Prima o poi, un artista arriva lì: davanti a uno specchio, senza più una rima dietro cui nascondersi. Si toglie la maschera. Ascolta il silenzio. Prova a rinascere. Per Clementino, rapper napoletano e volto tv, è “Grande anima” il cambio di rotta di una creatività musicale che resta fedele a sé stessa, ma comincia a guardare oltre. Quindici brani, in uscita domani (15 luglio), che mescolano rap, cantautorato, dialetto e influenze cosmopolite. Un lavoro nato durante i suoi viaggi – dal Costa Rica all’India, dal Giappone al Kenya – tra meditazione e libri: «Ne leggo circa 50 all’anno». E il messaggio è chiaro fin dalla fotografia che lo ritrae in copertina.
Clementino – cover “Grande anima”, disco in uscita il 25 luglio 2025 (Epic Records Italy / Sony Music Italy, grafica a cura di Francesco Paura)
Clementino, come sta?
«Bene. E’ un periodo intenso, ma mi sto godendo la vita. A 43 anni, va bene così».
In “Giorni nostri” parla di viaggi e di dolore. Dice che il disco è dedicato ai ragazzi di strada. È così?
«Sì, è per chi ha vissuto una vita come la mia. Vengo da dieci anni di turbolenze, serate, dipendenze, alcol. Ora faccio parte del “club” di chi lotta tutti i giorni. Può farcela anche chi vive nelle periferie del Sud: non siamo condannati al “lavoro sporco”. Come ce l’ho fatta io, possono farcela tutti. Se sei in un tunnel, esiste una luce. È una dedica a chi lotta tutti i santi giorni».
“Grande Anima” segna un cambio. Ci sono tanti riferimenti alla meditazione, alla natura, allo spirito. Da dove nasce questa introspezione?
«Da una caduta. Ho scoperto la meditazione. Ho girato da solo, imparando ad ascoltarmi, dando importanza ai silenzi e scoprendo la pace interiore. Oggi metto la meditazione allo stesso livello del rap. E leggo tantissimo: da Jules Verne a Joe Dispenza, passando per James Hillman. Il suo “Il codice dell’anima” mi ha segnato profondamente».
Clementino
Il primo viaggio che le viene in mente?
«Rishikesh, sulle rive del Gange. Dove andarono i Beatles. Sedermi dove si sedette John Lennon è stato emozionante. Quell’esperienza mi ha insegnato il valore del respiro, della calma. “Nuie pe semp” è nato qui, anche se poi l’ho finito di scrivere a Nola, casa mia».
Nel disco c’è Totò. Ha usato il suo monologo del clown. Perché?
«Perché mi rappresenta. Il monologo dice: “Signore, manda qualcuno capace di far ridere me, come io faccio ridere gli altri”. La gente pensa che io sia sempre quello che scherza. Ma non conosce le ferite che porto dentro. Totò è me. Ce l’ho anche tatuato».
Il brano d’apertura è “Risveglio”. Dice: “Io sono luce, soffocavo nell’oscurità”. Cosa c’era in quell’oscurità?
«La mancanza di autostima.
Perdere fiducia in sé stessi significa stare in un buio totale. Quella canzone è una preghiera. Parla di un guerriero che ha camminato nell’inferno e ha trovato la luce».
Ci sono molti featuring: dai Negrita a Gigi D’Alessio. Il più inaspettato?
«Totò, senza dubbio. Con Gigi D’Alessio abbiamo chiuso un cerchio. Con Settembre ci siamo subito trovati. I Negrita già li conoscevo. Ma avere Totò in un mio disco è qualcosa che mai avrei immaginato. Ringrazio profondamente la famiglia De Curtis».
Clementino
I suoni cambiano da brano a brano. È libertà o ribellione?
«È libertà. Se mi interessavano i numeri, avrei fatto un featuring con l’artista in cima a Spotify oggi. Invece ho scelto Totò. Non mi etichettano, sa perché? Non possono farlo. Sono Clementino. E racchiudo tante cose diverse».
Molte tracce parlano d’amore, ma ognuna in modo diverso: dalla già citata “Nuie pe semp” agli amori cosmici di “Pianeti”. Clementino, è innamorato?
«Follemente. Da quattro mesi. Con Roberta ho riscoperto la pace. Ma il disco non parla solo dell’amore romantico. Parla anche dell’amore per le radici, per la musica, per se stessi. Per questo si intitola “Grande anima”: dentro abbraccia tutte le sfumature possibili e non si finisce di raccontarlo».
In “Cielo intero” rende omaggio a Pino Daniele ed Enzo Avitabile.
«Anche Pino è tatuato sulla mia pelle. È l’essenza. Ho pianto guardando il documentario su di lui. Ogni volta che lo ascolto, imparo qualcosa. È l’icona della musica napoletana e italiana. Io sono cresciuto con lui e con Bob Marley. Lo stesso vale per Enzo Avitabile».
Sanremo: l’anno prossimo saranno 10 anni dalla sua prima volta. L’ultima è stata come ospite di Rocco Hunt. Ci torna in gara?
«Mamma mia, Magari! Andrei però con un’altra faccia, con meno rabbia di allora. Racconterei il mio cambiamento e l’amore. Ho 120 canzoni pronte, nel disco ce ne sono solo 15. E quindi, proviamoci».
Dalla musica alla TV: da “The Voice” a “Jukebox”, a settembre su Rai1. Fino ai due live: il 20 novembre al Fabrique di Milano e il 28 dicembre al Palapartenope di Napoli. Palco o schermo?
«Vengo dalla scuola dei villaggi vacanze, facevo l’animatore. In TV mi sento a casa. Ma al primo posto metto quello che mi ha dato la natura: fare il cantante e il musicista».
C’è una sua rima che dice: “L’artista che fa il simpatico con i giornalisti”. Vale anche per lei?
«(Ride) No, io cerco solo di essere vero. Anche con chi scrive di me. Quella rima non era una critica ai giornalisti».
Ultimo aggiornamento: giovedì 24 luglio 2025, 07:55
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