Pramac Racing è stata protagonista assoluta della MotoGP degli ultimi anni, come testimoniato dalla conquista del Mondiale 2024 con Jorge Martin. La struttura fondata da Paolo Campinoti e ora diretta da Gino Borsoi è diventata il primo team indipendente a vincere il titolo iridato nell’era della MotoGP. Tuttavia, proprio a fine 2024, la fruttuosa cooperazione con Ducati si è interrotta dopo vent’anni.

Da questo 2025, Pramac è diventata la struttura satellite di Yamaha. I risultati non sono all’altezza del recente passato. Il quinto posto di Jack Miller in Texas rappresenta il piazzamento più nobile dell’annata corrente. D’altronde, la M1 non è competitiva quanto una Desmosedici e il team ha fatto “un salto indietro” di un decennio, almeno per quanto concerne la dimensione agonistica.

È dunque interessante leggere le dichiarazioni rilasciate da Gino Borsoi alla testata specializzata speedweek.com in una lunga intervista, della quale riportiamo i passaggi più significativi, in quello che può essere considerato una sorta di bilancio agonistico in itinere.

“Considero positiva la prima metà di stagione con Yamaha. Ci avevano promesso tutto il loro supporto e ci stanno trattando come parte di una famiglia. Abbiamo tutti gli aggiornamenti di cui dispone il Factory Team e questa dinamica ci soddisfa.

Chiaramente, abbiamo dovuto adattarci a una nuova realtà. In particolare, abbiamo dovuto confrontarci con una cultura differente dalla nostra, quella giapponese. È stato necessario cambiare il modo di esprimersi. Noi siamo italiani, gesticoliamo, magari teniamo un tono di voce alto. Per noi è normale. Viceversa, per i giapponesi questo può essere sinonimo di rabbia. Non ci sono mai stati conflitti, ma si era generata un’incomprensione, pensavano fossimo contrariati quando non era così.

Tutto è stato risolto durante una visita in Giappone. Ci hanno aperto tutte le porte della loro azienda, mostrandoci ogni ambiente. Sono andati oltre le loro promesse, confermandoci di aver effettuato la scelta giusta. Non possiamo chiedergli di più.

Il progetto è ambizioso, però ci vuole tempo e non esistono scorciatoie. Oggi tutti vediamo la supremazia Ducati e si loda il metodo di lavoro concepito da Dall’Igna. Però ci sono voluti tre anni per vedere i primi risultati. Questo è un punto di riferimento temporale da tenere sempre a mente.

Forse però il processo potrebbe essere accelerato, perché con la rivoluzione regolamentare del 2027, tutto sarà possibile. Tuttavia Yamaha non sta lavorando solo in quell’ottica, ma anche per sviluppare la moto attuale e crescere di competitività nel 2026. Vi assicuro che a Iwata stanno facendo uno sforzo gigantesco”.