di
Francesco Sessa

Il tennista azzurro non gioca da Wimbledon e si è spento con la primavera: è numero 59 del mondo e rischia di perdere altre posizioni, il suo futuro in campo è un rebus

Una foto aveva acceso la speranza, sapeva di luce in fondo al tunnel, invece la realtà dice che questa buia galleria sembra non finire mai. Due settimane fa Matteo Berrettini pubblicava un selfie con Jannik Sinner, interrompendo un silenzio social che durava da Wimbledon, scrivendo: «Un passo alla volta con il migliore di tutti», messaggio che faceva pensare a un imminente ritorno in campo, quantomeno a un progetto di ripresa. Nulla di tutto questo, purtroppo. Il tennista romano rinuncia anche agli Us Open. E lo fa in silenzio, mentre in passato era lui a dare anche le notizie più scomode. Si è interrotta la comunicazione all’esterno, Matteo si è chiuso. 

Risuonano inquietanti le parole scelte da Berrettini dopo la sconfitta contro Kamil Majchrzak al primo turno di Wimbledon, torneo che lo aveva portato all’apice nel 2021 con la finale persa contro Novak Djokovic e che quest’anno è stato manifesto di una crisi insuperabile: «Sono stanco di tutto questo, ma non so cosa fare. A livello fisico non ci sono problemi, ma non ho avuto il giusto atteggiamento. Devo prendermi del tempo per decidere. Onestamente, non è così che voglio essere in campo; non mi diverto lì. Devo prendermi del tempo e pensare al mio futuro. È chiaro che non è così che mi piace passare il tempo in campo».



















































La crisi di Berrettini, oltre gli infortuni

L’aspetto inquietante è proprio questo: se in passato i problemi di The Hammer (il martello, soprannome che ne ha accompagnato la carriera) erano individuabili, adesso c’è un alone di mistero, un nebuloso malessere che porta a interrogarsi su quale possa essere il futuro di Matteo. Berrettini salterà il quinto torneo consecutivo, rinuncerà a un altro appuntamento pesante della stagione dopo Roland Garros e Cincinnati. Non si era presentato a Parigi a causa dell’infortunio agli addominali, la croce della carriera, incapaci di reggere il peso della parte superiore di un corpo possente e di un tennis usurante. Ennesimo guaio fisico che lo aveva portato a piangere nella sua Roma, senza quasi riuscire a parlare in conferenza stampa. Si era ritirato contro Casper Ruud al terzo turno, penultima partita giocata prima della comparsata a Wimbledon.

Quella di Berrettini è una crisi totale, indecifrabile, esistenziale. Due anni fa, proprio a New York, subiva un bruttissimo infortunio alla caviglia da cui si sarebbe ripreso da campione, vincendo tre titoli (Marrakech, Gstaad, Kitzbuhel) e la Coppa Davis da protagonista dopo aver tagliato con il passato separandosi dal coach di sempre, Vincenzo Santopadre, per affidarsi a Francisco Roig (con cui non lavora più) e Alessandro Bega. Nel 2024, con la serenità ritrovata, parlava di depressione: «Come se il serbatoio di energie fosse vuoto completamente e l’allenamento non serve. Dopo l’infortunio a New York, facevo fatica ad alzarmi dal letto»

Ora, due anni dopo, gli Us Open diventano l’ennesimo grande torneo seguito da casa, lontano dal campo, chiedendosi come potrà evolversi una carriera provante. Berrettini va per i 30 anni (li compirà ad aprile), è numero 59 del mondo e nelle prossime settimane rischia di perdere altre posizioni. Il tennis di oggi e i nuovi ragazzi terribili sembrano andare a un altro passo. 

15 agosto 2025 ( modifica il 15 agosto 2025 | 11:41)