di
Massimo Marino
«I buoni propositi» è un romanzo delicato, che guarda al domani e rovista nelle macerie della memoria, andando fino ai tempi difficili della guerra
I buoni propositi sono di solito quelli che elenchiamo verso la fine di dicembre, per l’anno venturo. Fanno presto a trasformarsi in occasioni mancate o rimandate. Nel centro vecchio di Bologna, in via de’ Coltelli, esiste una libreria chiamata proprio così, «Buoni propositi». Gli impegni che ognuno vorrebbe prendersi li raccoglie, in forma anonima, il proprietario Vanni Maestri. Li fa disseminare tra le pagine dei molti volumi, vecchi e nuovi, distribuiti su alti scaffali che segnano, nello spazio ridotto del locale, un vero e proprio labirinto, aperto su un retrobottega assiepato di cose e su un cortiletto con del verde. Poi li raccoglie, li classifica, anno per anno, in uno di quei vecchi schedari pieni di cassetti che forse nessuno riaprirà mai, dove comunque si possono ritrovare sogni, desideri, promesse, intenti.
I buoni propositi (Salani, pp. 256, euro 16,90) di Sabrina Gabriele, in libreria da martedì 19 agosto, è un romanzo delicato, che guarda al domani e rovista nelle macerie della memoria, andando fino ai tempi difficili della guerra, quando a Bologna, piena di protervi fascisti, le sirene annunciavano i bombardamenti. Là, nonostante tutto, sboccia l’amicizia tra tre ragazzi di classi sociali diverse, un povero ebreo riccioluto proveniente dalla provincia, un nobile, una bellissima ragazza mezza ebrea. Tutto avviene all’università, con le complicazioni di un rapporto d’amore che si sovrappone alla fraternità scanzonata, e con minacce di delazione e di deportazione.
Il nostro romanzo ambientato nella metaforica libreria però inizia più di 30 anni dopo, alla vigilia della vittoria dell’Italia al Mundial del 1982: quella è un’altra delle speranze nascoste tra le pagine dei volumi di Vanni, insieme a qualche bigliettino scritto guardando una sbiadita maglia del Bologna, che dovrà aspettarne ancora una quarantina, di anni, per tornare sugli altari. Ermanno, il nobile, è morto da poco, e oltre alla ricca eredità ha lasciato uno scartafaccio: un manoscritto intitolato appunto I buoni propositi. Lo ha scritto lui? Oppure Vanni ha raccontato in quelle pagine, perse, la loro amicizia e il suo amore impossibile per Costanza, interrotto brutalmente dalla prigionia in un lager e dal matrimonio di lei con il conte?
A questa storia, con momenti da giallo, si aggiungono altri incroci di cuori solitari, che hanno mancato i loro propositi o stanno lottando per realizzarli. Vanni, primo tra tutti, che trova il modo di rinascere, tornando a comporre un romanzo più di 30 anni dopo il ritorno dal campo di concentramento con la sua vecchia, monumentale macchina per scrivere americana. Assistiamo all’amore difficile tra Agata, giovane laureanda, e Mirco, figlio di Ermanno e Costanza, e a quello di Virginia, considerata onta della casata perché omosessuale e scacciata di casa dal padre. Con altri personaggi che creano una viva costellazione, come Franca, la nuova dirimpettaia di Vanni, che a poco a poco gli dà qualche nuova ragione per vivere.
L’autrice – classe 1978, bergamasca, vissuta a Milano e a Londra, attualmente impegnata a Parigi nell’alta moda – compone un libro commovente per lo struggimento delle occasioni perdute, con personaggi che tentano di superare delusioni e fallimenti, in continuo agguato. Il romanzo, dal passo interessante, è insidiato in certi momenti da tentativi di eccessiva letterarietà e da alcune disattenzioni storiche. Il finale ci immerge nella gran festa per una speranza neppure accarezzata: quella di vincere il Mondiale di Spagna.
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18 agosto 2025
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