di
Maria Egizia Fiaschetti
Il regista a Roma per il lancio delle nuove puntate: «Mi rivedo in lei per il modo di rapportarsi alla famiglia, la scuola, la società, la psichiatria». Annunciato il terzo capitolo della serie su Netflix
Gotica, tormentata, irriverente. Mercoledì Addams è pronta a districarsi tra temibili avversari ed enigmi soprannaturali nella seconda stagione della serie Wednesday — la prima ha battuto il record di Stranger Things per numero di ore viste in una settimana — in onda su Netflix (una parte dal 6 agosto, la seconda dal 3 settembre nella quale apparirà anche Lady Gaga), che ieri ha svelato anche la realizzazione del terzo capitolo della saga horror-fantasy.
L’affinità con la protagonista
A Roma per il lancio delle nuove puntate il regista Tim Burton, che ne ha firmate quattro su otto, racconta come si è avvicinato al soggetto: «Appena ho letto il copione ho subito amato il personaggio di Mercoledì. Conoscevo la Famiglia Addams, ma il motivo per cui ho realizzato la serie è che ho pensato: “Io mi sento allo stesso modo rispetto alla scuola, la famiglia, la psichiatria, la società”. Mi ha trasmesso qualcosa e Jenna (Ortega, la protagonista, ndr) le aggiunge potenza. È un ruolo difficile perché non puoi dire a qualcuno come interpretarlo, deve sentirlo. Christina Ricci (che negli anni Novanta al cinema ha vestito i panni di Mercoledì, ndr) aveva questa caratteristica e anche Jenna la possiede ma in modo del tutto diverso. Quando è uscita la prima serie ho pensato che la sceneggiatura era molto buona, ma senza la persona giusta per quel ruolo non avrebbe fatto la differenza: è un po’ come la potenza dell’attore di un film muto che riesce a comunicare senza dire nulla».
Il lato oscuro dei genitori
Diffidente e anticonformista, Mercoledì rifugge dall’omologazione: «Sono grato di non essere nato al tempo dei social network — rivela il regista, che venerdì 25 luglio sarà al Giffoni Film Festival — perché non sarei sopravvissuto molto bene. C’è troppa pressione e mi dispiace, è una sorta di natura astratta con la quale anche per me che sono adulto è difficile rapportarsi… quando io ero giovane non esisteva». La trama è a suo modo un romanzo di formazione tra l’accettazione di sé, l’affrancamento dalla famiglia e il desiderio di scoprire cosa nasconde il lato oscuro dei propri affetti più cari: «Io non ho conosciuto davvero i miei genitori finché non sono cresciuto. Ho provato a scoprire chi fossero realmente, ma mi sono reso conto che loro non volevano parlarne. Si tende sempre a pensare ai propri genitori in questa veste, ma sono persone e non lo impari finché non maturi. Per me riflette la realtà mostrare che, a prescindere dall’età, sei un essere umano e forse hai dei segreti, non dici tutto ai tuoi figli».
L’apertura alla diversità
Uno dei messaggi più forti della serie è l’apertura a ogni forma di diversità, che sembra stridere con l’ostilità verso la cultura woke e il revisionismo della presidenza Trump nei confronti delle minoranze e della comunità Lgbtqia+: «Io sono cresciuto sentendomi un outsider — ribadisce Burton, Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia nel 2007 — perciò sono abituato a relazionarmi con tutti gli outsider di qualsiasi razza e colore. Penso che quando le differenze vengono soppresse… sì, insomma, io sono dalla parte degli outsider». Ieri sera il regista ha incontrato i fan sulla terrazza del Pincio, a Villa Borghese, dove è stato allestito il «Lido Mercoledì»: sul palco si sono esibiti l’Orchestra italiana del cinema e Ghali.
24 luglio 2025 ( modifica il 24 luglio 2025 | 11:37)
© RIPRODUZIONE RISERVATA