C’è un prima e dopo nell’hip hop italiano. C’è un momento – il prima – dove tutto viene fatto per amore delle quattro discipline, e un dopo in cui il mainstream diventerà il luogo a cui rivolgersi. Il 2005 è l’anno spartiacque. Dal 2006, con Applausi per Fibra, il rap italiano troverà una nuova fortuna dopo anni di assenza da radio e classifiche. Il 2005, quindi, è l’ultimo momento in cui il genere in cui essere veri e dichiarare la propria purezza, in cui l’autoproduzione è ancora l’unica o quasi forma di produzione e distribuzione (qualcosa di molto evidente al solo guardare le copertine). Ma anche qui, in un mondo di puristi, troviamo già i primi scenari di un mondo nuovo.
Questi sono i nostri dischi che meglio hanno raccontato il 2005 (abbiamo escluso gli EP), in ordine puramente alfabetico.
Chi mre pe’mmeCo’sang
Il potere di Chi mre pe’mme è essere ancora oggi un punto di riferimento per la nuova scena napoletana. Lo ha citato spesso Geolier, che di Luchè e Ntò è figlio, così come gli altri membri della nuova realtà cittadina. Mentre tutto attorno il passato è stato sepolto, l’esordio dei Co’sang è ancora carne viva. Non lo raccontano solo le frasi di amore dei nuovi rapper, ma anche i milioni di ascolti che brani come Int ‘o rione hanno raccolto negli ultimi anni, dimostrazione che dentro e fuori Napoli questo abum sia ancora pulsante di energia. Nessun album del 2005 ha avuto una vita così lunga.
O lo ami o lo odi Dj Gruff. Noi ci schieriamo sicuramente dal lato dei lover del “ragazzino sardo a Torino”, uno che ha fatto comprendere all’Italia le possibilità strumentali dei giradischi e i piaceri dei suoi svarionatissimi palleggi sillabici. A più di dieci anni dai Sangue Misto e dalla Rapadopa, e in un momento in cui nella scena aveva più nemici che altro, Dj Gruff caccia fuori un disco 100% gruffetti in cui amore per l’hip hop, il folklore, l’odio per gli scrausi e l’ode al gremare, si mescolano in brani pazzeschi come Gioviali, Mi c..o il c..o, Svarionatissimo, Dj Gruff hip hop storia. Sul suo binario, senza guardare indietro.
Roccia Music Vol.1Dogo Gang e Marracash
Non è il primo vero disco solista di Marra, ma un progetto più ampio della Dogo Gang – il collettivo in cui militano Club Dogo, Marracash, Vincezo da Via Anfossi, Deleterio, Dj Harsh, Emi Lo Zio e Ted Bee – di cui il rapper di Barona funge da Virgilio. È un mixtape che parte, per dire, con Popolare, forse il ghetto anthem più importante della storia del rap italiano, e che vede Marra mettere a segno i primi colpi nella scena. Se pensiamo che in quegli anni i Dogo sono al massimo della loro abilità sul microfono, il gioco è presto fatto. Una fotografia prima del successo.
Un disco che farà storcere il naso a molti, ma che riuscì a fare qualcosa che al rap non accadeva da tempo: andare in alta rotazione in radio e tv. A farlo, naturalmente, non poteva essere che uno che le classifiche le aveva conosciute bene come Fish (e che l’anno dopo firmerà Applausi per Fibra), oramai orfano dell’avventura Sottotono. Al microfono infatti non c’è Tormento, ma suo fratello Esa (già Gente Guasta e Otierre), che accompagna una serie di ospiti molto diversi tra loro come Retnek (con cui firmeranno la hit Resta Ancora), Kelly Joyce (Cos’è che vuoi da me suona come la risposta italiana a Never Leave You di Lumidee). Il disco è commercialissimo in un’epoca in cui commerciale significa vendersi, ma la coppia Fish & Esa garantisce una qualità ai tempi troppo sottovalutata dall’ultimo purismo.
Nel ‘91 Gopher è al microfono in Stop al panico della Isola Posse All Stars. Nel ’93 partecipa a SxM dei Sangue Misto. Nel ’94 pubblica il primo lavoro coi Sud Sound System. Nel ’96 è al fianco di Dj Gruff per Zero Stress. Nel 2000 pubblica il suo primo disco, il leggendario Lu servu de diu e nel 2002 con Kaos forma i Neo-Ex con cui pubblica L’anello mancante, uno dei lavori più sottovalutati di quegli anni. Questo preambolo per dire che Gopher, forse, è uno degli artisti più sottovalutati del rap italiano. Nel 2005, quando la scena è orami a pezzi, lui se ne esce con un mixtape (ora introvabile, come dimostra l’unica immagine che si trova della copertina) in cui ritornano, sotto vari moniker, anche pezzi grossi che avevano abbandonato la scena come Neffa (a nome Johnny Boy) e Deda (Katzuma.Org).
In The PanchineIn The Panchine
Spin-off del Truceklan, In The Panchine è un progetto di G-Mellow, Benassa, Cole e Chicoria. Nel 2005 tirano fuori un disco assurdo in cui italiano, romanesco e inglese si prendono a pugni sul beat. Seguendo la storia tutta romana del rap hardcore, che è anche bandiera del Truce, infilzano rime che mischiano pose gangster americane a quelle di borgata, farcendo le rime di citazioni cinematografiche italiane d’autore: “Regista Fulci, Mario Bava e Umberto Lenzi, Like seven back spider orrendi, Santo Trafficante shoot the benpensante, Killing me softly with your musica pesante” (da Stolen Car). Un fulmine di follia nella notte del rap italiano.
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Inoki nel rap italiano è stato un po’ tutto: il buono, il brutto, il cattivo. Ma, soprattutto, Inoki è stato per molto tempo la strada, la street credibility che nessun’altro poteva sfoggiare al microfono. Il suo primo disco completamente solista, dopo anni di compilation con la PMC, la Porzione Massiccia Crew, la prima crew multiculturale in Italia, è forse l’ultimo grande album del rap-che-fu, ovvero quello più legato all’amore per la scena. Dentro ci sono tutti: i Dogo in stato di grazia, Lamaislam, Nest, Royal Mehdi della PMC, oltre ai beat sfornati da Don Joe, Shocca e Shablo. I temi sono i più cari a rapper bolognese, la rivalsa sociale, l’odio per l’autorità, la strada. Un viaggio a quando il rap significava, prima di tutto, amore per sta cosa del rap.
16 punti di suturaMicrospasmi
Il pezzo più conosciuto di 16 punti di sutura spiega bene perché questo album entra in questa classifica, ma con una piccola riserva. La traccia in questione, Non sei una figa (con Fabri Fibra) è volgare, politicamente scorretta, fuori dal gusto di oggi. Ma allo stesso tempo è fresca, pop, ben prodotta. 16 punti di sutura è proprio questo: beat che ancora oggi suonano freschi (un mix di hip hop e elettronica) e trovate che col tempo suonano molto meno divertenti rispetto a quando sono state pubblicate. Quando certa ironia è meno presente, però, il disco di Medda e Goedi suona come pochi altri usciti nel 2005.
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L’MC più tecnico della scena non poteva che raggiungere l’acme della propria discografia che con un disco titolato Parole. E le 20 tracce del disco d’esordio del rapper di Treviso di parole ne contengono tante, tra punchline e incastri verbali che confermeranno l’allora giovane Mista come il più skillato tra i rapper. Ai beat i grandi dell’epoca (Shocca, Bassi Maestro, Stokka, Squarta, Next One), a cui si uniscono MC come Mondo Marcio, Frank Siciliano, Yoshi, Stokka & MadBuddy. Brani come Parole, Che farai, Musica vera sono piccoli successi dell’underground, per un album che parla di amore per la parola e quindi di amore per il rap.
BlocknotesStokka e Madbuddy
Se il 2005 è l’ultimo anno di pure dichiarazioni d’amore al rap, Stokka e Madbuddy ne sono gli alfieri. Il duo palermitano è entrato nei cuori dei b-boy e delle fly girl degli anni Duemila per la capacità di mettere in rima questo disperato amore viscerale per il rap, l’hip hop, la scena (l’omaggio al writing di Nero inferno, la splendida chiusura di Quando un giorno tornerai che può (anche) essere vista come una lettera d’amore al genere). Blocknotes sarà anche l’ultimo album prima di una lunga pausa, a dimostrazione di come quell’epoca stesse arrivando alla fine.