“Gigi” è uno dei volumi più noti di Colette, che torna in una nuova edizione. È tutto impeccabile – affresco d’epoca, dettagli, anche satira sociale – nella storia di un’adolescente dalla bellezza sbocciata, educata per diventare una cortigiana di lusso, che dimostra di non voler essere solo un’allieva ammaestrata, ma che decide di prendere in mano il proprio destino…
Negli anni tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo si colloca Gigi, “favola” notissima di Colette. Un leggendario racconto lungo che torna in libreria in un’edizione scintillante, con postfazione di Daria Galateria, che fa parte di un più ampio progetto de L’Orma editore, di riscoperta dell’assoluta protagonista della Belle Èpoque. La casa di Lorenzo Flabbi chiude il cerchio: dopo aver rilanciato in tempi non sospetti Annie Ernaux, poi Nobel, adesso fissa l’attenzione su uno dei maggiori nomi di sempre della letteratura francese, che ai suoi tempi era probabilmente più nota, anticonformista e influente di Annie Ernaux oggi, ammirata, fra i tanti, anche da Proust. Uno dei primi titoli è Gigi (90 pagine, 15 euro), nell’eccellente traduzione di Ornella Tajani; scritto e pubblicato negli anni conclusivi del secondo conflitto mondiale, la vicenda si svolge in un tempo decisamente più lontano e felice, quando Colette non era alle prese con gravi problemi di salute, il terzo marito non era finito in un lager, e quando la Francia non era sotto il giogo nazista. Gigi è probabilmente il titolo più accessibile, romantico e felice di tutta la produzione di Colette, un libro fresco e vivo che resta nel cuore di chiunque abbia la fortuna di leggerlo.
Il ricchissimo amico di famiglia
«Gigi» dichiarava zia Alicia «è un blocco di materia grezza. Può venire fuori molto bene oppure molto male».
Gilberte, detta Gigi, un cespuglio di capelli, è allevata da una nonna e da una zia – già cortigiane e mantenute di lusso – che sognano per lei un futuro da cocotte di alto bordo, a differenza della madre di Gigi, André, abbandonata dal padre della ragazza, cantante di poca fortuna nel sottobosco artistico di Parigi. Il facoltosissimo Gaston Lachaille, trentatreenne amico di famiglia che Gigi chiama zio, è stato appena tradito dalla sua ultima amante, Liane, con un insegnante di pattinaggio. Dal primo dialogo fra i due che si legge, e che la quindicenne «con un tornito collo d’arcangelo» e «dai capelli biondo cenere» affronta con totale sfrontatezza, si capisce che quella che si sta leggendo è una storia indimenticabile, tanto che cinema e teatro l’hanno ulteriormente valorizzata.
Gioielli, noia e debolezze
La ricostruzione d’epoca, i vezzi, i punti di vista, la cura dei dettagli, certa satira sociale fra le righe, tutto è impeccabile in quest’opera dalla misura perfetta di Colette. Magistrale è la figura di zia Alicia che ammaestra Gigi a proposito delle buone maniere (niente romanzi, niente cipria) e sui gioielli, sulla noia che «aiuta a prendere le decisioni», sulle debolezze, «una buona dose di debolezze, insieme alla paura dei ragni, è il bagaglio indispensabile per avere a che fare con gli uomini». La ragazzina impertinente e dalla bellezza che sboccia, alla fine, potrebbe sembrare perfino un’incallita giocatrice di poker, ma è solo una ragazza sveglia, che vuole dare la propria impronta al destino che la attende, che non accetta compromessi, che sa sorprendere e affermarsi, giovanissima, come donna, tutt’altro che ammaestrata, ma totalmente consapevole.
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