Qualche giorno fa, Communication Medicine (gruppo Nature) ha pubblicato uno studio svizzero che analizza la correlazione tra stato vaccinale anti-COVID e insorgenza di sindromi simil-influenzali nel personale sanitario.
Lo sintetizzo, è consultabile al link https://www.nature.com/articles/s43856-025-01046-8
Associazione tra lo stato vaccinale contro SARS-CoV-2 e il rischio di malattia simil-influenzale e perdita di giornate lavorative negli operatori sanitari
Uno studio di coorte multicentrico, condotto in Svizzera tra novembre 2023 e maggio 2024 su 1.745 operatori sanitari, ha monitorato settimanalmente sintomi e assenze dal lavoro per malattie respiratorie simil-influenzali (ILI).
L’analisi statistica, corretta per fattori confondenti, ha evidenziato che:
- Più dosi di vaccino anti-COVID → maggiore rischio di ILI e di giornate di lavoro perse;
- L’effetto è più marcato per le vaccinazioni recenti, attenuandosi nel tempo;
Nel contesto post-pandemico, la vaccinazione di richiamo contro il SARS-CoV-2 non ha mostrato un beneficio misurabile nel proteggere il personale sanitario studiato e può persino aumentare temporaneamente la probabilità di infezioni sintomatiche e assenze lavorative.
Per usare le parole degli Autori:
“In entrambe le analisi, dimostriamo che un maggior numero di vaccinazioni contro il SARS-CoV-2 è associato a un rischio maggiore di malattie respiratorie simil-influenzali e di giornate lavorative perse. […] Sulla base dei nostri dati, concludiamo che la vaccinazione di richiamo contro il SARS-CoV-2 non contribuisce alla protezione del personale sanitario in un contesto post-pandemico. La vaccinazione contro il SARS-CoV-2 può persino aumentare temporaneamente la probabilità di infezione sintomatica e di perdita di giornate lavorative.”
La figura illustra la percentuale di partecipanti (n = 1745) che hanno manifestato episodi di malattia simil-influenzale (ILI) durante il follow-up, stratificata per gruppo di vaccinazione. Sono mostrati i rapporti di incidenza (IRR) con intervalli di confidenza al 95% da regressione binomiale negativa univariata, utilizzando il gruppo non vaccinato come riferimento.
Che nostalgia per i tempi pandemici, quando certe conclusioni non arrivavano mai sulla scrivania di un giornalista — venivano stoppate ben prima, in nome di un “bene superiore” deciso da pochi.
Oggi invece, udite udite, qualsiasi ricercatore con dati reali può dire la sua… persino se i risultati non allineano con il pensiero dominante. Dove si finirà di questo passo? Magari a discutere in modo aperto, analizzando i numeri, riconoscendo limiti e criticità, e prendendo decisioni informate invece che ideologiche.
Tempo fa avrei scritto. “Chissà che un giorno, invece di etichette e insulti, ci si possa confrontare partendo da studi come questo. Sarebbe davvero un passo avanti — e non solo per la scienza”. Finalmente posso scrivere che questi giorni sono vicini.