Serviranno i dazi ad abbattere l’enorme deficit del bilancio federale che ogni anno ingrassa la montagna del debito pubblico americano? La risposta, per quanto parziale, al momento è no. Dal punto di vista commerciale, le tariffe introdotte da Donald Trump a partire dal 2 aprile non stanno ottenendo l’effetto sperato dal Dipartimento del Tesoro: come ha riportato una analisi di Goldman Sachs (leggi qui), infatti, sono state soprattutto le aziende importatrici americane (per il 64%) e i consumatori americani (per il 22%)  a farsi carico degli incrementi legati ai dazi sui beni importati dall’estero, mentre le imprese straniere che esportano beni nel mercato a stelle e strisce hanno assorbito solo il 14% degli incrementi dei prezzi causati dalle tariffe ritorsive volute dall’amministrazione repubblicana.

Un flop che circoscrive l’impatto dei dazi per gran parte all’economia americana, destinata a sopportare gran parte del peso degli aumenti dei prezzi. Infatti anche in futuro, secondo Goldman, cambieranno gli equilibri ma non il perimetro: gli esportatori stranieri si faranno carico del 25% dell’impatto dei dazi, le imprese americane scaricheranno gradualmente l’onere sui consumatori – riducendo così la loro quota dal 64% al 10% – e su questi ultimi graverà quindi il 67% dell’impatto da qui alla fine dell’anno. 

Se da un lato l’obiettivo dichiarato della Casa Bianca è di riequilibrare la bilancia commerciale americana e risolvere i persistenti deficit negli scambi di beni con gli altri Paesi, dall’altro l’intento è pure quello di incrementare le entrate fiscali per ridurre i deficit federali e contenere il debito pubblico americano che ha ormai sfondato la soglia monstre dei 37 trilioni di dollari. Ma anche sul fronte del budget, al momento, Trump ha poco di che gioire: secondo i dati del Dipartimento del Tesoro pubblicati martedì, nonostante i dazi il deficit di bilancio degli Stati Uniti a luglio è aumentato del 20% in questo anno fiscale (che va da ottobre a settembre) rispetto a quello precedente. Isolando solo le entrate tariffarie, il dato è obiettivamente d’impatto: lo scorso mese le entrate doganali sono aumentate del 273% rispetto a un anno fa, una crescita in valore assoluto di circa 21 miliardi di dollari. Naturale, visto che la guerra commerciale a mezzo dogana è ufficialmente iniziata solo ad aprile scorso.

Ma il dato va inquadrato nel più ampio flusso delle entrate e delle uscite fiscali che restituisce, alla fine, il livello del deficit (o surplus, ma non è questo il caso) federale. Il disavanzo è aumentato del 19% a 291 miliardi di dollari a luglio. Il deficit per il 2025 è già di 1,63 trilioni di dollari, in aumento del 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, registrando il secondo più ampio deficit per il mese di luglio nella storia americana. La spesa governativa è aumentata del +9,7% su base annua, raggiungendo i 630 miliardi di dollari, il secondo valore più alto da gennaio. Nel frattempo, le entrate sono cresciute solo del +2,5% su base annua, raggiungendo i 338 miliardi di dollari, inclusi i 21 miliardi ricavati con i dazi. 

Spalmando l’effetto dazi sull’intero anno fiscale il risultato è ancora meno generoso. Come riporta il Peterson Institute for International Economics, infatti, i ricavi cumulati delle entrate doganali tra gennaio e giugno 2025 vale circa 93 miliardi di dollari, mentre il deficit del bilancio federale fin qui toccato nell’anno fiscale 2025 sfiora i 1,9 trilioni di dollari. In sintesi i dazi contribuiscono a ridurre del 5% circa il buco annuale registrato nelle casse federali. 

A contribuire negativamente al calcolo finale, per giunta, è la spesa federale che è aumentata per varie ragioni, tra cui anche l’incremento della spesa per interessi sul debito pubblico americano innescato – da un lato – dalle politiche commerciali americane e – dall’altro – dall’allegra politica fiscale repubblicana che si è sublimata nell’approvazione dell’One Big Beautiful Bill Act, la legge simbolo voluta da Donald Trump destinata far salire di svariati trilioni il disavanzo pubblico americano. 

Secondo il Congressional Budget Office e il Joint Committee on Taxation, la manovra fiscale repubblicana aumenterà i pagamenti degli interessi sul debito nazionale di 718 miliardi di dollari nell’arco di un decennio, facendo aumentare il deficit di bilancio federale di 4,1 trilioni di dollari in 10 anni. Peggio di quanto si pensava, dal momento che la stima del CBO ne aggiorna una precedente in cui quantificava il maggior disavanzo in 3,4 trilioni di dollari.