di
Valerio Cappelli

Giorgio Assumma, l’avvocato-amico, racconta gli ultimi mesi di Pippo Baudo: «Li ha passati chiuso in casa, vedeva poco ma cercava di nasconderlo. L’ho visto piangere una sola volta, per l’addio alla Rai. Un successore? Parlando di Stefano De Martino diceva che ha capito il modo di parlare al popolino»

Giorgio Assumma, l’avvocato amico di una vita, ha chiuso il feretro con la figlia di Pippo, Tiziana, e con la storica segretaria del conduttore, Dina Minna: «Io che non mi commuovo mai, mi sono commosso mentre l’ho visto nella bara col suo smoking».

Sulla sua morte si legge di tutto: chi dice lunga malattia, chi parla di incidente domestico. «Niente di tutto questo — spiega Assumma —, Pippo ha avuto un indebolimento neurologico alle gambe che lo ha condizionato molto. In più, vedeva poco e cercava di nascondermelo, mi individuava attraverso la provenienza della mia voce. Tutte le volte che andavo a trovarlo, uscivo con un senso di angoscia. Gli ultimi mesi li ha passati chiuso in casa, non è quasi mai uscito se non per andare al compleanno di Pingitore del Bagaglino, aveva difficoltà a incontrare la gente. Anche con me, che l’ho conosciuto da giovane, a 25 anni quando dalla Sicilia venne per il provino alla Rai (e mi disse se va male mi prenda a lavorare nel suo studio con lei), nell’ultimo periodo preferiva lunghe telefonate, gli raccontavo le barzellette e lo sentivo ridere». 



















































«Un po’ sì, era sottotono. Un uomo che ha vissuto sull’apprezzamento degli altri, sentiva che il tempo volava via. Ma una sola volta l’ho visto veramente giù, e pianse sul mio divano: quando nel 1987 il presidente Rai Enrico Manca lo definì nazional-popolare. Poi attorno ai 75 anni fu rimesso da parte, considerato come un volto del passato e perse la sicurezza in sé stesso, mi disse che fu il peggior periodo della sua vita». 

Il re della tv con la Rai prima aveva vissuto una terza crisi: accantonato, fu costretto a passare a Mediaset

«Sì, lo accompagnai ad Arcore da Berlusconi, che si lasciò andare a giudizi negativi su alcuni programmi Rai. Pippo non commentò, rimase in silenzio, pensando di essere stato tradito dalla propria madre».

Di cosa parlavate nell’ultimo periodo? 

«Dei giovani, che hanno poche speranze mentre lui ne aveva lanciati tanti. Ero in trattoria con lui quando ci dissero che all’Hilton c’era un corpo di ballo per una festa aziendale con una ballerina bella e brava. Ci precipitammo lì: era Lorella Cuccarini». 

«Poco, dei vecchi parlava di Corrado che riusciva a mettere in tranquillità i suoi ospiti; non voleva esprimere giudizi sui nuovi conduttori, era restìo».

«Me l’hanno chiesto ieri, ho detto che non c’è ma non è così e a voi del Corriere voglio dirlo, è Stefano De Martino: ha capito il modo di parlare al popolino, mi diceva». «Di recente gli ho posto un quiz con una domanda capziosa su un filosofo romano: era Plotino. Quanti avrebbero saputo rispondere? Grande cultura umanistica, e in comune avevamo il senso della lealtà, della famiglia, dell’amicizia e il sentimento patrio che considerava come un patrimonio di ricordi, conquiste e sofferenze comuni».

«Dei nuovi non parlava. Ammirava De Mita, Andreotti solo parzialmente, al contrario di quanto s’è detto». 

«Pochi, un altro avvocato e un medico, siciliani come lui, che lo era profondamente anche per una certa permalosità. Era amico di Claudio Baglioni, che ebbe un incidente d’auto, si sfigurò il labbro e parte del naso, per fuggire dai fotografi si rifugiò a casa mia in campagna, passava le giornate a parlare con i contadini. Venne a trovarlo Pippo, voleva sapere come stava. E alla festa dei suoi 80 anni, sempre da me, si mise al piano dettando i tempi: cantammo in coro con Baglioni e Cocciante».

Ha lasciato più il segno a Domenica In o a Sanremo?

«A Domenica In poteva costruire le puntate in modo meticoloso. Ci siamo divertiti a ricordare cosa successe a Sanremo nel ’68. Pippo fu straordinario nel gestire una situazione imbarazzante con Louis Armstrong. Nessuno gli aveva detto che era in gara, gli scrissero le parole della canzone per terra, cantò malvolentieri pensando di continuare col suo jazz, ma Pippo lo spinse dietro le quinte. La mattina dopo per placarlo ebbe l’idea di mandarmi, io che ero a capo dell’ufficio legale del Festival, a proporre un concerto a Sanremo di Armstrong, che così si placò. Lì Pippo ebbe un guizzo davvero geniale. E per un attimo, nel ricordarlo insieme, si rinfrancò».


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18 agosto 2025 ( modifica il 18 agosto 2025 | 07:20)