di
Tommaso Moretto

Lo psichiatra commenta le rivelazioni dei due personaggi noti: «Non servono le confessioni sui social, va ripreso con il cellulare chi entra in rianimazione dopo aver fatto un incidente da ubriaco»

«L’alcolismo oggi non è quello di Longarone, è quello delle piazze di Belluno, Verona, Treviso e delle altre meravigliose città del Nord Est», dice Paolo Crepet, 73 anni, psichiatra, sociologo e saggista.

Le confessioni di Mauro Corona e Carlo Budel

Il suo commento arriva a valle di una serie di confessioni di personaggi noti che hanno pubblicamente parlato del loro rapporto con l’alcol, Mauro Corona, 75 anni, scalatore e scrittore, ha ammesso che «ci sono stati anni in cui sono arrivato a scolarmi da solo una intera bottiglia di whisky al giorno dopo essermi fatto dodici birre e un litro di vino. Dai venti ai ventotto anni, quasi tutti i giorni così». Mentre Carlo Budel, 52 anni, scrittore e per sette anni gestore della Capanna Punta Penìa sulla Marmolada, lo scorso giugno dal letto dell’ospedale ha consigliato ai giovani di non bere, aveva raccontato «sono caduto in depressione dopo sette anni vedevo tutto brutto e ciò mi ha portato a consolarmi nella cosa più viscida e schifosa di questo mondo: l’alcol».



















































Le parole dell’esperto

I due, peraltro, hanno in comune anche il giorno di nascita, il 9 agosto.
«Ogni vita ha il suo dolore, io lo rispetto ma non c’è niente di eroico in tutto questo, credo che Corona lo sappia per primo, non è questo il senso che vuole trasmettere», dice Crepet. «Sono veneto tanto quanto lui, so che le osterie sono piene, da sempre, non c’è niente di nuovo. Credo che Corona sappia quanto sia pericoloso parlare di questo oggi». La società, rileva il sociologo, è cambiata radicalmente rispetto a 50 anni fa. «Non si tratta più di alcuni signori che dopo una giornata di fatica si bevono un litro, una coreografia abbastanza prevedibile — fa notare Crepet —, oggi non son più uomini che faticano in una bottega di falegname o come muratore ma sono ragazzini e ragazzine che con i soldi di papà si ubriacano tutte le sere in una piazza del centro storico di una delle nostre meravigliose città del Nord Est».

Comunque, per quanto autentiche e in buona fede, secondo Crepet le confessioni pubbliche sui social e sui quotidiani, anche se per dire di non seguire le proprie orme, non servono. «Non aiutano i giovani, non se se diano un alibi anche se non so cosa succede nei social perché non ci trascorro un minuto della mia vita». Utile, secondo lo psichiatra, sarebbe tutt’altro: «Andare a girare con un telefonino in un reparto di rianimazione di un ospedale e vedere cosa arriva per via dell’alcol, per far capire ad un ragazzo o a una ragazza cosa succede se si torna a casa alle quattro della mattina con venti spritz nello stomaco. Se ti va bene vai a finire in un fosso». A Crepet non entusiasma nemmeno cercare legami tra l’abuso di alcol e l’altitudine, o la solitudine del montanaro. «Non credo ci sia correlazione tra l’uso smodato di alcol e l’alta montagna, bisognerebbe chiederlo a Messner, non credo sia andato a ottomila metri con litri di grappa in corpo». Per quanto lo riguarda, invece, nessun passato da bevitore accanito. «Ho bevuto con moderazione nella mia vita, non ho mai pensato di dover fuggire nell’alcol o placare nell’alcol le mie frustrazioni, nemmeno con altro, non ne capisco il senso. E se avessi bevuto in maniera industriale non me ne sarei fatto certo un vanto».


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16 agosto 2025 ( modifica il 16 agosto 2025 | 13:24)