Jamie Lee Curtis, che sarà la prossima Signora in giallo, e che di recente sul Guardian ha parlato di intere generazioni sfigurate, spingendosi in modo forse eccessivo a parlare di «genocidio culturale».
«Mah, intanto sono convinta che ognuno è libero di fare le sue scelte».
Sì, però il sistema condiziona. Isabella Rossellini considera la chirurgia plastica una nuova conseguenza della misoginia, come quando fasciavano in Cina i piedi alle bambine, per un ideale di bellezza.
«Non credo sia solo il problema di come il maschile o gli altri ti vogliono vedere, credo che dipenda dalla voglia di fermare il tempo che passa, è uno spostamento di un desiderio interiore. Ci sono anche i filtri dei social a condizionarti, non solo gli uomini. La riflessione più interessante sulla chirurgia l’ho sentita da un’amica più grande con la quale commentavamo un volto stravolto. Lei diceva: “Deve avere avuto un momento di tristezza”. Detto questo, vedo parecchi uomini con facce stravolte».
Intende dire che ci sono momenti di fragilità per tutti e tutte?
«La verità è che cerchiamo continue conferme negli specchi. Certe volte mi guardo e quello che vedo nello specchio è la rappresentazione estetica della mia giornata No. E va tutto male, i capelli, la rughetta, le borse, non solo le emozioni… dipende all’umore, ti si altera la rappresentazione della realtà. La società ha perso il valore della terza età, per gli uomini e per le donne. Non esiste più l’idea che la vita abbia delle stagioni. L’altro giorno ho visto Irene Ghergo, autrice tv e donna intelligente, vivace. Eravamo in sei a tavola, a casa di Enrico Lucherini che era appena mancato, diceva solo cose interessanti, e noi zitti ad ascoltarla. Dipende cosa vuoi da una donna: la volubilità di una ventenne non la cerchi in una 50enne. E da (quasi) 50enne mi sentirei umiliata a rincorrere la me ventenne, l’ho già vissuta e devo dire che ne ho avuto abbastanza. Ricordo che una volta sul set con Mariangela Melato, le ho detto: “Che gambe che hai!” e lei: “Non sai come le avevo da ragazza!”. Figurati, per me era perfetta. Donne così sanno interpretare le diverse stagioni».
Cosa la preoccupa di più per sua figlia?
«Sono molto preoccupata per i social: spero che ci sia davvero un Millennium bug. Che a un certo punto si spenga tutto. Tu cerchi di portare dentro modelli diversi per compensare, ma non basta. Mia figlia non sa cosa sia lo smartphone. A 3 anni se prende in mano il telefonino dice: “Mamma, devo fare una chiamata di lavoro”. Piuttosto che darle l’iPad per farla stare buona a tavola, rinuncio ad andare fuori a cena. Gli studi confermano che il precoce utilizzo dei supporti digitali mette a repentaglio la capacità conoscitiva del soggetto e si parla di farli vietare sino a 16 anni».
Dovesse tornare indietro farebbe un figlio/a prima?
«Sì, per avere tempo di farne altri, altri, altri… A me manca l’idea delle famiglie numerose».
CHI E’
La vita
Cristiana Capotondi è nata a Roma il 13 settembre 1980. Ha una figlia, Anna, nata nel 2022
la carriera
L’attrice e imprenditrice culturale debutta negli Anni 90 in serie tv e spot. Seguono ruoli accanto a Stefano Accorsi e Massimo Boldi in Vacanze di Natale. Nel 2006 viene candidata per la prima volta ai David di Donatello come Miglior attrice protagonista per l’interpretazione in Notte prima degli esami. Condivide il set con Nicolas Vaporidis, con il quale reciterà anche in Come tu mi vuoi. Nel 2011 affianca Fabio De Luigi nel film La peggior settimana della mia vita, nel 2013 Pif in La mafia uccide solo d’estate. Del 2016, alcune serie Rai e il premio per Migliore attrice protagonista al Roma Fiction Fest. È stata anche doppiatrice. Insieme con Cristiana Mainardi ha ideato nel 2015 FuoriCinema, una maratona non stop di incontri diurni e proiezioni notturne attorno al mondo del cinema, dello spettacolo, della cultura e dell’informazione
14 agosto 2025 ( modifica il 14 agosto 2025 | 13:29)
© RIPRODUZIONE RISERVATA