voto
7.0

  • Band:
    WHITE MANTIS
  • Durata: 00:46:54
  • Disponibile dal: 22/08/2025
  • Etichetta:
  • High Roller Records

Streaming non ancora disponibile

Non sono troppe, a ben vedere, le formazioni che possono essere credibilmente accostate all’operato dei canadesi Voivod: troppo speciali, anarchiche e inimitabili le trame del quartetto del Québec, per pensare che vi siano tanti altri musicisti in grado di avvicinarsi, almeno a un livello subliminale, a quanto prodotto da Away e compagnia.
Sia che si tratti di materiale più vicino al thrash tecnico e progressivo, sia che si vada su un taglio più rockeggiante, oppure affine al metal estremo degli anni di “Phobos” e “Negatron”, paragonarsi effettivamente a quel tipo di contenuti non è semplice. Al massimo arriva qualche breve suggestione, qualche sporadico accostamento.

Adesso invece ci imbattiamo nei tedeschi White Mantis e succede proprio questo, ovvero una band saldamente incastonata nell’universo del thrash metal tradizionale che finisce per percorrere con competenza e brillantezza strade limitrofi all’operato dei primi Voivod, quelli degli anni sotto Noise Records e di pubblicazioni come “Killing Technology” e “Dimension Hatröss”.
Anni, quelli, di sperimentazione beata, quando gli allora giovani musicisti guidati dall’estro del compianto chitarrista Denis ‘Piggy’ D’Amour passavano dalla caotica rozzezza dei primi due dischi a una forma di metal allora poco classificabile, andando a prendersi gli spazi siderali, attraverso un lavorio sui suoni puramente artigianale, fatto di colpi di genio, tentativi, idee balzane, e un miglioramento della tecnica esecutiva che li avrebbe portati in zone ancora più inesplorate di lì a pochissimo.
Tornando invece agli autori di questo “Arrows Of The Sun”, si tratta di una compagine tedesca che approda ora solamente al secondo album, pur essendo in giro dal 2012. Il precedente “Sacrifice Your Future”, vecchio ormai di sei anni (in mezzo l’EP “Iron Curse” del 2022), era passato in sordina nell’underground, ma speriamo non accada con il nuovo disco.

I White Mantis viaggiano tra le linee, trovando una loro via espressiva secondo modalità in apparenza non così distanti dalla concorrenza. D’altronde, che siano thrash nel midollo non è affatto in discussione, come non è difficile rintracciare in quanto suonato la classica matrice del thrash teutonico: ciò però non diventa un limite, un modo per incasellarli nel filone e lasciarli lì, a riproporre con tanta foga ma poca fantasia gli schemi consolidati del thrash più elementare.
Al contrario, la furia e l’ossessione per il thrash puro sono una molla, per andare poi a scatenare la parte migliore del repertorio. Infatti, fin dalle prime note di “Nekrotornado” si percepisce una vena di ragionata follia, l’idea che pur restando serrati, mordaci e aggressivi, i musicisti della Baviera intendano anche svagare in tante direzioni.
Sia a livello chitarristico che ritmico si colgono variazioni imprevedibili, si svolta all’improvviso e le atmosfere mutano repentinamente, proprio come poteva accadere con i Voivod dei dischi sopracitati: un’umoralità dal gusto quasi teatrale, corroborata da vocalizzi che a loro volta vanno a ricordare lo Snake degli anni ’80.

Il suono è tutt’altro che rifinito o modernizzato, tutt’altro, ha una patina grezza e vintage tipica di chi vuole rimanere ben dentro una certa scena e un determinato immaginario. Ciò non è un limite, perché tiene i White Mantis esattamente dove vogliono stare, dando comunque modo di esprimere una vena progressiva, sperimentale, che viaggia pure in assonanza con liriche piuttosto impegnate, tra politica, sociologia e una critica alle conseguenze del progresso tecnologico.
Lo slancio verso dettami ‘voivodiani’ dà frutti in alcuni casi ancora acerbi, mentre in altre circostanze il risultato è davvero degno di nota e ravviva un tipo di thrash grezzo ma stralunato, tradizionalista eppure poco convenzionale, abbastanza raro da pescare in giro attualmente. Nella loro marcia indiavolata, i White Mantis colpiscono a destra e a manca, trovando appunto i momenti più efficaci quando lasciano leggermente indietro il profilo più ‘tedesco’ della propria personalità, per sparigliare le carte.

La title-track pare proprio uscire dal repertorio più datato di Away e compagni, tra sezioni furibonde, vocalizzi isterici, rallentamenti dal sapore ‘space’ e midtempo ondeggianti, contornati di armonie prese di peso dal Piggy-style ottantiano e vocalizzi lisergici.
Un pezzo come “Divide And Kill” si rivolge invece alle influenze Destruction-Kreator, nonostante le incursioni fuori dagli schemi del basso e un notevole lavoro della chitarra solista, due caratteristiche che tengono banco un po’ durante tutta la tracklist e danno un’impronta particolare al lavoro dei White Mantis.
La mediazione tra techno-thrash delle origini e un taglio più ignorante e basilare è la costante di “Arrows Of The Sun” ed è un gioco di incastri e rimandi maneggiato in modalità non sempre armoniche: “Over Your Pale Bones” ad esempio si fa ascoltare volentieri e ha alcuni sprazzi un po’ eccentrici davvero notevoli, ma tende a normalizzarsi sotto il peso del desiderio di caos e violenza.
Ci sono tanti spunti interessanti, a volte hanno modo di esprimersi al meglio, in altre circostanze sono fagocitati da un incedere crudamente thrash, che appiattisce leggermente le velleità della formazione. “Arrows Of The Sun” ha però dalla sua un’identità trasversale che troviamo molto positiva e ci dà speranza sia per ulteriori miglioramenti da parte del gruppo bavarese, sia per un apprezzamento diffuso di questo disco.