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La notte porta consiglio, recita il ben noto proverbio.
Al cinema però non è sempre così.
La settima arte ci ha insegnato, declinando la cosa in tutti i generi possibili e immaginabili, che nell’arco di una notte può accadere di tutto.
I membri di una gang possono venir ingiustamente accusati di omicidio e costretti a raggiungere la loro base a Coney Island partendo dal Bronx per trarsi in salvo mentre vemgono braccati dalle altre bande della Grande Mela (I guerrieri della notte).
Un ex soldato delle forze speciali dell’esercito americano che sta per essere imprigionato per furto, si ritrova a essere spedito nell’isola di Manhattan, diventata una prigione a cielo aperto separata dal resto della metropoli, per recuperare il Presidente degli Stati Uniti d’America, rapito da dei criminali dopo che L’Air Force One è stato dirottato (1997: Fuga da New York).
Un ingegnere aerospaziale mediamente depresso può casualmente imbattersi in una splendida donna che dice di essere inseguita da quattro iraniani malintenzionati (Tutto in una notte).
Il giovane bassista di una band queercore Nick O’Leary, da poco mollato dalla sua ragazza, potrebbe finire per innamorarsi di una ragazza di nome Nora dopo una nottata di musica e camminate attraverso New York (Nick & Nora).
Insomma, quando si tratta di film, la notte porta più avventure inattese che pacati consigli.
Che è anche quello che accade al personaggio interpretato da Vanessa Kirby nella pellicola, in uscita a Ferragosto su Netflix, dal titolo La notte arriva sempre.
La notte arriva sempre: la trama del film
Il film diretto da Benjamin Caron e interpretato da Vanessa Kirby è tratto dal bestseller di Willy Vlautin “Night Always Comes”. Da cui si distanzia dal punto di vista dell’arco di tempo impiegato per narrare la storia di Lynette, ambientata in una Porland che, come tutte le grandi città statunitensi, vede sempre più aumentare la distanza fra quell’esigua fetta di persone abbienti che non hanno particolari problemi a sostenere in scioltezza il caro vita e chi, invece, fa una fatica boia a far quadrare i conti di casa. Nel corso di una notte, Lynette fa di tutto per assicurarsi la proprietà della casa dove vive con sua madre e con suo fratello maggiore (che è una persona down). In una manciata di ore, la donna dovrà fare i conti tanto con i soldi che mancano e le servono per assicurarsi la proprietà dell’abitazione, 25.000 dollari, che col suo passato turbolento. Tutto questo nel romanzo alla base accade in due giorni e due notti, nel lungometraggio, per ovvie esigenze di sintesi e spettacolarizzazione, si svolge in una nottata.
Una serie di sfortunati eventi
Dopo il godibile (ma dimenticabilissimo) Sharper, arrivato a febbraio del 2023 in streaming su Apple TV+, Benjamin Caron torna a dirigere un lungometraggio sempre indirizzato allo streaming, La notte arriva sempre. Caron è principalmente noto per essere un regista televisivo – ha diretto episodi della prima stagione di Andor, di The Crown, Sherlock e Wallander – un habitat dove pare decisamente più a suo agio che con i film e le loro differenti modalità e tempistiche di narrazione.
La notte arriva sempre è un mix di didascalismo e di sovraccumulo di tragedie che dovrebbero sia essere utili a capire ed entrare nella testa, nella forma mentis della protagonista Lynette che ad afferrare quale sia stato il suo passato, finendo però per lasciare sbigottito chi guarda.
Tutto parte con l’inevitabile tirata a base di notiziario che si sente sullo sfondo mentre scorrono le prime immagini del film e di una Portland sempre più derelitta e popolata di homeless come tutte le metropoli USA. Su quanto ormai sia diventato impossibile campare perché una volta con cento dollari riempivi buste di spesa oggi compri due cose, gli affitti sono insostenibili e i mutui pure perché il costo di ogni cosa si è alzato tranne quello degli stipendi delle persone.
Tutto vero, sacrosanto e perfettamente comprensibile anche da chi vive a Borgo Panigale e non solo negli Stati Uniti perché è un problema urbi et orbi.
C’è però modo e modo di calare lo spettatore in un dato contesto e quello di La notte arriva sempre è esemplare in quanto a didascalismo come dicevamo poco fa. Per certi versi fa venire in mente il montaggio alternato di Una poltrona per due, fatto di povertà e richezza solo che li a raccontare la satira c’era la mano esperto di John Landis, qua il polso è diverso e meno capace. E si vede.
Le traversie cui deve far fronte il personaggio di Vanessa Kirby sono un continuo susseguirsi di situazioni letteralmente improbabili dove la sospensione dell’incredulità diventa più impraticabile rispetto a quello che avverrebbe guardando un qualche film di fantascienza. Lynette si ritrova a dover fare cose, non vi spoilero nulla chiaramente, che non riescono minimamente a trasmettere quella sensazione di una persona messa alle corde improvvisamente alle prese con l’inaspettato che potrebbe poi portare a conseguenze a lei vantaggiose o svantaggiose.
È chiaro: il fatto di aver ridotto la storia da due notti a una vuole probabilmente rafforzare la portata allegorica dell’inferno che la donna deve passare prima di uscire a “riveder le stelle” ma si tratta sempre e comunque di vederla attraversare dei gironi infernali davvero poco plausibili. E il fatto che Lynette, malgrado tutte le sfortune della sua esistenza, sia un personaggio con cui è impossibile empatizzare di certo non aiuta.
Esistono milioni di modi per trascorrere un piacevole Ferragosto e guardare La notte arriva sempre non rientra di sicuro fra questi.
Voto: 4.5