Netanyahu ha iniziato colloqui con cinque Paesi per trasferire la popolazione palestinese. Al momento esclude soluzioni politiche mentre i negoziati in stallo. Ecco cosa avrebbe in mente
La soluzione dei due stati tra Israele e Palestina è «morta e sepolta», parola di Bezalel Smotrich. Il ministro delle Finanze, nonché esponente dell’estrema destra israeliana, ha annunciato la costruzione di oltre 3.400 nuove unità abitative nella regione East 1 della Cisgiordania, all’interno del comune israeliano di Ma’ale Adumim e a due passi da Gerusalemme Est. La zona E1 ospita una delle più grandi centrali di polizia dello Stato ebraico nonché numerosi insediamenti di comunità beduine. Così, di fatto, la Cisgiordania verrebbe divisa nettamente in due, «impedendo lo sviluppo dell’area metropolitana tra Ramallah, Gerusalemme Est e Betlemme», è la denuncia dell’organizzazione Peace Now. Al momento, però, dl governo no è arrivata alcuna conferma ufficiale del piano.
I colloqui per il trasferimento di palestinesi
Secondo fonti diplomatiche citate dall’emittente israeliana Channel 12, il governo di Benjamin Netanyahu starebbe lavorando da mesi a colloqui con Sud Sudan, Indonesia, Somaliland, Uganda e Libia per il trasferimento dei palestinesi, sulla scia di quanto proposto nel piano Trump. Il Sud Sudan ha smentito qualsiasi coinvolgimento, ma proprio lì si troverebbe in questi giorni il viceministro degli Esteri israeliano Sharan Haskel. Mentre il piano trapela, Israele si prepara alla nuova offensiva di terra verso Gaza City. Il premier Netanyahu, intervistato da Newsmax, ha escluso qualunque arretramento: «La chiamano ‘soluzione politica’, ma non accadrà. Significa sconfitta e resa». Una linea dura che ha provocato tensioni interne anche con i vertici militari.
Zamir approva il piano, ma le fratture restano
Il capo di Stato maggiore Eyal Zamir ha approvato le linee guida dell’operazione per conquistare Gaza City, discusse in un incontro con ufficiali e rappresentanti dello Shin Bet. L’esercito conferma l’avvio di nuove operazioni nel quartiere di Zeitoun, ma precisa che l’inizio dell’assalto non è immediato. Zamir, inizialmente contrario per la scarsità di militari e il rischio per gli ostaggi, è stato duramente attaccato dal ministro della Difesa Katz e dal ministro della Sicurezza nazionale Ben Gvir, che ne ha chiesto le dimissioni. Intanto la commissione della Knesset non è riuscita a votare il reclutamento di oltre 400mila riservisti per mancanza di maggioranza.
Il nodo dei negoziati e gli ostaggi
Al Cairo si tenta di riavviare un dialogo in stallo. Hamas vorrebbe tornare alla proposta di maggio, tregua di 60 giorni, rilascio graduale di ostaggi e prigionieri palestinesi, ritiro progressivo delle truppe, che Israele aveva già accettato ma che il gruppo aveva respinto con modifiche e veti. Oggi, Israele e Stati Uniti chiedono che i 50 ostaggi, vivi e morti, vengano liberati tutti insieme: un punto che blocca le trattative.