di
Alessandro Fulloni

Al via gli interrogatori relativi alla morte di Noschese, 35 anni, deceduto dopo un intervento della Guardia Civil. I familiari ipotizzano l’omicidio

DAL NOSTRO INVIATO
IBIZA – «Saranno state le otto di mattina e in molti, forse venti o trenta persone, eravamo già in giardino, richiamati da urla e trambusto. Abbiamo visto Michele, sul balcone di casa, inseguire una ragazza. Lei scappava, ha scavalcato un divisorio, ha raggiunto un altro balcone, quello dell’appartamento in cui vive l’anziano Xavier. Michele le era sempre dietro lei, lui anche. Poteva essere pericoloso per entrambi. Qualcuno di noi ha gridato: “Michele qué estás haciendo?”, che stai facendo… È stato a quel punto che è comparso Xavier. Michele lo ha afferrato alle spalle. Xavier allora ci ha gridato: “Chiamate la polizia!”. Ma Michele a sua volta ha urlato queste parole: “La chiamo io la polizia!”». 

La morte del Dj

Un racconto raccolto dal Corriere e che viene da una spagnola sui quarant’anni. Parla benissimo italiano, «ero fidanzata con un napoletano», e vive nel condominio residenziale nel Carrer de Lausanne, a Ibiza, dove sabato mattina Michele Noschese — 35 anni, deejay «Godzi», il nome con cui era assai noto nel mondo della «tech house» — è morto dopo un intervento della Guardia Civil finalizzato a bloccarlo. In una denuncia, i familiari ipotizzano l’omicidio.



















































Gli interrogatori e l’autopsia

La donna preferisce mantenere l’anonimato: «Nei prossimi giorni fornirò le mie generalità alla polizia che mi interrogherà assieme agli altri testi». In tutto una trentina e tra loro anche Raffaele Rocco, 34 anni, testimone diretto di quel che è successo nella stanza al terzo piano in cui «ho visto Michele, che per me era un fratello, esalare l’ultimo respiro». Raffaele, commerciante a Ibiza, circostanzierà le parole ripetute in questi giorni: «Lo hanno ammanettato su un letto, mani e piedi e lui gridava: “Lasciatemi! Lasciatemi!”». 

L’indagine condotta dalla stessa Guardia Civil sui fatti avvenuti sabato mattina insomma va avanti. L’autopsia — quella giudicata «frettolosa perché fatta senza il perito di parte» secondo il papà del deejay, Giuseppe, ex primario del «Trauma center» del Cardarelli — avrebbe rivelato tracce di sostanze stupefacenti. L’esame non avrebbe evidenziato lesioni riconducibili a percosse.

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Tuttavia, spiega Rosanna Alvaro, l’avvocata che con i colleghi Jaime Rog e Vanni Cerino assiste la famiglia Noschese, «potremmo averne la certezza solo se fossero state eseguite una Tac o una risonanza magnetica. Cosa che non è avvenuta. Valutiamo se chiedere l’esecuzione di una nuova autopsia e altri accertamenti».

«Papà? Molto triste»

Al Periòdico de Ibiza, quotidiano dell’isola, ha parlato anche la figlia dell’ottantunenne Xavier, confermando i buoni rapporti tra il genitore e Michele. Che spesso andava a trovarlo facendogli piccoli favori, magari salendo le scale per portargli a casa, al terzo piano, le bottiglie d’acqua all’anziano che si dice «triste» per la sua morte. «Mio padre ha una spalla che gli fa male e anche un piede violaceo perché Michele glielo ha pestato tutto il tempo». Secondo la figlia «le sue condizioni stanno migliorando, ma ha ancora il corpo pieno di lividi poiché ha avuto una lunga colluttazione. Ha un trauma e non ricorda nemmeno se il dj avesse un coltello». Ma che Noschese impugnasse una lama, probabilmente presa in cucina, è un fatto raccontato dalla Guardia Civil e il coltello sarebbe stato visto — ma sono affermazioni da prendere con il beneficio del dubbio vista la concitazione di quegli istanti — da altri testimoni in giardino.

«Non voglio vendetta, ma giustizia»

«Non voglio certamente vendetta — ha ripetuto anche ieri Giuseppe — e all’autorità giudiziaria spagnola, presso la quale ripongo la massima fiducia, forse non chiedo nemmeno che siano individuati dei colpevoli. Chiedo piuttosto che sia fatta giustizia, che sia chiarito quello che è successo dentro la stanza in cui mio figlio ha trovato la morte». Il professore, tra i massimi specialisti italiani di politraumatologia, ovvero la gestione di quelle decisioni che devono essere prese in pochi istanti quando al pronto soccorso si presentano feriti che hanno subito lesioni multiple, ieri ricordava suo figlio accarezzando i tasti della consolle con cui componeva le «hit che solo ora scopro essere conosciute in tutto il mondo. Quando mi diceva che era tra i primi su Spotify sorridevo, ero orgoglioso, ma non posso certo dire che quello della tech house fosse il mio mondo». Con toni sinceri, il medico ringrazia il capo della Guardia Civil distrettuale Gonzales che lo ha contattato «garantendo la massima collaborazione». Poi gli occhi si inumidiscono quando confida: «Più che un figlio, ho perso il mio migliore amico». Intanto sarebbe giunta alla Procura di Roma, competente a indagare sui delitti riguardanti i cittadini italiani all’estero, la notizia di reato trasmessa dalle autorità inquirenti iberiche relativa alla morte di Noschese.

24 luglio 2025 ( modifica il 24 luglio 2025 | 08:01)