E’ tornata dopo quattro anni lontana dalle gare e l’ha fatto senza mezze misure. Anna Van der Breggen sta vivendo un 2025 intenso, avendo corso i tre Grandi Giri femminili e chiudendo il recente Tour de France Femmes con prestazioni di alto livello.
La campionessa olandese, sette volte vincitrice di classiche monumento, tre volte iridata e due volte oro olimpico, è stata protagonista di un rientro studiato nei minimi dettagli. Con Gian Paolo Mondini, direttore sportivo della SD Worx-Protime, abbiamo analizzato la sua corsa francese e il percorso verso un futuro che si preannuncia ancora da grande protagonista.


Un Tour di livello altissimo
Mondini non ha dubbi: quello di Van der Breggen è stato un Tour positivo. «Fino al tappone – racconta il tecnico romagnolo – Anna è sempre stata pronta, ha lottato per le posizioni alte senza commettere errori. Nella prima tappa ci sono state incomprensioni con Lotte Kopecky: l’idea era di chiudere su Pauline Ferrand-Prévot per lanciare la volata a Lotte, ma lei ha iniziato la salita troppo indietro e i piani sono saltati. Peccato, perché Lorena Wiebes ha poi fatto seconda alla tappa successiva e con un altro approccio iniziale avremmo potuto puntare anche alla maglia gialla».
Il contesto era però durissimo. L’olandese arrivava dal Giro d’Italia Women, corso a ritmi alti e con tappe impegnative, senza reali giorni di recupero. «Anche in Italia – continua Mondini – il livello era elevato e molte ragazze lo hanno pagato. Anche le prime frazioni in Normandia presentavano salite e arrivi esplosivi, in un clima di tensione degno del Tour maschile: pubblico numeroso, stress e preparazioni mirate. Pauline ha sacrificato tre mesi per arrivare al top, alzando ulteriormente l’asticella. Qualcuno si è lamentato di questo suo approccio, ma non ha fatto nulla di illegale».


Quell’ultima tappa…
Il momento più spettacolare di Van der Breggen è arrivato nell’ultima frazione, quando ha attaccato due volte, prima in pianura e poi in salita, scollinando con oltre un minuto e mezzo di vantaggio.
«Dietro non l’hanno mai lasciata andare davvero – spiega Mondini – sulla prima azione si sono mossi subito alcuni nomi pesanti fra cui proprio Ferrand-Prévot, poi in salita ha selezionato il gruppo restando con le migliori di classifica. A quel punto, con Silvia Persico che lavorava per Demi Vollering e Kasia Niewiadoma interessata al podio, la collaborazione per riprenderla è stata totale. L’hanno ripresa all’imbocco dell’ultima salita e lì non c’era più margine».
Mondini rimarca come il livello tecnico e fisico sia cresciuto rispetto a quattro o cinque anni fa. Sentite qua: «Oggi in salite lunghe da 40-50 minuti servono valori da 6 watt/kg per restare davanti. Lo sforzo che hanno espresso Ferrand-Prévot e Sarah Gigante è paragonabile a quello di scalatori maschi. Questo Tour ha confermato che non si può più improvvisare: servono preparazioni mirate e programmate con largo anticipo».


Un anno di transizione
Con un terzo posto alla Vuelta, un sesto al Giro e un undicesimo al Tour parlare di anno di transizione sarebbe stucchevole, ma la protagonista è Van der Breggen… ed allora ecco che cambia ogni punto di vista. La scelta di correre tutti e tre i grandi giri nel 2025 non è stata casuale.
«Fare i tre Grandi Giri – conferma Mondini – è parte di un progetto ponderato. Dopo quattro anni lontana dalle gare, bisognava accelerare i tempi per riadattarsi al livello richiesto. Correre Giro, Tour e Vuelta consente di accumulare giorni di corsa e stress simili a quelli che le mancavano. Non è un anno solo di transizione, perché ha chiuso terza alla Vuelta, sesta al Giro e bene anche al Tour, ma l’obiettivo era ed è costruire per il futuro».
Il calendario femminile non offre moltissime opportunità per fare gare a tappe di alto livello, perciò la programmazione ha previsto anche due blocchi di altura. Mondini spiega come servano i tempi giusti per metabolizzare l’altura. Altura che, soprattutto nei primi anni, non ti porta subito al massimo, anzi. «Spesso – aggiunge Giampaolo – bisogna ridurre i carichi per non compromettere il recupero. Il lavoro intenso va fatto quando si torna giù e noi ci siamo dovuti adattare a questa mole enorme di lavoro considerato nell’insieme dell’anno dunque non c’è stato tutto questo tempo per allenare certe caratteristiche».


Verso il 2026
«Non c’è stato tutto questo tempo per allenare certe caratteristiche»: Mondini si riferiva soprattutto al discorso delle salite lunghe, dove di fatto l’olandese ha pagato dazio.
«Anna – conclude Mondini – è soddisfatta del percorso intrapreso, pur consapevole che ci sono margini di miglioramento. Le mancano ancora le specifiche sulle lunghe salite. Quest’anno nelle tappe decisive, come il Monte Nerone al Giro o la Madeleine al Tour, ha pagato la mancanza di lavori mirati su sforzi di 40-50 minuti a quei livelli di potenza. L’anno prossimo avremo tempo per inserirli in preparazione». E qui ci si riallaccia al discorso di prima e alle determinate tempistiche da rispettare.
Una cosa è certa, la concorrenza, con nomi come Ferrand-Prévot e Gigante, ha alzato il livello e costretto tutti a rivedere gli standard di preparazione. Ma la determinazione dell’olandese lascia intendere che il suo rientro non sarà un semplice revival: il 2025 è stato il banco di prova, il 2026 potrebbe riportare la regina in cima al podio. E intanto ci sono altri appuntamenti importanti che l’aspettano: uno su tutti il mondiale.