Il governo prepara una nuova “rottamazione quinquies” delle cartelle esattoriali con una svolta decisiva: escludere i contribuenti che hanno aderito alle precedenti sanatorie senza saldare il debito. La mossa, allo studio per la prossima manovra, punta a recuperare parte dei 48 miliardi di euro mancanti dalle vecchie edizioni e a offrire una reale opportunità solo ai debitori in difficoltà ma intenzionati a pagare, con piani fino a 10 anni. La stretta si basa sui dati della Corte dei conti e dell’Agenzia delle Entrate, che evidenziano un altissimo tasso di recidività e un uso strumentale delle definizioni agevolate.
Per anni, le definizioni agevolate delle cartelle sono state un appuntamento fisso per i contribuenti italiani, un treno su cui salire per alleggerire il peso del debito con il Fisco. Ma i numeri, impietosi, raccontano un’altra storia: quella di un meccanismo spesso sfruttato per ottenere una tregua temporanea dalla riscossione, per poi svanire di nuovo. Con un buco di quasi 48 miliardi di euro lasciato dalle quattro edizioni precedenti, come certificato dalla Corte dei conti, il governo si prepara a lanciare una nuova, grande operazione di sanatoria, ma questa volta con una novità dirompente: stop ai rottamatori seriali: la nuova manovra cambia tutto per chi ha usato le precedenti definizioni agevolate come uno scudo temporaneo senza mai saldare il conto. L’obiettivo è tracciare una linea netta tra chi è in reale difficoltà e chi agisce con furbizia, interrompendo una spirale di recidive che ha ingolfato il magazzino della riscossione.
Chi sono i “rottamatori seriali” e perché sono un problema?
La categoria nel mirino del governo è quella dei contribuenti che hanno sviluppato un comportamento seriale e strumentale. Si tratta di soggetti che, a ogni nuova sanatoria, presentano domanda di adesione, pagano una o due rate – quanto basta per ottenere la sospensione delle misure cautelari (come le “ganasce fiscali” sui veicoli) ed esecutive (i pignoramenti) – per poi interrompere i versamenti. Come sottolinea la Corte dei conti, per una “quota cospicua” di aderenti, la rottamazione è finalizzata unicamente a ritardare la riscossione coattiva. Il risultato è un tasso di decadenza che si avvicina al 60%: sei euro su dieci di quanto lo Stato si aspettava di incassare (già in forma scontata) non sono mai arrivati nelle casse pubbliche.
Quali sono le novità della “rottamazione quinquies”?
Il nuovo progetto, fortemente voluto dalla Lega e incardinato in un disegno di legge (atto 1375) al Senato, mira a essere più un piano di rientro sostenibile che una sanatoria “mordi e fuggi”. Le novità principali sono pensate per aiutare chi vuole davvero mettersi in regola:
- rateizzazione lunga: si prevede di poter spalmare i debiti (dal 2000 al 2023) su un arco temporale fino a dieci anni, per un massimo di 120 rate mensili;
- decadenza flessibile: a differenza delle vecchie rottamazioni, dove bastava saltare una rata per essere esclusi, qui si introduce un margine di tolleranza molto più ampio, consentendo il mancato pagamento fino a otto rate, anche non consecutive, prima di perdere il beneficio.
Questo modello si avvicina a una rateizzazione ordinaria, ma con il grande vantaggio dello sconto su sanzioni e interessi.
Come si intende escludere i debitori inaffidabili?
Il cuore della riforma è proprio l’introduzione di un meccanismo di selezione all’ingresso. L’idea allo studio è quella di sbarrare la strada a chi ha già aderito a una delle precedenti quattro rottamazioni senza portare a termine i pagamenti. L’obiettivo è interrompere il ciclo vizioso che permette ai “furbetti” di rientrare in ogni nuova sanatoria senza alcun paletto, vanificando gli sforzi della riscossione. La nuova definizione agevolata dovrà essere accessibile solo a chi dimostra di non aver utilizzato strumentalmente le precedenti edizioni, premiando l’affidabilità e la concreta volontà di saldare il proprio debito con lo Stato.
Quanto è diffuso il fenomeno dei debiti seriali in Italia?
Il problema della recidività è tutt’altro che secondario, come confermato dai dati forniti dal direttore dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, Ernesto Maria Ruffini, in un’audizione parlamentare. Le cifre sono allarmanti e giustificano la stretta in arrivo:
- il 60% dei soggetti presenti nel magazzino della riscossione ha debiti iscritti a ruolo in almeno 10 annualità diverse;
- oltre il 77% dei circa 10 milioni di contribuenti che ricevono cartelle ogni anno ha già avuto debiti iscritti a ruolo nei tre anni precedenti.
Questi numeri dipingono il ritratto di un vasto gruppo di debitori seriali per i quali le misure ordinarie e le sanatorie passate si sono rivelate inefficaci.