Dentro al ritiro pre-Mondiale di Cavalese: Cambi la dj, Danesi la golosa, Orro e De Gennaro le superstiziose e… Sylla la casinista. “Non abbiamo l’obbligo di vincere, abbiamo la voglia di vincere” dice il ct. Nel ritiro di Cavalese
L’oro di Parigi? “L’Olimpiade è un secolo fa, finito: se continuiamo a pensarci facciamo un errore madornale, perché così ci mettiamo pressione da soli e già lo fanno tutti gli altri. Adesso c’è il Mondiale e lavoriamo per arrivarci al massimo. Senza ansia: non abbiamo l’obbligo di vincere, abbiamo la voglia di vincere”: l’ormai famoso ‘qui e ora’ di Velasco, che vale anche come deterrente alle domande dei giornalisti sui Giochi del 2024, è il mantra che ancora accompagna le ragazze del volley reduci dal successo (il secondo consecutivo) in VNL. Non solo in campo perché è diventato una filosofia di vita, che si traduce in libertà: nella testa e nella realtà. Godiamoci il presente, dunque, e viviamolo al meglio, e allora basta con i collegiali vecchia maniera: “Non voglio farli troppo lunghi, perché non li sopportano. È ridicolo pensare di controllare delle professioniste che hanno una vita fuori dalla palestra, bisogna avere buona memoria: quando avevo 18-20 anni, se uno mi rompeva troppo i cog…, guai. Molta intensità, alta qualità, tanto volume, poi tempo libero da passare con le famiglie o come vogliono”, oppure come la gita, durante il ritiro premondiale a Cavalese, al trampolino di Predazzo su cui voleranno i saltatori di Milano-Cortina 2026. Sarà perché assistere a un loro allenamento estivo è inusuale e divertente, o forse perché i cinque cerchi che punteggiano la Val di Fiemme, anzi il Trentino tutto, è una visione che gasa ancora le azzurre al ricordo dell’impresa di un anno fa (sorry, mister), fatto sta che incontrarle a pochi giorni dalla partenza per la Thailandia – la rassegna iridata inizia per loro venerdì prossimo contro la Slovacchia – rende l’idea della serenità e della forza di questo gruppo. Che, tiene subito a precisare il ct, non è necessariamente formato da amiche, anche se a vederle assieme sembra così: “In una squadra ci sono dei ruoli, i giocatori si danno una mano perché fa parte del gioco aiutarsi, non per un atto di solidarietà. Non è che se fai un gruppo di amici poi si vince, altrimenti tutti i gruppi di amici vincerebbero. Questo è semplicemente un gruppo speciale”. A partire dall’allenatore che l’ha ricostruito dando ordine, definendo le gerarchie e portando una svolta non solo tecnica, ma soprattutto mentale.