RYBNIK (Polonia) – Riveste sempre un’aura particolare Chris Froome quando lo incontri. Non è più quello di qualche anno fa, la brutta caduta nella ricognizione della crono del Delfinato del 2019 lo ha introdotto in una parte di carriera che meritava di non arrivare in quel modo. Nonostante tutto, non è mancato per lui il calore della gente al Tour de Pologne (in apertura autografa un libro dedicato a Marco Pantani).
Ogni mattina al bus della Israel-Premier Tech c’erano sempre tante persone, bambini compresi, che aspettavano di poter chiedere una foto, un selfie, un autografo o anche un semplice saluto al 40enne keniano d’Inghilterra. E lui sempre disponibile nel concedersi e poi gentile nel ringraziare del loro interessamento. Anche al podio-firma era tanto acclamato. Per contro quando Froome si portava in linea di partenza tendeva a restare più per conto proprio, magari per dare un’ultima occhiata alla bici, che scambiare due battute di compagni e colleghi. Forse per qualcuno incute una certa soggezione o forse i suoi pensieri sono già rivolti altrove. Notando tutto ciò da vicino, abbiamo voluto fare una chiacchierata con Chris su alcuni temi.
Froome è in scadenza di contratto a fine 2025. Nel prossimo futuro vuole aprire una scuola di ciclismo in Africa
Froome è in scadenza di contratto a fine 2025. Nel prossimo futuro vuole aprire una scuola di ciclismo in Africa
Pogacar come Froome
Lo scorso 27 luglio Pogacar ha conquistato il suo quarto Tour de France, proprio come lui. Froome sa come si vivono quei momenti a partire da ogni piccolo dettaglio. Ad esempio nel 2013 iniziò a vincere con una certa regolarità le gare a tappe, anche le più brevi. Volle farlo anche per capire soprattutto quanto tempo gli avrebbe portato via il protocollo delle cerimonie dal recupero per il giorno dopo.
Un paio d’ore circa che avrebbe dovuto imparare a gestire nelle stagioni successive, specialmente al Tour. Prendere una maglia comporta certi obblighi e infatti non c’è da stupirsi se Pogacar in Francia abbia “lasciato” quella a pois a Wellens nei primi giorni o non si sia dannato più di tanto per difendere la gialla in alcune frazioni, per non spendere troppe energie psicofisiche. La stanchezza apparsa addosso allo sloveno è lo spunto per le considerazioni di Froome.
Per Froome è normale che Pogacar apparisse stanco a fine Tour. L’inglese sa come si vivono e gestiscono stagioni al top
Per Froome è normale che Pogacar apparisse stanco a fine Tour. L’inglese sa come si vivono e gestiscono stagioni al top
«Devo essere sincero – ci risponde – che non ho fatto caso più di tanto a come appariva Pogacar, però credo che fosse normale che sembrasse stanco. Lui sta correndo ad alto livello da sempre ed ogni anno di più. Anzi, ogni anno gli viene richiesto qualcosa in più. In un certo senso mi ci rivedo un po’. Ricordo che quando ho vinto di seguito Tour de France, Vuelta e Giro d’Italia tra 2017 e 2018, ero poi arrivato in Francia stanco e scarico psicofisicamente, nonostante avessi ancora una buona condizione (chiuderà terzo al Tour dietro Thomas e Dumoulin, ndr).
«In quel momento – prosegue Froome nel suo ragionamento – capisci che devi iniziare a dire “no” a qualcosa o comunque pianificare in maniera diversa la tua stagione rispetto a prima. Questo chiaramente è il mio punto di vista. Per me, per quella che è la mia esperienza, l’unica maniera per restare lucidi e attenti in tanti anni di lavoro schematico è la motivazione. Avere stimoli nuovi ti aiuta a non perdere di vista i tuoi obiettivi, però attenzione a quello che dicevo prima. Non bisogna forzare troppo dal punto di vista mentale, perché è molto dispendioso e diventa tutto più difficile.
In carriera Froome ha vinto 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta e un totale di una cinquantina di gare. Dal 2020 è alla Israel
In carriera Froome ha vinto 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta e un totale di una cinquantina di gare. Dal 2020 è alla Israel
Ciclismo in evoluzione
Che il ciclismo stia cambiando lo si vede ad ogni gara ogni anno e lo si dice da tempo. Froome è stato uno dei primi interpreti di un certo tipo di evoluzione metodologica, anche se è curioso vederlo sempre indossare pantaloncini e maglia anziché gli ormai tradizionali body da gara.
«E’ un ciclismo – sottolinea facendo un confronto generazionale – che è cambiato molto da almeno 5/6 anni. Adesso è estremamente programmato su tutto, molto calcolato al millesimo, specie su allenamenti, dati in corsa e alimentazione. Direi senza dubbio molto più dei miei tempi. Ora ci sono davvero tanti ragazzi giovani che vanno forte, ma è tutto il ciclismo moderno che va forte. Per me non è semplice, la differenza di età si sente, però finora mi è piaciuto correre in mezzo a loro e per il momento continuo».
Froome firma le cartoline di un collezionista polacco. Ha dimostrato sempre gentilezza e disponibilità
Il calore del pubblico nei confronti di Froome non è mai mancato. Ogni mattina il bus era attorniato da gente per lui
Froome firma le cartoline di un collezionista polacco. Ha dimostrato sempre gentilezza e disponibilità
Il calore del pubblico nei confronti di Froome non è mai mancato. Ogni mattina il bus era attorniato da gente per lui
Africa e futuro
Gli assist per le ultime domande ce le fornisce lui direttamente. A fine 2025 scade il contratto e ancora non si sa se l’anno prossimo lo vedremo ancora col numero sulla schiena. I giornalisti britannici presenti al Tour de Pologne dicono che questa sarà la sua ultima stagione, salvo ripensamenti. Chris glissa sull’argomento. L’impressione non è tanto perché non voglia dirlo, ma perché sa che alcune situazioni non bisogna mai darle per scontate. Tuttavia è già convinto di quello che farà quando non sarà più un corridore.
«Sono in scadenza di contratto – ci dice serenamente prima di salutarci – e non so se continuerò o meno, di sicuro quando smetterò, come avevo detto già da tempo, voglio aprire una scuola di ciclismo in Africa. Voglio permettere a tanti ragazzi di pedalare e poter inseguire una carriera. Credo che sia un Continente in crescita, soprattutto in quella parte di Africa. Penso ai maratoneti e mezzofondisti etiopi o keniani. Secondo me ci sono talenti del genere anche adatti al ciclismo, solo che non avevano la possibilità di poter correre in bici prima. Non correrò il mondiale in Rwanda ed è chiaro che mi sarebbe piaciuto essere al via, però non è un grosso problema perché non cambia i miei programmi. Il mio vero obiettivo è quello di sviluppare un bel progetto che sono convinto porterà nuovi corridori interessanti».