Un lunedì caldo in viale Aldo Moro, tra assestamento di bilancio e provvedimenti sulla sanità privata. La Regione, ieri, 23 luglio, ha deciso di cancellare gli indennizzi e i ristori Covid, revocando una delibera di giunta di novembre 2024. 

Naturalmente, il provvedimento ha scatenato reazioni politiche, mentre Aiop, l’associazione che rappresenta oltre 40 strutture ospedaliere private accreditate in Emilia-Romagna, considera il provvedimento “inaspettato e illegittimo”. La Regione chiede indietro anche le somme già erogate (80 milioni) e riaccende il dibattito sui rapporti tra pubblico e privato. 

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Al centro della disputa ci sono gli accordi presi durante la pandemia: le strutture private rimasero aperte su richiesta della Regione, senza ricorrere alla cassa integrazione. In cambio di questa disponibilità, era stato pattuito un acconto pari all’80% della differenza tra il fatturato effettivo di quei mesi e la media del 2019. Un indennizzo che, secondo Aiop, serviva a coprire i “meri costi di gestione” a fronte della forzata operatività e della limitata possibilità di erogare prestazioni.

Ora, la doccia fredda: la Regione “comunica ufficialmente di non voler riconoscere nulla per il periodo pandemico e di voler procedere alla richiesta di rimborso delle somme a suo tempo erogate”. Una mossa che, per Aiop, “mette a repentaglio l’intero sistema sanitario regionale e compromette l’affidamento giuridico e sostanziale dei rapporti di collaborazione”. L’associazione ha chiesto un incontro urgente con il presidente Michele de Pascale, nella speranza di un ripensamento.

La contromossa della Regione arriva in un momento cruciale, con l’approvazione di una manovra di assestamento di bilancio da 65 milioni di euro, di cui 33 destinati alla sanità. Durante la discussione, il presidente Michele de Pascale ha ribadito con forza la sua linea, sottolineando che “la Regione Emilia-Romagna non è, e non sarà mai, subalterna alla sanità privata”.

“Senza coperture”

De Pascale ha ripercorso le difficoltà finanziarie della sanità pubblica, evidenziando come l’inflazione incida pesantemente sui costi e come le Regioni italiane si trovino a spendere il doppio dell’incremento del fondo nazionale per mantenere gli stessi livelli di servizio. “Il sistema sanitario pubblico va difeso con determinazione e responsabilità, ogni giorno, nonostante carichi di lavoro e risorse insufficienti,” ha dichiarato il presidente, ricordando anche gli sforzi della Regione per destinare ingenti risorse al fondo per la non autosufficienza e l’introduzione dei ticket solo di recente e solo sulla farmaceutica, a differenza di altre regioni.

La sua conclusione non lascia molto spazio all’immaginazione: “Nessuna privatizzazione al mondo ha mai portato a una riduzione dei costi sanitari. Più privato non vuol dire meno spesa, ma solo più disuguaglianza se non è governato con fermezza”, ma sul tavolo resta l’intensione di proseguire il “rapporto positivo di collaborazione” con la sanità accreditata, conferma l’assessore alla salute, Massimo Fabi, a margine dell’inaugurazione del nuovo polo oncologico del Sant’Orsola

“Il tema è proprio il fatto che quella delibera di Giunta regionale non ha la copertura finanziaria, quindi non siamo nelle condizioni di poter eseguire quanto contenuto al suo interno”, spiega Fabi. 

Ugolini: “Scelta grave e irresponsabile”

Si tratterebbe di un “atto di gravità inaudita, oltre che giuridicamente discutibile, che crea un precedente pericoloso” per Elena Ugolini, ex sfidante di de Pascale alle regionali  “se la Regione Emilia-Romagna ritiene legittimo, a distanza di anni, annullare unilateralmente un accordo dopo che l’altra parte ha rispettato ogni impegno assunto, allora viene meno ogni certezza del diritto.

E se chi governa chiede a delle strutture private accreditate di impegnarsi a tenere aperti i propri servizi per un’esigenza pubblica, di erogare dei servizi ricevendo dalla Regione degli acconti a fronte di una richiesta della stessa e, dopo cinque anni, annulla tutto e chiede indietro 80 milioni, com’è possibile investire all’interno della nostra Regione? Se nemmeno una delibera di Giunta rappresenta più una garanzia, quali certezze restano per imprese, cittadini, lavoratori e investitori?

Le strutture private accreditate svolgono un servizio pubblico a tutti gli effetti. Nella nostra Regione ricevono il 15% dei fondi sanitari regionali (360 milioni su 10 miliardi e 500 milioni di euro per il 2024) e coprono il 25% del totale delle prestazioni ospedaliere e ambulatoriali erogate ai cittadini residenti in Regione.

Che cosa ha portato la nostra Regione a questa scelta così grave e irresponsabile? Forse la reale motivazione è un bilancio regionale sempre più in affanno, che costringe a fare cassa perfino a scapito della lealtà istituzionale e della tenuta dei servizi essenziali?”

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