Trovare assistenza medica per un’interruzione di gravidanza in Germania può trasformarsi in un percorso ad ostacoli. Stigmatizzazione sociale, disparità regionali, pressioni temporali fanno sì che l’aborto sia più o meno accessibile, negli ospedali tedeschi, a seconda dell’area geografica e della disponibilità economica. Il panorama che emerge dallo studio “Elsa” appena pubblicato sul sito web del Ministero della sanità tedesco racconta di un sistema che fatica a garantire cure adeguate alle donne con gravidanze indesiderate. Proprio a partire dai risultati di questo studio, il gruppo parlamentare dell’SPD ha proposto una riforma che obbligherebbe tutti gli ospedali che ricevono finanziamenti pubblici, compresi quelli gestiti da istituti religiosi, a eseguire interruzioni di gravidanza, per evitare che gli ostacoli logistici e organizzativi si traducano in una effettiva impossibilità di accedere all’aborto per chi ne ha bisogno.
La ricerca Elsa: primo studio completo sulla situazione dell’aborto negli ospedali tedeschi
Lo studio Elsa, un’indagine rappresentativa di ben 999 pagine, rappresenta il primo approccio sistematico alla questione dell’aborto in Germania dal punto di vista dell’assistenza sanitaria. Nello studio sono state coinvolte, fra le altre, 4.589 donne con almeno un figlio di età inferiore ai sei anni. I ricercatori hanno raccolto testimonianze dirette attraverso interviste approfondite e hanno analizzato dati ufficiali dell’Ufficio federale di statistica.
La ricerca si distingue per l’approccio sia qualitativo che quantitativo, che affianca le statistiche all’analisi delle esperienze personali, dei vissuti emotivi, delle difficoltà concrete che tuttora esistono per l’accesso all’aborto in Germania. Questo doppio binario metodologico restituisce un quadro sfaccettato della realtà tedesca. L’ampiezza del campione garantisce rappresentatività statistica. Ma sono le storie individuali a dare corpo e significato ai numeri.
Ostacoli sistemici nell’accesso all’interruzione di gravidanza
Quattro donne su cinque dichiarano di aver incontrato almeno un ostacolo nel percorso verso l’interruzione di gravidanza. La stigmatizzazione emerge come “fattore centrale” che influenza negativamente sia l’accesso all’assistenza sanitaria che il benessere psicologico delle donne. Non si tratta solo di giudizi morali: la stigmatizzazione crea barriere concrete, tangibili, che complicano un momento già delicato.
Barriere geografiche e disparità regionali
L’assistenza sanitaria per l’aborto negli ospedali tedeschi varia drasticamente da una regione all’altra. Renania-Palatinato, Baden-Württemberg e Baviera presentano le situazioni più critiche. Chi vive in queste aree deve spesso percorrere lunghe distanze, affrontare tempi di attesa prolungati, cercare alternative in altri Länder.
La disponibilità e l’accessibilità delle strutture che praticano interruzioni di gravidanza rappresentano un nodo cruciale. Non basta che esistano: devono essere raggiungibili e devono offrire tempistiche compatibili con i vincoli legali.
Pressioni temporali e vincoli normativi
Il quadro giuridico tedesco impone vincoli stringenti. L’aborto rimane tecnicamente vietato, per quanto esente da pena a determinate condizioni. Deve avvenire entro le prime 12 settimane dal concepimento, dopo una consulenza obbligatoria e un periodo di riflessione di tre giorni. Questi vincoli temporali creano pressioni aggiuntive, che possono essere determinanti specialmente per chi si trova in uno dei Länder tedeschi nei quali accedere all’aborto negli ospedali pubblici è più difficile.
Aspetti economici e copertura sanitaria
Le interruzioni di gravidanza in Germania non rientrano nella copertura delle assicurazioni sanitarie pubbliche – ossia quelle che la maggior parte della popolazione utilizza. I costi oscillano fra i 200 euro fino a oltre 600 euro.
Le persone a basso reddito possono richiedere un rimborso, ma questo meccanismo aggiunge un ulteriore livello burocratico al processo. Non tutti, inoltre, conoscono questa possibilità né riescono ad accedervi tempestivamente.
Nel contratto di coalizione tra Unione ed SPD è prevista la copertura dei costi tramite le casse malattia, ma l’implementazione pratica di questa promessa elettorale resta però oggetto di dibattito politico.
Reazioni politiche e proposte legislative dell’SPD
Carmen Wegge, portavoce del gruppo SPD per la politica giuridica, ha lanciato una proposta direttamente connessa all’analisi dei risultati di questo studio: obbligare gli ospedali pubblici tedeschi a offrire l’aborto come prestazione sanitaria. La misura dovrebbe estendersi anche agli ospedali gestiti da organizzazioni religiose, se sono finanziati con fondi pubblici.
“La situazione dell’assistenza sanitaria per le donne con gravidanze indesiderate è drammatica”, ha dichiarato Wegge al quotidiano taz. Una riforma in questo senso, per esempio, permetterebbe esiti diversi per casi come quello di Lippstadt, nel Nord Reno-Westfalia. Qui, un primario ha citato in giudizio la propria clinica dopo che la fusione con un ente cattolico gli ha vietato di praticare aborti. La sua causa è stata respinta in primo grado.
Resistenze dalla destra tedesca
Questa proposta, come era prevedibile, ha trovato forti resistenze nei partner di coalizione cristiano-democratici. Anja Weisgerber, vice presidente del gruppo parlamentare dell’Unione, ha respinto “una nuova regolamentazione delle interruzioni di gravidanza al di fuori del codice penale”. Anche sulla copertura assicurativa emerge una visione diversa: si parla di possibile “estensione della copertura dei costi come prestazione sociale finanziata dalle imposte”, ma solo per le donne in difficoltà finanziarie.
Sostegno dell’opposizione e richieste di depenalizzazione
I partiti di opposizione trovano nell’SPD un alleato inaspettato. Kathrin Gebel, della frazione di Die Linke, ribadisce che “le donne incinte devono poter decidere autonomamente se interrompere o portare avanti una gravidanza”.
Il paragrafo 218 del codice penale, che disciplina l’aborto, è ormai da tempo il simbolo di una battaglia più ampia. “Il §218 deve essere abolito e l’assistenza sanitaria per le donne con gravidanze indesiderate deve migliorare”, sostiene Gebel.
Ulle Schauws, portavoce per le politiche femminili dei Verdi, considera i risultati dello studio una conferma che “è giunto il momento di agire”. Servono “soluzioni costruttive” che includano anche la depenalizzazione dell’aborto. “Le donne e i medici in Germania non hanno bisogno di stigmatizzazione e moralismo, ma di sostegno e autodeterminazione”, conclude Schauws.
Lo studio Elsa è disponibile qui.
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