di
Marco Cremonesi
L’idea di Meloni è che il ministro della Salute, che ieri ha azzerato il comitato dopo il caso di due componenti con posizioni critiche sugli obblighi vaccinali, sia caduto in una trappola mediatica
Non va bene. Non così. In serata, da Palazzo Chigi, filtra forte il disappunto della premier. Al mattino, pareva invece che la vicenda del Nitag, l’organismo tecnico di consulenza sulle vaccinazioni, fosse chiusa con la revoca, da parte del ministro alla Salute Orazio Schillaci, dell’intera commissione.
Ma, appunto, a tarda sera, si scopre che è così, ma fino a un certo punto. Perché alla premier in persona lo scioglimento del Nitag non è piaciuto affatto. Di Giorgia Meloni si riferisce una frase soltanto: «Non era concordato». E poi, «da sempre nel governo noi crediamo nel pluralismo e nel confronto delle opinioni».
Insomma, dopo dieci giorni dal suo inizio, con la nomina della commissione, il caso d’agosto non sembra chiudersi. Il fatto che nell’organismo fossero inclusi i nome di Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite, entrambi con una storia di scetticismo sui vaccini (anche se smentiscono di essere no vax), aveva provocato reazioni veementi. Molti titoli dei giornali erano stati giocati sull’onda «i no vax nella commissione per i vaccini». Con proteste pubbliche, una petizione firmata dal premio Nobel Giorgio Parisi, l’ira delle Federazione degli ordini dei medici e le dimissioni di Francesca Russo, che ha guidato in Veneto la campagna di vaccinazioni contro il covid. Da qui, la decisione del ministro Schillaci.
Una decisione, però, che a Palazzo Chigi e in Fratelli d’Italia non si condivide. C’è chi spiega che la commissione «non deve decidere nulla. Non è l’organismo che stabilisce chi si vaccina e chi no. È un organo puramente consultivo, senza poteri vincolanti». Da questo punto di vista si può meglio interpretare la frase attribuita a Giorgia Meloni: in una commissione di puro orientamento, non è impensabile, «non è un disvalore» che siedano persone di opinioni diverse, fermi restando i titoli professionali. Del resto, spiegano da Fratelli d’Italia, non era nemmeno che Serravalle e Bellavite fossero stati nominati proprio per le loro caratteristiche, per così dire, no vax.
È vero però che Schillaci aveva già annunciato la possibilità di sciogliere l’intera commissione. Ma probabilmente, Giorgia Meloni non si attendeva che il decreto sarebbe stato firmato proprio sotto Ferragosto.
Insomma, dalle parti di Fratelli d’Italia si ritiene che Schillaci, da tecnico, sia caduto in una trappola mediatica che ha trasformato un caso tutto sommato marginale nella vicenda d’agosto. Come dire: la revoca del ministro fa molto più rumore del necessario, molto più della sua portata concreta. Anche se è vero che la scelta radicale del ministro, quella di azzerare l’intera commissione, abbia tenuto conto anche del fatto che, al di là dei due nomi su cui si sono accesi i riflettori, nell’organismo c’erano anche criticità di altra natura, per esempio possibili conflitti di interesse.
E ora? Che cosa succede? Sarà nominata un’altra commissione? È vero, nella nota ministeriale è scritto che «si ritiene necessario avviare un nuovo procedimento di nomina dei componenti del Nitag per coinvolgere tutte le categorie e gli stakeholder interessati». Ma al momento, nessuno è disposto a scommettere che così sarà: «Non è indicata una data».
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17 agosto 2025 ( modifica il 17 agosto 2025 | 07:48)
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