Non ce l’ha fatta Marah Abu Zuhri, la giovane palestinese di 20 anni arrivata in Italia da Gaza nella notte tra il 13 e il 14 agosto per ricevere assistenza sanitaria urgente
I colloqui per un cessate il fuoco a Gaza riprendono oggi, 16 agosto, al Cairo, con i mediatori di Egitto e Qatar che tenteranno di strappare ad Hamas un sì all’ultima proposta negoziale, più vicina a quella elaborata il mese scorso da Stati Uniti e Israele.
Secondo quanto riferito dal Times of Israel, i rappresentanti di Hamas avrebbero manifestato disponibilità a ritirare alcune delle richieste avanzate a Doha, la cui rigidità aveva fatto naufragare i precedenti negoziati sugli ostaggi.
Fonti diplomatiche israeliane e arabe confermano che Israele ha ribadito la sua contrarietà a un nuovo cessate il fuoco parziale e si dice disposto a rinunciare ai piani di occupazione di Gaza City solo se Hamas accetterà integralmente le sue condizioni: rilascio di tutti i 50 ostaggi rimasti, disarmo del movimento islamista e smilitarizzazione della Striscia.
Lo scoglio del disarmo
Proprio la questione del disarmo è considerata il principale ostacolo dai mediatori arabi, che la definiscono una “polpetta avvelenata” destinata a far fallire i colloqui, poiché la sua verifica richiederebbe complesse operazioni militari israeliane a Gaza.
Gli stessi mediatori preferirebbero un approccio graduale, sul modello libanese, con il coinvolgimento di truppe arabe dispiegate su invito dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Ma Israele rifiuta ogni ruolo di governo per l’Anp nella Striscia, di fatto bloccando questa opzione.
Un diplomatico arabo ha però sottolineato al Times of Israel che l’attuale bozza di accordo, sebbene ancora definita “parziale”, potrebbe trasformarsi in un cessate il fuoco permanente qualora i negoziati durante la tregua — prevista per 60 giorni — avessero successo. L’intesa includerebbe il rilascio di 10 ostaggi ancora in vita e di 18 salme in cambio di un numero concordato di prigionieri palestinesi.
Media, otto civili palestinesi morti in raid israeliani
Mentre le delegazioni si preparano al nuovo round negoziale, sul terreno la guerra continua a mietere vittime. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, otto persone sono rimaste uccise in raid israeliani sul campo profughi di Bureij, nel centro della Striscia, e nell’area di Mawasi al-Qarara, a nord di Khan Younis. Tra i morti, riferiscono fonti ospedaliere, ci sarebbero anche quattro bambini.
La comunità internazionale intanto intensifica le pressioni su Israele. La premier danese Mette Frederiksen, alla guida della presidenza di turno dell’Unione europea, ha definito «spaventosa e catastrofica» la situazione umanitaria a Gaza, annunciando l’intenzione di promuovere sanzioni mirate contro coloni, ministri israeliani e, se necessario, contro Israele stesso, sul modello delle misure adottate contro la Russia. Benjamin Netanyahu è ormai «un problema a sé» ha detto la premier.
Anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha denunciato la “tragedia” di Gaza, definendo la crisi una «ferita alla coscienza collettiva dell’umanità» e accusando la comunità internazionale di risposte «fiacche e insufficienti» davanti a città ridotte in macerie e servizi essenziali collassati.
Morta a Pisa ventenne arrivata malnutrita da Gaza
Non ce l’ha fatta Marah Abu Zuhri, la giovane palestinese di 20 anni arrivata in Italia da Gaza nella notte tra il 13 e il 14 agosto per ricevere assistenza sanitaria urgente. La ragazza, in condizioni gravissime a causa della malnutrizione e delle conseguenze del conflitto, era giunta a bordo di un volo militare C130J dell’Aeronautica, partito da Eilat nell’ambito dell’operazione umanitaria avviata dal governo italiano per soccorrere civili palestinesi.
ANSA
Al suo fianco viaggiavano altri pazienti e familiari, tutti accolti all’arrivo dall’equipe sanitaria predisposta per il trasferimento immediato negli ospedali toscani. Marah Abu Zuhri era stata ricoverata d’urgenza al policlinico di Cisanello, ma i medici avevano subito valutato le sue condizioni come critiche.
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