NEW YORK – Dunque, è il decennale della morte di Elvis Presley, semplicemente detto The King, il re. E, dieci anni dopo, la “elvismania” negli Stati Uniti è ancora irrefrenabile, intensa, sentimentale, e anche insopportabile, ridicola, rumorosa e volgare. Ma quali che siano gli aggettivi che preferite per definire quello che Presley è stato, o non è mai stato, “la settimana di Elvis“, che è cominciata l’8 agosto e finirà la sera del 16 con una processione dei fans davanti alla tomba del cantante, è uno di quegli avvenimenti che, nonostante i colti interventi degli esperti di cultura di massa, fanno nascere la tentazione di definirli assurdi.

Elvis Presley, 90 anni del mito americano che guarda sornione questo mondo impazzito

di Gino Castaldo

08 Gennaio 2025

In decine di migliaia stanno arrivando in questi giorni nella città di Memphis: turismo di famiglia e di gruppi più che di singoli, undici dollari e novantacinque centesimi tutto compreso. Una settimana “piena di calore, risate e allegria. Anche se partecipate per la prima volta vi sentirete parte di una grande riunione di famiglia”, dice la pubblicità della Società Presley, che è diretta dalla ex moglie, dalla zia, dalla figlia e da vari amici del cantante. Le migliaia di fans, molti di loro vestiti come lui, si affollano negli hotel della città, che a loro volta programmano celebrazioni del “Re” che durano tutta la settimana.

La tappa più importante del viaggio sono le stanze di Graceland, il sogno neo-coloniale in cui Elvis visse la sua ultima vita terrena: qui si offrono una esibizione d’arte riguardante il cantante, un concerto con le sue canzoni, un’altra mostra basata sul laser e intitolata “l’eredità di Elvis in luce”, la gara quotidiana di quiz dedicata ad Elvis (una delle domande è: “da chi prese il suo nome?”), e infine il giro della casa, che ancora contiene i vestiti del cantante, le sue foto (da quelle matrimoniali a quelle in divisa), il pigiama disposto sul letto, i costumi dei vari concerti. In sottofondo, le musiche, di Elvis ovviamente, che tacciono solo nel “giardino della meditazione”, dove il Re è seppellito, accanto ai suoi genitori. Che cosa si celebri veramente in tutto questo non ha molta importanza.

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di Luigi Bolognini

10 Maggio 2025

Su Presley si può dire di tutto, e si è detto di tutto; e, come i ricordi dimostrano, l’Elvis al quale ognuno pensa non somiglia affatto a quello del vicino: è il ragazzo maledetto, ma anche il ragazzo buono, la leggenda americana, l’unico bianco amato dai neri, e così via. Il decennale della morte di questo eroe è sicuramente una di quelle rare occasioni in cui le barriere regionali e sociali che dividono, molto spesso rigidamente, gli Stati Uniti cadono, e giornali che sono cittadelle della raffinatezza gareggiano infine, in esagerazione e qualche volta volgarità, con i settimanali popolari. Nel supplemento domenicale del Washington Post, una pagina intera è dedicata a “un importante avviso a tutti i sofisticati collezionisti di porcellane… Elvis Presley (c’è una corona d’oro sulla prima E), con indosso una ricca e sorprendente riproduzione del suo più famoso costume da concerto”. Nella foto, sotto la luce di tre fari di colore blu, rosso e giallo, la statuetta di “The King” in porcellana, perfetta fino alla riproduzione di anelli, borchie, pantaloni svasati, camicia rossa, colletto alla gaucho e collane d’oro sul collo: può essere acquistata per soli 195 dollari. Compreranno davvero i lettori del Washington Post, che, secondo una recente inchiesta, abitano quasi tutti in un perimetro di 50 miglia dalla Casa Bianca, la statuetta di porcellana di Elvis?

Ma, appunto, questo anniversario è così: immemore di quello che succede tutti i giorni, e avido nel suo insaziabile desiderio di accumulare tutto quello che è possibile intorno al Re. Fianco a fianco nello stesso Washington Post si esercitano così intelligenti analisi su come il cantante e la televisione abbiano fatto insieme la storia moderna: “L’uno senza l’altra non sarebbero stati lo stesso. E poichè Elvis emerse con la televisione, entrambi entrarono nella nostra coscienza quando era in uno stato di sogno: giovane, suscettibile e indifesa. Probabilmente mai più i pianeti si allineeranno di nuovo in una tale e positiva configurazione. La televisione può essere inventata una sola volta, e forse, dunque, c’è una sola possibilità di inventare un Elvis“. Che Elvis sia vivo, è ovvio da queste parole. Ma che sia vivo solo nella sua leggenda, non è affatto ovvio per tutti. “Incredibili nuove prove che il suo manager, colonnello Tom Parker, organizzò per il Re una falsa morte così da dargli la possibilità di ritornare ad una vita normale”, annuncia il popolare Examiner, ovviamente intervistando in esclusiva anche la scrittrice che ha raccolto queste incredibili nuove prove: “Sono in possesso di un’intervista con Presley, che mi ha raccontato tutto, ma ovviamente sono di fronte ad una difficile scelta. Se io infatti rendessi pubblica l’intervista, la sua vita pagherebbe grandi conseguenze”.

Oggi Elvis Presley avrebbe 80 anni: in suo onore un’asta a Graceland

Nel suo ritiro alle Hawaii, tuttavia, Elvis, “ogni tanto si pente e pensa di aver fatto una scelta sbagliata: soprattutto gli manca la musica, ma dice anche che ora sarebbe stupido ritornare sui propri passi”. Mai come in questo anniversario le testimonianze della esistenza di Elvis si moltiplicano. Presley è stato visto da un contadino nel Tennessee, mentre camminava su delle colline vicino casa sua; è stato visto da un camionista in Alabama, che gli ha dato recentemente un passaggio, e, d’altra parte, forse che il nome Elvis in anagramma non si legge Lives, cioè vive? Attenti a non ridere: l’idea che Elvis esisterà per sempre, è in fondo la stessa che propone il settimanale Newsweek, che dalla sua copertina annuncia: “Elvis per sempre”. E così come signore con problemi di peso, e signori con pantaloni corti si allineano davanti alle entrate di Graceland, è vero anche che i migliori artisti del rock percorrono lo stesso sentiero: il mensile Life ha fotografato, ad esempio, gli idoli di oggi, sul prato di quella casa, e ne ha registrato parole commosse. Robert Plant dei Led Zeppelin ricorda il suo primo e unico fugace incontro con Elvis: “Arrivati in fondo al corridoio, lui si voltò e mi cantò il verso di una sua canzone; io, dall’altra parte del corridoio gli risposi, cantando il verso successivo”. Il mensile Rolling Stone dedica a Presley il tributo di una rara serie di foto in bianco e nero, dal titolo: “Il Re è andato, ma non è stato dimenticato”, parafrasando una canzone di Neil Young. Uniche e indicative le due eccezioni, le cittadelle che hanno resistito all’attacco di nostalgia: il New York Times (ma ancora non è domani, il giorno della morte, per cui bisognerà vedere), e Mtv. La direzione del più famoso canale televisivo di musica, con il più vasto ascolto presso i giovani, ha dichiarato che non dedicherà nessuna retrospettiva a Presley, e che il compito sarà invece lasciato alla Bh-1, l’altro suo canale di musica, che si rivolge a un pubblico dai 25 anni in su.