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Cristiana Capotondi è diventata mamma a 42 anni, tre anni fa, e proprio della maternità – e non solo – ha parlato in un’intervista a 7, settimanale del Corriere della Sera, in cui racconta anche delle sue storie d’amore passate e del rapporto complicato con i social. L’attrice debutta per la prima volta a teatro con il monologo La Balia dei vinti: «Avevo bisogno di misurarmi col teatro, erano tanti anni che avevo voglia di farlo», dice. Le prime volte nascondono anche tante paure: «Ho persino sognato di dimenticare il testo, di non riuscire ad andare avanti con lo spettacolo, non mi sentivo pronta. Poi quando Anna, mia figlia, era già nata, mi arriva questo testo delicato e movimentato, un monologo con dentro tanti personaggi. E mi è tornata la voglia di provarci, mi sono lanciata. Perché devo avere paura di una cosa che desidero?». Proprio la maternità, dice, le ha dato sicurezza: «I bambini ti danno questo slancio, ti fanno scoprire di avere una forza che non sapevi di avere. Quando una persona diventa genitore si trasforma e riesci a tenere tante cose insieme. I figli sono portatori di energia».
APPROFONDIMENTI
Mamma a 42 anni
Lei, mamma oltre i quarant’anni, sente di esserci arrivata piuttosto tardi: «Più che in zona Cesarini, ai tempi supplementari. A un certo punto il tempo accelera senza che te ne accorgi – dice – hai trascorso tanti anni a dire ‘prima o poi’ e improvvisamente ti trovi nel poi. Rispetto la scelta di chi non desidera avere figli, di chi ha un progetto di vita diverso: per questo non voglio dar consigli, ma dico di tenerlo presente». Il piccolo rimpianto di non averci pensato prima: «Per avere tempo di farne altri, altri, altri… A me manca l’idea delle famiglie numerose».
Perché non si fanno figli
Ma perché molte donne rinunciano alla maternità? «Non tutte scelgono di non diventare madri, e chi lo desidera deve poterlo diventare. Il Paese Italia non aiuta, in Francia e in Germania per esempio i tassi di natalità sono diversi. Solo al Sud da noi va un po’ meglio, perché persiste il sistema familiare». Sul rapporto con la figlia: «Anna è attaccata a me come io lo sono a lei. I primi due anni della sua vita ho un po’ rallentato con il lavoro, ho tenuto solo quello che mi dava una gioia irrinunciabile, perché volevo vederla crescere». Poi il riferimento ad Andrea Pezzi, a cui è stata legata per tanti anni, una relazione poi finita prima della gravidanza, argomento di cui però non parla spesso: «Anche in amore sviluppo rapporti totalizzanti – aggiunge – Ho avuto solo due storie importanti nella mia vita, prima dell’ arrivo di Anna, in cui ho totalmente amato e sono stata totalmente riamata».
La chirurgia plastica
Sulla chirurgia plastica invece è tranchant: «Non credo sia solo il problema di come il maschile o gli altri ti vogliono vedere, credo che dipenda dalla voglia di fermare il tempo che passa, è uno spostamento di un desiderio interiore. Ci sono anche i filtri dei social a condizionarti, non solo gli uomini. La riflessione più interessante sulla chirurgia l’ho sentita da un’amica più grande con la quale commentavamo un volto stravolto. Lei diceva: “Deve avere avuto un momento di tristezza”. Detto questo, vedo parecchi uomini con facce stravolte. Certe volte mi guardo e quello che vedo nello specchio è la rappresentazione estetica della mia giornata No. E va tutto male, i capelli, la rughetta, le borse, non solo le emozioni… dipende all’umore, ti si altera la rappresentazione della realtà. La società ha perso il valore della terza età, per gli uomini e per le donne. Non esiste più l’idea che la vita abbia delle stagioni».
La figlia e i social
Infine, ancora sulla figlia e il futuro, soprattutto per i social: «Sono molto preoccupata per i social: spero che ci sia davvero un Millennium bug. Che a un certo punto si spenga tutto. Tu cerchi di portare dentro modelli diversi per compensare, ma non basta. Mia figlia non sa cosa sia lo smartphone. A 3 anni se prende in mano il telefonino dice: “Mamma, devo fare una chiamata di lavoro”. Piuttosto che darle l’iPad per farla stare buona a tavola, rinuncio ad andare fuori a cena. Gli studi confermano che il precoce utilizzo dei supporti digitali mette a repentaglio la capacità conoscitiva del soggetto e si parla di farli vietare sino a 16 anni».
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