The Kill Team si conclude con un finale amaro che mette al centro il dilemma morale del giovane soldato Andrew Briggman. Dopo essersi arruolato con grandi ideali, il ragazzo finisce in una squadra guidata dal sergente Deeks, un leader carismatico ma spietato, che trasforma i raid in villaggi afghani in veri e propri massacri di civili innocenti.

Briggman si trova sempre più intrappolato in un contesto di violenza e omertà. I compagni, fedeli a Deeks, iniziano a sospettare della sua riluttanza e lo minacciano apertamente, facendogli capire che ribellarsi significherebbe rischiare la vita. Il climax arriva quando il protagonista deve scegliere se partecipare a un’ennesima esecuzione di civili o opporsi definitivamente.

Scosso e incapace di convivere con il senso di colpa, Briggman decide di rompere il silenzio e denunciare i crimini della sua unità. La sua testimonianza porta all’apertura di un’inchiesta militare, ma lo stesso Andrew viene segnato profondamente da quell’esperienza. Il film si chiude con il soldato consapevole di aver fatto la cosa giusta, ma isolato e traumatizzato, costretto a convivere con il peso delle minacce e della diffidenza dei compagni.

Non si tratta, dunque, di un lieto fine, ma di un finale che ribadisce con forza il messaggio del film: la vera battaglia di Briggman (ispirata, tra l’altro, a una triste storia vera) non è stata quella contro il nemico in guerra, ma contro l’ingiustizia e l’umanità all’interno del suo stesso esercito.