L’ospedale Molinette di Torino, nello specifico il reparto di Urologia universitaria della Città della Salute e della Scienza, guidata dal professor Paolo Gontero, ha segnato un nuovo successo nel campo della medicina di precisione.
I professori Marco Oderda e Alessandro Marquis, esperti di punta nel trattamento del cancro alla prostata, hanno eseguito con successo i primi interventi di terapia focale.
Scopriamo nel dettaglio l’importanza di questa nuova modalità di trattamento chirurgico.
Cos’è il carcinoma prostatico
Il carcinoma prostatico, o tumore alla prostata, è una neoplasia maligna che si sviluppa nelle cellule della ghiandola prostatica; rappresenta uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile, con un’incidenza che aumenta con l’età.
Le cellule tumorali si moltiplicano in modo incontrollato, formando una massa che può crescere localmente e, in alcuni casi, diffondersi ad altre parti del corpo (metastasi).
Nella sua fase iniziale il carcinoma prostatico può non dare sintomi specifici e la diagnosi precoce è spesso legata a esami di screening come il test del PSA (antigene prostatico specifico) e la visita urologica.
Il trattamento dipende dallo stadio della malattia e può includere sorveglianza attiva, chirurgia, radioterapia o terapie focali.
La tecnologia innovativa sul fronte tecnico e psicologico
Ma in cosa consiste questa tecnica e perché è così innovativa? Sfrutta la tecnologia Echolaser con tecnica TPLA (Transperineal Laser Ablation) e prevede l’inserimento di sottilissime fibre laser, di spessore inferiore a 1 mm, attraverso il perineo, le quali vengono posizionate con la massima precisione grazie a un sistema di “fusion imaging” che unisce le immagini ecografiche e quelle della risonanza magnetica.
L’energia laser emessa dalle fibre permette di rimuovere in modo selettivo e mirato solo la porzione di prostata colpita dal tumore, preservando il resto della ghiandola.
È una tecnica mininvasiva, ancora poco diffusa, che rappresenta un importante passo avanti nella cura del tumore prostatico, portando l’ospedale torinese all’avanguardia in questo settore.
L’intervento è stato eseguito in anestesia locale, permettendo al paziente una ripresa immediata al termine della procedura e per ridurre lo stress e l’ansia durante l’operazione è stato utilizzato in via sperimentale un visore di realtà aumentata.
Il paziente, dunque, ha potuto immergersi in un ambiente virtuale in 3D, scegliendo tra diverse ambientazioni come un mondo sottomarino o spiagge caraibiche, e il tutto è accompagnato da una musica rilassante diffusa tramite altoparlanti integrati.
Questo metodo, oltre a distrarre il paziente, ha dimostrato di offrire un supporto psicologico efficace, aiutando anche nella gestione del dolore; infatti, il paziente avrebbe potuto interrompere la realtà aumentata in qualsiasi momento per comunicare con i medici e l’ambiente circostante.
L’utilizzo del visore, quindi, “non è un semplice gadget per distrarsi”, puntualizza l’équipe che ha gestito questo intervento innovativo, “ma un vero e proprio strumento di supporto psicologico e di gestione del dolore, che apre nuove prospettive per le procedure mediche invasive.”