Vladimir Putin stava perdendo la guerra subito dopo averla cominciata, ma le decisioni che ha preso per evitare il disastro hanno cambiato tutto. Ora la sta vincendo e va in Alaska con il coltello dalla parte del manico, pronto a combattere ancora per la pace che vuole. Aveva invaso l’Ucraina convinto di risolvere tutto in pochi giorni, ma presto si è trovato in difficoltà perché doveva fare la guerra con armamenti dell’era sovietica, fronteggiando la progressiva scarsità dei componenti che gli forniva l’Occidente e con una crisi economica in arrivo, con generali incapaci e con nessuna voglia dei soldati di andare al fronte.

IL TARIFFARIO

Oggi non è più così. Le città russe sono piene di manifesti che invitano ad arruolarsi, garantendo subito un premio d’ingaggio equivalente a 30.000 dollari, più la pensione e prestiti a tassi agevolati. Basta comporre al telefono il numero 117 e dopo una visita sommaria si va al fronte, dove si possono guadagnare molti soldi. Il salario medio mensile in Russia è di 900 dollari, mentre un soldato in guerra ne guadagna 2.450. Se cattura un carro armato Leopard riceve 12.000 dollari, se abbatte un elicottero 2.400. Un lanciamissili HIMARS distrutto vale 3.600 dollari, una medaglia sul campo altri 12.000. Si guadagna anche con le ferite: un colpo penetrante alla testa vale 36.000 dollari, come un piede sfracellato o un braccio amputato. Una frattura alla mano è compensata con 12.000 dollari. Dall’ospedale, un soldato di nome Vladislav ha raccontato alla radio di avere perso un piede, e sembrava raccontasse della più grande fortuna che gli fosse capitata nella vita. Ha ricevuto l’equivalente di 6.400 dollari dal governatore locale, 28.300 dall’assicurazione, 47.000 dal ministero della Difesa e ora potrà andare in pensione a 33 anni con 1.100 dollari garantiti al mese, contro i 300 che guadagnava prima raccogliendo i semi di girasole nei campi. Grazie alla guerra la sua famiglia ora potrà migliorare il tenore di vita e i suoi figli andranno nelle migliori scuole.

Oggi la Russia recluta mille soldati al giorno, il doppio dell’Ucraina. Putin ha concesso il perdono ai carcerati che vanno al fronte e in centomila hanno finora accettato. Ha raccolto anche vagabondi e alcolizzati, guardandosi bene dall’imporre la coscrizione obbligatoria che avrebbe incontrato l’opposizione della classe media. L’età media dei soldati è salita a 30 anni, la maggior parte va in guerra con una preparazione insufficiente, ma nessuno chiederà mai conto di questo al governo. «Più paghi i soldati – ha detto al New York Times Janis Kluge, esperto di Russia all’istituto tedesco per gli affari internazionali – e meno simpatie ricevono dalla società i reduci alla fine della guerra, contenendo risentimento e proteste».

L’INDUSTRIA MILITARE

Putin ha migliorato anche le tattiche di combattimento, degradando molti ufficiali e mettendo un anno fa al posto del ministro della Difesa Sergej Shoigu un economista che non ha mai fatto il militare, Andrej Belousov, il quale applica alla guerra le teorie di Keynes. I rifornimenti ora arrivano, la produzione di armi è cresciuta, i soldati non vanno più allo sbaraglio nei centri urbani senza prima averli circondati e bombardati. Le fabbriche di droni e proiettili lavorano a pieno ritmo 24 ore al giorno, i soldi necessari sono assicurati dalle esportazioni di gas, petrolio, carbone e oro. Il bilancio della difesa russo è di 170 miliardi, tre volte quello dell’Ucraina. Ora Putin produce da solo i droni che prima doveva farsi dare dall’Iran. Un anno fa ne lanciava 40 al giorno, oggi sono 200 in media, e in certi giorni 700. Il collasso è stato evitato e si può continuare così per molto tempo. Anche se deve controllare un fronte che è ormai di quasi mille chilometri, l’esercito russo è in grande vantaggio. Putin accetterà di fermarlo solo se riceverà in cambio quello che vuole, o se Trump gli offrirà qualcos’altro che possa valere altrettanto. E soprattutto che possa essere venduto ai russi come una grande e storica vittoria, per la quale valeva la pena di spendere tanti soldi e tante vite.


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