TRENTO. Dazi americani, rigidità delle scelte europee che, soprattutto sul tema Green deal (che punta a trasformare il Vecchio Continente in un’economia sostenibile e a impatto zero entro il 2050), appaiono slegate alle condizioni di mercato, costi dell’energia fuori controllo. Sono tanti – e tutti con connotazione negativa – i temi che Lorenzo Delladio, dallo scorso settembre presidente di Confindustria Trento, tocca in quello che potremmo definire il suo bilancio di un anno (o quasi) di lavoro. Eppure, da uomo d’impresa che non può lasciarsi condizionare dal disfattismo, quasi al termine dell’intervista si ferma e ci prega di aggiungere questa sua considerazione: «Il messaggio che voglio far passare è che, pur nelle difficoltà, noi dobbiamo essere positivi e fare la nostra parte, da imprenditori con la “I” maiuscola: fiduciosi nelle nostre capacità e competenze».
Presidente, come vede la situazione dell’economia e dell’industria trentina?
«La parola giusta è “delicata”. Dico così perché non è chiaro cosa potrà succedere. Sembrava tutto chiaro quel giorno della stretta di mano tra von der leyen e Trump per l’accordo sui dazi al 15 per cento. Che – intendiamoci bene – non è che ci vanno proprio bene, ma almeno sono la metà del 30 per cento e ci davano l’idea di cosa ci sarebbe aspettato. Poi, però, si è di nuovo tutto fermato. Regolamenti attuativi, allegati e appendici che devono rendere concreto l’accordo sono ancora da scrivere e ci lasciano nel limbo».
E per l’imprenditore l’incertezza è il nemico peggiore, o no?
«Esatto. Gli imprenditori in questi giorni sono andati in vacanza un po’ tutti sotto pressione. Io stesso non riesco a godermi il Ferragosto perché al rientro non so ancora come ci si dovrà muovere».
I dazi, però, sono solo una parte del problema, visto che in generale l’economia, e in special modo la manifattura, sono in una fase di stanca.
«La crisi della Germania la soffre l’Europa e la soffriamo noi. Che poi è tutta una questione di regole e burocrazia interna. Potessimo semplificare il nostro mercato interno europeo metà dei problemi sarebbero risolti. Ma come possiamo trovare un accordo con Trump se non riusciamo a farlo tra noi in Europa?».
A cosa si riferisce?
«Al tema della transizione green. Che è un progetto sacrosanto, legittimo, ma sul quale forse sarebbero da mettere dei correttivi. Non dico azzerare tutto, ma fermarsi, fare qualche passo indietro per ripartire in modo nuovo. Penso a quanto si legge sui giornali in questi giorni sulla Porsche, che, dopo un calo più che drastico del fatturato, sta mettendo in discussione il discorso dei motori elettrici e sta pensando di tornare al termico, o quanto meno all’ibrido, per dare una prospettiva all’azienda».
Insomma, la transizione green è un altro dei problemi che sta incontrando la manifattura?
«Serve un ripensamento. Che non vuol dire cancellare tutto come dice Trump, ma rivedere piani e strategie. Non si vendono più auto nuove: perché? Forse il mercato non è pronto. E se la Germania non produce più auto non lavora più nemmeno la meccanica del Trentino. Noi certamente diciamo che bisogna guardare alla sostenibilità ma forse come Unione europea è stato fatto un passo in avanti troppo veloce e magari bisogna rallentare un po’».
In tutto questo le imprese italiane soffrono di un ulteriore svantaggio, quello dei costi dell’energia.
«Più che doppi rispetto a tanti altri Paesi d’Europa. Il passaggio epocale che permetterà cambi da un fornitore all’altro in tempi molto più rapidi dovrebbe aumentare la concorrenza tra operatori e quindi favorire un calo del costo delle bollette, ma in realtà il problema non si risolverà finché non si sgancerà il prezzo dell’energia da quello del gas. Anche noi come Confindustria stiamo facendo pressioni sul governo per arrivare velocemente a questo obiettivo».
A proposito di politica, come sono i rapporti con Piazza Dante, considerando che nei mesi scorsi sotto sotto più di un imprenditore riteneva che questa giunta pensasse più al turismo che non alla manifattura?
«Abbiamo appena chiuso un ottimo assestamento di bilancio, in cui la Giunta provinciale ha seguito le indicazioni e le esigenze di Confindustria e dell’intero comparto industriale. E mi risulta che anche le altre categorie siano soddisfatte».
E con i sindacati come va?
«Pur nella diversità dei ruoli direi che con i segretari generali in questi primi dieci mesi della mia presidenza abbiamo instaurato ottime relazioni. Ci parliamo e riusciamo ad avere punti di incontro. Dentro le singole aziende dipende da situazione a situazione».
Ci sono situazioni aziendali che la preoccupano?
«Monitoriamo per quanto possibile il caso Dana, anche se ormai molto dipende ora da cosa deciderà di fare la nuova proprietà. Noi siamo intervenuti per quanto possibile e l’assessore Spinelli ci ha supportato offrendo risorse per cercare di rendere il nostro territorio ancora più attrattivo per chi vuole investire. Sotto la lente c’è poi il settore delle cartiere, sul quale manteniamo l’attenzione».