di
Marco Imarisio

Sergei Markov: «Gli ultimatum sono inutili. Il presidente vuole un cambio cardinale del regime di Kiev»

Sergei Markov, è davvero un trionfo per Putin e per la Russia?
«Queste sono frottole della stampa occidentale. Coloro che sostengono la tesi del trionfo di Putin vorrebbero che il nostro presidente fosse visto non come un capo di Stato, cosa che fa gran parte del mondo tranne la vostra, bensì come un criminale. Semplicemente, Trump lo ha accolto in modo normale. È senz’altro un successo, ma non un trionfo. Quello ci sarà quando verrà una pace a condizioni eque per la Russia».

L’obiettivo della Russia rimane quello di continuare la guerra?
«No. Putin ambisce a un cambio cardinale del regime politico in Ucraina. Quando chiede “l’eliminazione delle cause principali della crisi” si riferisce a questo. Per noi, la neutralità ucraina dev’essere sancita dalla costituzione e in un trattato internazionale. Affinché queste rivendicazioni vengano attuate dall’Occidente, la Russia utilizza la pressione militare, soprattutto perché l’Europa rifiuta di parlare il linguaggio della diplomazia. Meloni sarebbe pronta a discutere con Putin la denazificazione ucraina? Certamente no».



















































Quindi il povero Putin è obbligato dall’Europa cattiva a fare la guerra?
«Non appena Meloni, Merz e Macron avranno detto di essere pronti a discutere tutti questi problemi sul piano pratico, secondo me Putin sarà disponibile a fermare immediatamente le ostilità».

Come giudica la richiesta di ritiro delle truppe ucraine dal Donbass?
«Putin deve aver detto a Trump: senti, se continua così il Donbass lo liberiamo con la forza. Sarà un bagno di sangue per tutti, ci vorrà del tempo, perché è la parte più dura, ma non intendiamo rinunciarci. È la prospettiva che più spaventa il leader americano. Per cui, secondo il Cremlino, ogni armistizio deve prevedere la restituzione a priori del Donbass, che fin dal 2014 è il principale oggetto del contendere. Mi sembra molto semplice».

Come lei ci aveva detto nel nostro ultimo incontro, l’offensiva estiva rimane lo spartiacque dopo la quale si potrà davvero parlare di cessate il fuoco?
«Ne sono convinto. Ci saranno altri tentativi di insistere sul cessate il fuoco. Ma falliranno, anche perché le condizioni accessorie poste da Putin oltre alla cessione del Donbass sono tante: non solo la denazificazione e la demilitarizzazione, ma anche la garanzia che nel territorio ucraino non saranno dislocate truppe straniere, l’impegno europeo a non fornire a Kiev armamenti pesanti durante l’armistizio, e lo stop alla mobilitazione in Ucraina. Mi sembra impossibile che questo pacchetto venga accolto».

Bontà sua, ha scordato la condizione delle elezioni in Ucraina?
«Mi è sempre sembrata una richiesta demagogica e propagandistica. Credo anche che il voto non tornerebbe a vantaggio della Russia, perché l’eventuale vittoria di Zaluzhny o di una figura diversa da questo Zelensky così indebolito, sarebbe uno svantaggio per Mosca».

In termini pratici, cosa può ottenere in futuro Putin da Trump?
«Il presidente americano ha capito che è meglio discutere una pace reale e le sue condizioni che non il cessate il fuoco. Meglio imbarcarsi in negoziati di pace pur lunghi che in ultimatum a proposito di una tregua. Come ha sempre detto Putin. Questo allineamento alle nostre tesi mi sembra un grande risultato. Trattative prolungate, l’esercito che avanza, e le sanzioni Usa che se ne vanno pian piano: avere di più mi sembra sinceramente difficile».

E lunedì, Zelensky riuscirà invece a strappare qualcosa da Trump?
«Chi può dirlo. Il loro ultimo appuntamento a Roma è andato bene. Bisogna riconoscere che Zelensky è un abile negoziatore. Uno tra i più geniali, lo dice anche Trump».

Eventuali sanzioni tra due o tre settimane possono cambiare l’opinione di Putin?
«Per niente. Nessun ultimatum funziona con la Russia. E sinceramente, alla promessa fatta da Trump di far scattare vere sanzioni secondarie contro India e Cina, non ci crede nessuno. Nemmeno voi europei».

Cosa accadrà secondo lei nei prossimi mesi?
«Ci sarà senz’altro l’incontro a tre Trump-Putin-Zelensky. Tuttavia, l’Europa silurerà gli accordi. Perciò la guerra proseguirà».

Rischi di escalation tra Russia ed Europa?
«Non ne vedo. L’Europa ha solo bisogno di “inventarsi” e simulare una guerra contro la Russia per tante ragioni diverse di sua politica interna. Per darsi uno scopo, per evitare di sentirsi inutile».

17 agosto 2025 ( modifica il 17 agosto 2025 | 08:31)